Il biodigestore: una fonte alternativa "indigesta"

par Enea Melandri
lunedì 26 marzo 2012

Ho partecipato qualche sera fa ad un'assemblea del costituendo comitato per il NO al biodigestore di Savarna (RA). A dir la verità, io ero andato alla riunione con l'intento invece di difendere il progetto, che mi era stato presentato da un consigliere comunale di un'altra zona come un buon sistema per ricavare energia dai rifiuti.

Un biodigestore è una sorta di grande vasca di compostaggio dove vengono fatti marcire gli scarti delle lavorazioni alimentari con dei batteri digestivi artificialmente immessi; il fine è quello di produrre metano da impiegare per ottenere energia. E questo è quanto mi era stato detto.

Quello che ho appreso all'assemblea è che il biodigestore di Savarna funzionerà con materiale nuovo, non con scarti o rifuti, solo una piccola quota sarà costituita da deiezioni animali di una stalla vicina. Trecento ettari di terra fertile totalmente destinati alla coltivazione di mais e frumento che non verranno impiegati per produrre farina, pane, biscotti o polenta, ma esclusivamente per alimentare l'impianto.

All'interno dei batteri metanigeni faranno fermentare i composti (si dice si tratti dei batteri normalmente presenti nella digestione bovina, ma allora perché queste tecnologie non possono essere utilizzate nelle aree di produzione del vino Verdicchio o del Parmigiano Reggiano?) e produrranno biogas, che tramite una piccola centrale restituirà energia elettrica. Credo avrebbe molto più senso se il biogas venisse direttamente immesso nella rete del metanodotto urbano, anzichè bruciarlo per produrre altra energia, ma questa è una nota tecnica.

Cosa c'è dietro tutto questo? C'è il Protocollo di Kyoto, che per i prossimi 15 anni finanzierà la produzione di energia da fonti rinnovabili; una volta esauriti questi incentivi, l'impianto non sarà in grado di sostenersi economicamente da solo, e probabilmente verrà abbandonato lasciando un terreno esausto (per le monocolture a cui è stato sottoposto).

Quasi ovunque i biodigestori funzionano con gli scarti, di distillerie, allevamenti, fabbriche agroalimentari, mentre qui si coltiverebbe materiale appositamente per alimentarlo, derubando terra fertile alla classica attività rurale e contadina.
Al momento dell'invito mi era stato detto che il problema era "la puzza", ma qui la questione è diversa, perché si intende ipersfruttare un terreno, altrimenti destinato al naturale uso agricolo, e corrompendo probabilmente il suo ecosistema con dei batteri 'sospetti'.


Rifaccio la mia domanda, dove vogliamo andare?


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