Il Vaticano "sconfessa" i droni
par Emanuele Rossi
giovedì 5 dicembre 2013
Negli ultimi giorni si è molto parlato dei droni, i veicoli senza pilota a controllo remoto: cosa c'è di buono e cosa non va sul loro utilizzo.
Adesso sembra che si parli soltanto di droni: è bastato che Amazon mettesse la pulce nell'orecchio di milioni di clienti (e diversi concorrenti) che l'argomento degli aerei a controllo remoto ha sbancato il dibattito pubblico - a quando il plastico da Vespa?
Dopo la decisione di utilizzare i MQ9 Reaper per il pattugliamento delle coste libiche - utilizzo che Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa aveva considerato buona a metà - si passerà al loro uso sopra la Terra dei Fuochi - con il tentativo di individuare i suoli inquinati. Droni che precedentemente erano stati utilizzati per tenere sotto controllo le colate e le emissioni gassose dell'Etna - nello specifico con l'Hammerhead di Piaggio Aereo -, per monitorare la Costa Concordia e per altre campagne di monitoraggio ambientale.
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Drone Falco delle Nazioni Unite |
Ed è un drone italiano, il Falco della Selex Es - azienda di Finmeccanica - a essere impiegato per la prima volta durante operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite. Lo scenario delle operazioni sarà il Congo, dove il compito del Falco - che è già operativo negli eserciti di Pakistan, Libia, Giordania e Arabia Saudita - sarà quello di tenere sotto osservazione i volatili confini congolesi con Ruanda e Uganda. Il Congo e l'Onu hanno accusato il Ruanda e l'Uganda di inviare armi e soldati al gruppo ribelle congolese M23, ma entrambi i Paesi hanno negato.
Ma ad alzare l'interesse attorno gli UAV in questi giorni, ci sono anche le dichiarazioni del Vaticano. Se ne è occupato Michele Pierri su Formiche, che ha riportato le parole di Mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente per la Santa Sede presso le Nazioni Unite, che intervenendo a Ginevra in occasione dell’incontro annuale degli Stati parte della Convenzione sull’interdizione e limitazione dell’uso di alcune armi convenzionali che possono produrre effetti traumatici eccessivi o indiscriminati (CCW), ha parlato proprio dei droni. «Le armi autonome letali e i droni, pur diversi tra loro, hanno in comune le stesse implicazioni umanitarie [...] e hanno la loro criticità nell'incapacità di dare giudizi morali su vita e morte, di rispettare i diritti umani e di osservare il principio di umanità», ha detto Tomasi. E ha aggiunto: «Ci sono popolazioni che vivono nella paura costante dei loro attacchi» e «fonti attendibili parlano di un numero elevato di vittime tra la popolazione civile».
Tomasi ha aperto poi il problema del dilemma etico dietro agli attacchi da remoto: se è vero infatti che i droni tolgono dalle mani dell'uomo lo sporco di sangue dello scontro diretto, questo è sufficiente? E ancora, chi diventa responsabile se qualcosa va storto? «Le decisioni su vita e morte – rimarca – sono di una difficoltà unica, una responsabilità pesante per un essere umano e carica di sfide. Tuttavia, sono decisioni per le quali una persona, capace di ragionamento morale, è particolarmente adatta. Un sistema automatizzato, preprogrammato a rispondere a determinati input di dati, fondamentalmente dipende dalla programmazione piuttosto che da una capacità innata di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato».
Circostanza che andrebbe modificata già dalla prossima riunione fissata per maggio 2014. Ma tutto è complicato dagli Outlook di mercato: attualmente a livello globale, commercio e produzione di robot armati valgono tra i 5 e i 7 miliardi, ma secondo le previsioni tali cifre sarebbero destinate a raddoppiare nel giro di pochi anni.