Il Tribunale dell’Inquisizione all’Unità

par Fabio Della Pergola
martedì 15 ottobre 2013

Lascia letteralmente senza fiato l’inveterata inquisitoriale di Ernesto Preziosi, deputato PD, in una lettera al quotidiano l'Unità, dei cui cambiamenti ho avuto modo di parlare recentemente

Il parlamentare, altro regalo del Forum di Todi, si permette - non si sa a che titolo - di criticare una pagina pubblicitaria concessa dal settimanale left, una testata che non è di sua proprietà né di proprietà de l’Unità, all’UAAR (Unione degli Atei, Agnostici e Razionalisti) dove si dice, non astiosamente, che l’IO umano può ben vivere senza la D che compone la parola DIO.

Il deputato del PD pretende che sulla stampa venga fatto né più né meno quello che già era stato fatto dal sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi: censurare l'immagine dell'UAAR.

Afferma cioè che è offensivo dire pubblicamente che gli esseri umani possono vivere, bene, anche senza il divino, cosa che in molti sono pronti a sottoscrivere in prima persona, in qualsiasi momento, senza tema di smentita. E con la consapevolezza che ciò non costituisce affatto un reato, fino a prova contraria.

Ma è bastato davvero poco, un’espressione pacata, non particolarmente provocatoria né blasfema né offensiva, per scatenare l'irritazione di un esponente del Partito Democratico che, per essere tale (cioè democratico), dovrebbe essere quantomeno orgoglioso della varietà di opinioni lasciate libere di esprimersi. E difenderle.

Invece leggete cosa scrive:

"Caro direttore, nell’ultimo numero il settimanale «left» ha riportato nella quarta di copertina una pubblicità dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar) in cui, a illustrazione della frase «10 milioni di italiani vivono bene senza D», campeggia la parola Dio con la D cancellata.
L’ateismo, come negazione non solo di un dio trascendente ma di qualsiasi carattere religioso e sacro della vita e della realtà, è presente in ogni tempo e in ogni cultura, ma mi chiedo il senso e l’opportunità che la pagina in questione sia ospitata sul magazine de l’Unità. La storia non può passare invano e già negli anni 70 del secolo scorso un partito come il Pci sceglieva di togliere dal suo statuto ogni residuo riferimento all’ateismo materialista.
Ma, anche mettendo da parte la storia, chiedo: cosa ha a che fare quella pagina con il progetto dei democratici, e più in generale del centrosinistra? Con la fatica tra l’altro espressa al meglio nel bel documento sui diritti approvato dall’Assemblea del Pd lo scorso anno di costruire un partito plurale, capace di interpretare al meglio le istanze di questa società? Abbiamo bisogno di costruire un progetto davvero nuovo, fatto di rispetto e di integrazione, di una laicità positiva, non neutra o suggestionata dalle derive di un pensiero più individualista e radicale che solidale. La laicità è un tema importante per nulla scontato. Tema delicato che va sviluppato con equilibrio alla luce della Carta costituzionale. Il mio timore invece è che la propaganda ateistica o antiteistica possa solo favorire e creare alibi a forme di clericalismo, di cui non sentiamo il bisogno".

Sorprende la demenziale accusa alla "propaganda ateistica" - che non ha mai e poi mai possibilità di far sentire la sua voce né alcuna possibilità di accedere anche ad una minima visibilità pubblica - di favorire il clericalismo che è presente invece ad ogni ora di ogni giorno su radio, televisione pubblica (pagata da tutti i contribuenti) e privata e su ogni organo di stampa di questo paese.

Ma a parte ciò, Preziosi pone un quesito politico: "Cosa ha a che fare quella pagina con il progetto dei democratici, e più in generale del centrosinistra?".

Domanda che stabilisce a priori che ogni voce contraria ad una visione religiosa della vita non debba avere neppure lo spazio, banale, di una pagina pubblicitaria su un settimanale privato e che afferma quindi, implicitamente, che il "progetto dei democratici" sarebbe un progetto autoritario, dogmatico e inquisitoriale. Se è così non si capisce con quale diritto si definisca "democratico"; se invece non è così non si capisce a che titolo costui parli.

La protervia dell'argomentazione di Preziosi è pari solo alla sua inconsistenza. Cosa vogliono dire, in questa ottica censoria, termini come "partito plurale", "istanze di questa società", "rispetto" o "laicità positiva"?

Eliminando dal panorama di un qualsiasi progetto politico una quota parte delle "istanze della società" (che sono - udite, udite - anche quelle dei 10 milioni di non credenti) non si fa affatto un partito "plurale" né si può parlare di "rispetto" in questo progetto definito "davvero nuovo". E "laicità positiva" cosa sarebbe, nella logica di Preziosi, se non quella che impone il paradigma religioso come elemento di default di ogni consesso umano? Questa sarebbe la "laicità"?

Ma questa si chiama, al più, Democrazia Cristiana e non è affatto un progetto "nuovo", perbacco. In ogni caso, tanto per chiarezza, sarebbe opportuno che il Partito parlasse per dire se un non credente ha diritto o non ha diritto di cittadinanza e di parola in questo "progetto dei democratici" tutt'altro che chiaro.

In tutto ciò il direttore Claudio Sardo subitamente conviene "Condivido le preoccupazioni di Ernesto Preziosi. Ovviamente, non mi permetterei mai di sindacare la libertà di ciascuno nel cercare la propria strada sui temi che riguardano il destino dell’uomo e della vita. Anzi, proprio perché ritengo la libertà religiosa e di coscienza il fondamento delle libertà, penso che non si possa mettere in discussione neppure la legittimità della propaganda anti-religiosa.

Il punto è se una propaganda ateistica o antiteistica sia compatibile con un giornale come l'Unità, con la storia de l'Unità e con gli orizzonti della cultura democratica in Italia. La mia opinione è che non sia compatibile. Perché quella propaganda contiene un pregiudizio anti-religioso, che va ben oltre la libertà di coscienza e collide con la prospettiva di una sinistra di credenti e non credenti, a cui il pensiero religioso molto dà e molto può dare in un tempo in cui la persona e le comunità sono schiacciate nella tenaglia tra individualismo e crisi dei poteri democratici.

La lettera di Preziosi lo ricorda: Enrico Berlinguer definiva la laicità dei comunisti italiani nei termini di un partito «non teista, non ateista, non antiteista». Ora siamo più avanti: in una costruzione comune di credenti e non credenti. Il settimanale “left” è autonomo da l’Unità. Ma sono certo che gli amici di “left” prenderanno in seria considerazione queste nostre riflessioni".

La redazione di left risponderà da par suo, quando e se vorrà. Ma la questione va ben al di là dei rapporti, già in altre occasioni tesi, tra il magazine de l'Unità e il quotidiano.

Investe al contrario una platea molto più vasta di non credenti che si riferiscono politicamente e culturalmente all'area, sempre più devastata grazie anche a personaggi come Preziosi e Sardo, della sinistra. Una sinistra, "costruzione comune di credenti e non credenti", nella quale però a questi ultimi non viene riconosciuto nemmeno il diritto di dire "non credo e pur non credendo me la passo bene". 

E hanno la faccia tosta di chiamarlo "dialogo" o "costruzione comune": se non è ipocrisia questa! Siamo addirittura ben oltre qualsiasi ambito anche lontanamente definibile come democratico.

Né la foglia di fico di Sardo ("non mi permetterei mai di sindacare la libertà di ciascuno...") convince minimamente sulla sua reale disponibilità a non sindacare. Perché altroché se si permette di sindacare, nel momento in cui si dichiara d’accordo che un settimanale libero, autonomo e intelligentemente critico non dovrebbe dare spazio a chi “fa propaganda ateistica” se vuole essere ritenuto “compatibile” con l’Unità. Perché, dice, quella pagina conterrebbe un “pregiudizio anti-religioso”.

Affermazione priva di senso dato che, secondo il dizionario etimologico, pregiudizio significa “falsa opinione derivante dall’aver giudicato prima di aver conosciuto bene la cosa in sé”. Cosa in sé - Dio in questo caso - che nella fattispecie è per definizione inconoscibile. E la cui esistenza è indimostrata e indimostrabile altrimenti sarebbe un dato di scienza e non, come è, un atto di fede. Quindi non dovremmo pensare piuttosto che si debba parlare di pre-giudizio (per non "aver conosciuto bene la cosa") - cioè di falsa opinione - a proposito della affermazione religiosa piuttosto che del suo contrario? Almeno se le parole hanno ancora un senso.

E, in caso, dove sta e chi mai ha deciso che affermare il paradigma religioso come realtà ultima e unica verità sia l'unica espressione conforme all’etica del partito? Che dovrebbe essere, secondo quanto scritto da Preziosi e Sardo, partito dei credenti ma - se non dispiace troppo - anche dei non credenti.

E perché mai allora dovrebbe essere logico pensare che solo il pregiudizio anti-ateista debba aver voce sulle pagine di un giornale (che fra l'altro non è, mi pare, l'organo del Partito Democratico) in nome di un pluralismo tanto sbandierato quanto negato nei fatti?

Accettando questa inveterata inquisitoriale l’Unità guidata da Sardo sembra diventata incompatibile addirittura con quel minimo - minimo! - di libertà di opinione, di democraticità, di apertura mentale che una società moderna, e la sua stampa, dovrebbero aver raggiunto. Perché non siamo più, forse qualcuno se ne stupirà, all’epoca del Papa Re o nei secoli cupi dell’Inquisizione e dei roghi; che quel qualcuno si rassegni proprio perché, usando la frase di Preziosi, “la storia non può passare invano”.

E oggi dire "non credo e vivo bene" può apparire offensivo solo a chi non ha saputo fare in sé quel minimo di conti con la storia che la storia pretende, come il sindaco di Verona rimasto ai riti celtici del dio Po; perché se milioni di persone credono di poter affermare la propria libertà da Dio dovrebbe essere chiaro a tutti quelli che hanno almeno imparato a leggere, che non c’è in alcun modo un’imposizione autoritaria verso altri che eventualmente la pensassero diversamente. Forse che un esponente dell'UAAR è andato a casa di Sardo a imporgli di non credere?

È la piccola differenza che passa tra chi in nome di un presunto dialogo credenti-non credenti ritiene di avocare a sé dei molto discutibili diritti di censura (e di direzione politica) e chi, lasciando liberi gli altri di fare quello che vogliono, si permettono di affermare la propria libertà. Perfino da Dio, se vogliono.

Si chiama democrazia, sempreché ci si ricordi il senso di questo termine o lo si abbia mai capito; ma c'è da dubitarne viste le forse eccessive frequentazioni di Preziosi nelle stanze vaticane dove la democrazia è concetto tuttora assai astratto.

L'Unità ha scritto una pessima pagina, oggi, con il suo “deus vult”. Speriamo si veda presto un cambiamento di rotta perché questa è una pagina incompatibile con la democrazia di questo paese ed anche con quella di un partito che di nome farebbe proprio, ironia della sorte, “Democratico”.

Tutto questo alla faccia del tanto sbandierato dialogo tra credenti e non credenti in cui, è plateale, uno non sta zitto un minuto e l'altro non avrebbe nemmeno il diritto di aprire bocca.

O stanno scherzando o stanno diventando davvero tutti matti.

 

Qui il commento dell'Uaar sul loro sito. 


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