Il Pd non riuscirà a liberarsi di Di Pietro

par Federico Punzi
giovedì 20 agosto 2009

Ho fatto bene, l’altro giorno, a non dar peso alla presa di distanza di Bersani da Di Pietro, così netta che sembrava rivelare una voglia di rottura nell’aspirante segretario del Pd. Voglia che forse sente crescere dentro di sé, come molti nel Pd, ma che non si può permettere politicamente. Ebbene, spinto da alcuni colleghi di partito e dall’avversario Franceschini, lesto ad approfittarne («L’avversario del Pd si chiama Berlusconi. Non Di Pietro»), ieri Bersani si è rimangiato tutto: «Mi pare di aver detto delle cose chiare: sono lontano da ogni ipotesi di esclusività del ruolo del Pd. Voglio lavorare per la costruzione di un’alternativa, aprendo il dialogo con tutte le forze dell’opposizione».



Rispetto a Franceschini, certamente Bersani, da uomo di D’Alema, prova una certa insofferenza per l’ex pm e coltiva l’idea di un Pd perno centrale di una coalizione con l’Udc e la Sinistra radicale, all’interno di un sistema elettorale "tedesco". Ma non troverà il coraggio di proporre al suo partito la rottura con Di Pietro, di cui molti elettori del Pd condividono l’estremismo antiberlusconiano. Per i candidati leader il tema è scomodo e non amano pronunciarsi univocamente, ma ormai s’è capito: l’alleanza con Di Pietro s’ha da fare. Chi più chi meno turandosi il naso.


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