Il Papi libico accolto come un Papa. Oggi il suo pensiero sulla condizione della donna in Africa

par Grazia Gaspari
venerdì 12 giugno 2009

All’Auditorium di Roma, platea off limits per gli uomini. Il gendarme libico nei cui lager vengono costantemente violentate le migranti parlerà della condizione della donna africana. La ministra delle pari opportunità, Mara Carfagna, tace e gli organizza il meeting. Imbarazzo a palazzo Giustiniani per la gheddafiana esaltazione della dittatura e le accuse di terrorismo agli Usa. Protestano i senatori dell’Italia dei valori e si attaccano al petto la foto della strage di Lockerbie. Protestano anche gli studenti. Intanto il colonnello chiede all’Italia e all’Europa più soldi per i suoi lager e per fermare l’immigrazione

E’ uno scontro di giganti, una lotta tra titani ciò che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Da un lato il papi libico che gira scortato da 40 donne, dall’altro il papi italiano che nonostante il forte senso di sé e il suo ottimismo, appare tuttavia un dilettante allo sbaraglio. Che sono una manciata di veline in parlamento rispetto alle 40 procaci amazzoni, guardie del corpo di Muammar, che hanno fatto la loro comparsa sulla pista dell’aeroporto di Ciampino a protezione del loro leader e hanno fatto sgranare gli occhi a giornalisti e poliziotti? Una parte in divisa kaki e basco rosso, l’altra in uniforme nera. Bel contrasto, bella scenografia. Si dice che siano militari super-addestrati, consigliate da un ex ufficiale dei servizi tedeschi della Ddr perchè meno corruttibili rispetto ai guardaspalle uomini. 

Il Rais ne va orgoglioso. Ama stupire, d’altronde chi si fa chiamare “Re dei Re d’Africa” e va in giro vestito di bianco come il Papa, deve far prevalere il suo primato. Ma l’abito non fa il monaco e men che meno lo fanno le guardie del corpo.

Dopo i primi contenuti discorsi, il colonnello non si tiene più e comincia a spararle grosse: "Gli Stati Uniti sono terroristi come Bin Laden, hanno fatto dell’Iraq un Paese islamico. Le dittature non sono un problema se fanno il bene della gente". "Il partitismo è l’aborto della democrazia. Se il popolo italiano me lo chiedesse, io darei il potere al popolo italiano, annullerei i partiti". 

Ma non è nulla il pezzo forte viene a proposito dell’immigrazione. Se si vuole frenarla occorrono “tanti soldi”, il miliardo che la Ue dà a Tripoli "non basta". I migranti inseguono il benessere e "le risorse che ritengono rapinate" dal colonialismo. Non lo fanno certo per motivi politici. Servono quindi "miliardi e miliardi". Li chiederà al prossimo G8 dell’Aquila dove il leader libico è atteso come presidente dell’Unione Africana. Ma lì incontrerà Obama e come tutti sanno, è un osso duro. Per quanto riguarda poi la politica italiana dei respingimenti in mare il commento è stato: "Lasciate entrare milioni di persone" e poi sarà necessario un "dittatore per proteggervi". 

Il Presidente del Senato, Renato Schifani, ha ritenuto le parole del Rais un “discorso molto denso. Ha parlato da uomo di stato”. Critica pallida da parte di Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato: "Gheddafi ha una concezione molto diversa dalla nostra delle forme di esercizio del potere, tipiche delle democrazie liberali, dei diritti e delle garanzie". Incavolato Antonio Di Pietro dell’Italia dei Valori: "Gheddafi ha gravemente calpestato i diritti umani, finanziato in passato i terroristi, perpetrato nei suoi campi di concentramento torture e violenze". Si è risentito anche il sindaco di Roma, Alemanno che di fronte al “partitismo aborto della democrazia” ha reagito commentando le parole del papi libico: “Non è accettabile. Sappiamo bene come è fatta la democrazia e non accettiamo lezioni da nessuno". 

In effetti, il signor Gheddafi ricevuto con tanti onori e tanti tripudi non è proprio un gran che. Le tuniche bianche sopra le camice verdi (chissà se le ha copiate alla Lega o viceversa) non coprono i suoi misfatti. Porta il suo nome la strage di Lockerbie (1988) la cittadina scozzese sulla quale caddero i resti dell’aereo della Pan Am diretto a New York con a bordo 259 persone (11 furono le persone uccise a terra dai rottami del velivolo) esploso in volo per una carica di plastico posta nel vano bagagli. Il processo stabilì che si trattò di un attentato e furono accusati Abdel Basset Ali al-Megrahi, ufficiale dell’intelligence libica e capo della sicurezza per Libyan Airways e Lamin Khalifah Fhimah, responsabile della Libyan Airways presso l’aeroporto internazionale di Malta. Per quella strage, vero atto terroristico, la Libia riconobbe successivamente le proprie responsabilità e pagò ai parenti delle vittime 2,7 miliardi di dollari.

L’ Italia dei Valori ha protestato contro la visita del colonnello Gheddafi in Senato e ha impedito che il colonnello fosse accolto in aula. I suoi senatori si sono presentati davanti all’ingresso di Palazzo Giustiniani con appuntata sul petto una foto della strage di Lockerbie. Hanno cercato di entrare ma sono stati tenuti fuori. Impedito anche agli studenti dell’Onda di parlare e fare domande al leader libico al termine del suo discorso nell’aula magna della Sapienza. Tutto questo mentre la polizia fuori caricava gli studenti che contestavano. Lacrimogeni, calci, lancio di vernice rossa per «ricordare il sangue versato dagli immigrati respinti».

Intanto la ministra per le pari opportunità Mara Carfagna, a nome delle donne italiane, all’Auditorium di Roma, farà gli onori di casa al Re dei Re d’Africa che vuole intrattenere le rappresentanti del mondo della politica, delle istituzioni, dell’imprenditoria, udite, udite: sulla condizione delle donne africane. L’evento sarà off limits per gli uomini. Ma anche per il buon gusto e la mancanza di senso del limite. Presenti naturalmente tutte le ministre del governo: Maria Stella Gelmini, Stefania Prestigiacomo, Giorgia Meloni e Michela Brambilla. I nostri fiori all’occhiello, la parità in parlamento, che abituati al papi italiano, si adeguano con facilità e senza arrossire, al papi libico. 

Meno male che esistono anche donne che sanno dire di no. Così un gruppo di “italiane e di vari paesi europei e africani” hanno inviato a Gheddafi, al governo e alle istituzioni una lettera aperta di protesta. “Siamo preoccupate e scandalizzate per le politiche che il suo Paese – è scritto - con la complicità dell’Italia e dell’Unione europea, sta attuando nei confronti delle donne e degli uomini di origine africana e non, attualmente presenti in Libia, con l’intenzione di rimanervi per un lavoro o semplicemente di transitarvi per raggiungere l’Europa. Siamo a conoscenza dei continui rastrellamenti, delle deportazioni delle e dei migranti attraverso container blindati verso le frontiere Sud del suo paese, delle violenze, della ’vendita’ di uomini e donne ai trafficanti, della complicità della sua polizia nel permettere o nell’impedire il transito dei migranti”

La lettera si conclude con alcune dure testimonianze che si possono leggere sul sito: www.storiemigranti.org. Sempre qui si può sottoscrivere la lettera di protesta.

Un blogger si è chiesto: “cosa hanno in comune Gheddafi e Berlusconi? Ambedue odiano gli italiani!”

Foto da: www.laprovinciadisondrio.it


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