Il Medio Oriente l’area con il più alto tasso di disoccupazione nel mondo

par Paolo Borrello
venerdì 28 gennaio 2011

Spetta al Medio Oriente il primato della regione con il più alto tasso di disoccupazione al mondo: lo conferma l’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale per il lavoro (Oil) che mette nero su bianco un tasso regionale del 10,3% contro il 6,2% della media globale. La radiografia dei senza lavoro presentato nel “Global Employment Trends 2011” si fa ancora più drammatica nell’analisi delle fasce giovanili: tra i giovani fino ai 25 anni, il tasso è stimato al 40% .

I dati pubblicati dall’agenzia dell’Onu lanciano un ulteriore segnale di allarme per una regione che presenta dati riguardanti la disoccupazione simili a quelli che contraddistinguono l’area, il Nord Africa, che sta assistendo da settimane ad una sollevazione di popoli e proteste al grido di “più pane, più lavoro” e che sta minando e scardinando decennali ed immobili equilibri di poteri. “È piuttosto chiaro che una non equa distribuzione delle ricchezze e l’assenza di opportunità sono una combinazione esplosiva per i disordini sociali”, ha commentato il co-autore del rapporto, Duncan Campbell, che non prospetta nemmeno un imminente futuro roseo per la regione. La stima di crescita economica dell’intera area è prevista tra il 4,5% e il 5,1%, tra il 2010 ed il 2012, ma non sembra destinata a tradursi in effettive possibilità di lavoro.

Se il Fondo monetario internazionale ha già previsto un “recupero di anni per i mercati del lavoro di Europa e Stati Uniti”, il Medio Oriente deve ancora lavorare su fattori strutturali che ne cambino le dinamiche. La priorità, sia per i Paesi produttori di petrolio che per quelli che non hanno riserve energetiche, è quella di assorbire un numero già alto – e che continuerà a crescere di anno in anno – di giovani pronti ad entrare nel mondo del lavoro. Un’urgenza che perfino la regina di Giordania Rania aveva sottolineato nel 2008, etichettandola come “una bomba pronta ad esplodere”.

La sfida, tuttavia, consiste nell’abilità dei governi di creare settori industriali ed economici che consentano tale assorbimento e nel rivedere un sistema educativo in grado di che formi le nuove generazioni in linea con le richieste del mercato, spiega Campell. Un problema non nuovo nei dibattiti economici-sociali della regione e che riguarda anche le ricche economie del Golfo, non abbastanza diversificate, ancora troppo legate agli idrocarburi e con scuole che offrono programmi inadeguati alle nuove richieste produttive. In Arabia Saudita, il tasso di disoccupazione giovanile nel 2009 aveva già oltrepassato il 30%. Altri settori da sbloccare con ingenti investimenti, secondo gli analisti dell’Oil, le piccole e medie imprese ed il settore privato. Nei primi giorni della rabbia tunisina, durante il vertice di Sharm al Sheikh, i Paesi arabi hanno stanziato due miliardi di dollari per tamponare il disagio di decine di milioni di cittadini, una cifra ed una politica però ritenute dagli analisti insufficiente ed inadeguata a favorire la crescita e le riforme economiche necessarie.

La situazione è davvero preoccupante. E se non verranno attuati interventi di politica economica volti a ridurre la disoccupazione è, realmente, molto probabile che, anche nel breve periodo, potrà determinarsi anche in questa regione la situazione verificatasi nei paesi del Nord Africa, Comunque stupisce che l’andamento del mercato del lavoro sia così negativo in una regione come il Medio Oriente molto ricca di materie prime. E’ del tutto evidente che l’azione prioritaria, come già rilevato, non può che essere rappresentata da un miglioramento della distribuzione del reddito, eliminando o riducendo almeno le forti iniquità che caratterizzano questa variabile economica in quei territori.


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