La tutela della democrazia, prima di tutto
par Fabio Della Pergola
mercoledì 7 agosto 2013
Sembra evidente che il governo Letta abbia, se non i giorni contati, qualche mese o poco più davanti a sé. Complice l’estate di non belligeranza e il prevedibile braccio di ferro (parole grosse) tra PDL e Quirinale sul richiesto trattamento di favore da riservare a Silvio Berlusconi in virtù di non si sa che.
Ma le opzioni minori sono minori di non si sa che, visto che dei quattro anni di condanna, almeno tre sono cancellati dall’indulto e che l’ultimo anno rimasto potrà essere comodamente scontato agli arresti domiciliari o in affido ai servizi sociali. Meno di così, a fronte di una ormai assodata megafrode fiscale, non si capisce che cosa si pretenda.
Questo paese è stato ridotto al rango della più ridicola repubblichetta da fuilleton, nemmeno fosse la Carpazia de Il principe e la ballerina. E si evoca la guerra civile per sostenere l’insostenibile.
Davvero vorrebbero far precipitare la situazione pur di cancellare anche un annetto di arresti domiciliari nella comoda magione che il Cav vorrà scegliersi come residenza ? O è una questione di principio per cui anche il peggior delinquente deve essere considerato innocente sulla base del consenso elettorale che ha o ha avuto? Roba da matti.
Nel frattempo a sinistra si chiedono a gran voce altre maggioranze perché, si dice, non si può governare con un pregiudicato. Sacrosanto. Quindi si ipotizza una maggioranza alternativa con il M5S il cui leader è un altro pregiudicato. Motivo per cui non si è mai candidato (coerentemente con la sua pretesa di avere un Parlamento “pulito”),
in quanto vale il ripetuto mantra che "uno vale uno" e che lui, il leader, non è un leader ma solo un portavoce. Cosa che abbiamo potuto appurare nei mesi scorsi quando ogni parlamentare un po’ critico è stato cacciato a calci nel didietro dagli ottusi caporali del movimento.
Le “altre maggioranze possibili” dunque sono (sarebbero) quelle tra il PD in fase ebefrenica e un M5S con leader pregiudicato che peraltro dice di no. Ma anche sì. E poi di nuovo no. E non si riesce a capire se l’alternarsi di aperture e chiusure è sintomo di schizofrenia politica o solo resoconti giornalistici guidati da "manine" tanto esperte quanto manipolatrici.
La resistenza pentastellata ad accettare un accordo programmatico con il PD risponde alla dichiarata intenzione di andare al governo da soli o con maggioranza bulgara alle elezioni prossime venture o con eventuale tacito assenso dei democratici, in un curioso e improbabile rovesciamento di prospettiva; a quel punto il gioco del sì e del no passerebbe teoricamente in mano ai PD, riproponendo così l'usurata prassi dell’impossibile gabellato per possibile o perfino probabile o almeno auspicabile.
Anche Rodotà insiste: “Il Partito Democratico deve verificare se esistono maggioranze diverse”. Ma, conclude il giurista - prima esaltato e poi sbertucciato dai Cinquestelle - “auspicando la fine delle docce scozzesi del M5S". Che non sembrano finite affatto, invece.
Nelle file PD qualcuno sbatte la porta: lo hanno fatto Valentina Sanna e Rossana Lamberti, Presidente della Direzione Regionale sarda del PD la prima e Coordinatrice della Conferenza provinciale delle Donne del PD di Salerno la seconda. Due donne coraggiose e coerenti.
Non hanno sbattuto la porta (ancora) ma mugugnano di brutto i vari Civati e Puppato e Lucrezia Ricchiuti e Walter Tocci che si sono rifiutati di sottoscrivere quell'immonda offesa alla pubblica intelligenza secondo cui "Alfano non sapeva niente dell’affare Shalabayeva".
Poi ci sono gli scalpitanti giovani di OccupyPD e Mobbasta, così come, d'altra parte, dal M5S sono usciti (o sono stati accompagnati alla porta) i vari Zaccagnini e Gambaro, Anitori, De Pin, Labriola, Furnari e prima ancora Favia e Salsi e probabilmente molti altri a giudicare dal clamoroso flop delle ultime amministrative. Speculare peraltro alla perdita secca, e in questo caso perdurante, di voti PD.
Tutti segnali importanti di possibile convergenza verso quell'Area X (minoritaria nelle stanze della politica, ma probabilmente molto significativa nell'elettorato), in cui (ex)PD e (ex)grillini possono trovare o creare le premesse per un nuovo dialogo dagli esiti imprevedibili e comunque interessanti. Ma sono segnali ancora deboli, troppo deboli per affrontare un eventuale, e ravvicinato, scontro elettorale che si giocherà di nuovo sui quattro cantoni noti PDL-PD-M5S e astensione (con le altre formazioni minori a fare da comprimari pressoché irrilevanti).
Ergo, siamo esattamente nella stessa situazione di mesi fa, quando il cavaliere sembrava cotto e mangiato e fu invece riportato a nuova vita dall’esito elettorale e dal “non possumus” grillino.
Nel frattempo è tornata a girare una vecchia copertina de l'Unità di tre anni fa (gestione Concita) che titolava “Il Marcio su Roma” (titolo ripreso da quel furbetto di Marco Travaglio per un suo pezzo di ieri), eccellente parafrasi dell’antica Marcia che l’antesignano, pure lui cavaliere, compì nel ’22.
Fu la fine di quella forma di moderata monarco-democrazia parlamentare e l’inizio dell’incubo mussoliniano che distrusse il Paese (e non si arrabbi Alessandra Mussolini se ogni tanto si ricorda la capacità devastatrice dell’amato nonno). Ora, dopo nove anni su undici di governi berlusconiani il Paese è a un-passo-uno dalla bancarotta. Politica ed economica. Cioè allo sfascio di un vuoto catastrofico che è esattamente quello che Beppe Grillo ama come condizione sine qua non per ricominciare; è il suo “ottimismo della catastrofe” (da un'intervista a Beppe Severgnini che ho già ricordato).
Dove sono allora le “altre maggioranze possibili” se non in quell'Area X che i Civati e le Sanna, i Zaccagnini e i Rodotà hanno intuitivamente indicato? È in questa direzione che è tassativo muoversi; presto e bene.
Paralizzare invece il paese per giocare ai quattro cantoni di impossibili accordi fa temere uno sgradevole tintinnare di spade. Forse non si è ancora capito che in politica il vuoto non può esistere; quando non sono i politici democraticamente eletti a riempirlo, ci pensa qualcun altro. Che se ne frega delle elezioni e delle maggioranze, possibili o impossibili che siano.
Cari signori del Partito Democratico e del Movimento Cinque Stelle, ortodossi o fuoriusciti che siate, non vi pare il caso di tutelare la democrazia, tanto per cominciare?