Il M5S e il paradosso politico italiano

par paolo
sabato 23 marzo 2013

Avete presente il paradosso di Achille e la tartaruga? Si riassune così: supposto che Achille sia dieci volte più veloce della tartaruga, in una ipotetica gara con la tartaruga che parte con un vantaggio di 10 mt, quando Achille ha percorso 10 mt, la tartaruga è ancora avanti di 1 mt, quando Achille ha percorso 1 mt la tartaruga è avanti di 10 cm, quando Achille ha percorso 10 cm etc. Insomma Achille non raggiungerà mai la tartaruga.

È una speculazione intellettuale che rende bene l'idea di cosa stia succendo tra il PD nelle vesti di Achille, ed il M5S in quelle della tartaruga. Per quanti sforzi faccia Pierluigi Bersani, o chi per lui, per agguantare Beppe Grillo rimarrà sempre un passo indietro. Riduco del 30% gli emolumenti (vedi Grasso-Boldrini) = non basta; riduco le province = non basta, dimezzo i parlamentari = non basta etc.

È un paradosso che però ha un fondamento logico nel fatto che la gara è truccata. Il PD si muove su una linea di regole istituzionali, il M5S su quella della totale distruzione dello Stato in tutte le sue forme istituzionali. Bersani è un politico, magari screditato, ma pur sempre un politico; Grillo è un blogger-derivato che vuole resettare la politica e sosttuirla con un consenso diretto e decisioni che maturano solo sul web, la cosidetta "democrazia liquida". Sono due concezioni della società radicalmente diverse e tra loro antagoniste.

Ma come è stato possibile arrivare a questi punti? Iniziamo dal substrato culturale.

Facciamo un passo indietro, ovvero a prima della costituzione del M5S come oggi lo conosciamo. L'Italia, soprattutto negli ultimi dieci anni, con la crisi dei partiti radicali storici sia di destra che di sinistra e la contestuale delegittimazione del sindacalismo, ha visto l'emersione dei movimenti antagonisti al sistema, come i no-global, no-Tav, no-nucleare, centri sociali, ecologisti della green economy e via via, di tutti gli "sfigati" (termine generico) in circolazione che non sono riusciti, vuoi per colpe loro, vuoi per circostanze oggettive, a realizzare un loro "progetto di vita". Tutti uniti in una visione di "alter-mondialismo" che si oppone alla visione neoliberista delle classi dirigenti europee e mondiali. Il mantra che li ha guidati, e che tuttora li guida, è la lotta estrema contro tutti i processi di "globalizzazione", regolati od imposti, da organismi come il G8, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la BCE etc. Il loro antagonismo totalizzante si è svolto sia sul territorio (vedi i gravi fatti di Roma, Genova, Val di Susa) che sulla rete internet dove hanno trovato un ambiente ideale di aggregazione con il supporto dei blogger. Messora e Martinelli, i supervisori spediti d'urgenza dal duo Grillo-Casaleggio a Roma per strigliare i neoparlamentari grillini, sono in effetti due blogger, mentre Gianroberto Casaleggio, così come Paolo Barnard, teorizzatori della "decrescita felice" sono figure alquanto più complesse non fosse altro per il loro diversi curriculum professionali.

Arriviamo quindi a Beppe Grillo e al M5S

Il comico genovese, dopo un inizio di carriera sulla falsariga del grande caratterista Gilberto Govi, l'antesignano dei comici genovesi della proto tv italiana degli anni cinquanta, spinto da istinti pre-politici, quali per esempio la denuncia del consumismo nelle sue forme più aberranti, grazie alle sue indubbie qualità comunicative mischiate ad una vena di comicità sdrammatizzante (mix indubbiamente vincente), ha finito con l'entrare in rotta di collisione con tutti coloro che cercavano una sponda mediatica capace di suggestionare le folle. Più che un populista, Grillo andrebbe quindi definito un novello Savonarola. L'evento di sintesi si è consumato su internet con la saldatura tra l'area dell'antagonismo culturale ed il comico irriverente e trasgressivo. In sostanza Grillo ha fatto una sorta di "raccolta differenziata", coagulando attorno a se tutto quel mondo dell'antagonismo istituzionale che fino ad allora si era mosso in ordine sparso, colpendo gli obiettivi sensibili, ma senza una vera e propria strategia comune.

Questo rassemblement Grillo (Casaleggio) lo ha chiamato "Movimento cinque stelle" (M5S).

Ma il paradosso politico dov'è?

Il paradosso politico è che a sdoganare questo movimento che vuole la distruzione del sistema politico italiano, ivi comprese le Istituzioni che esso rappresenta, sono stati proprio gli stessi politici del cosidetto "arco costituzionale", oggetto principale di questa strategia distruttiva. Insomma vittime della loro meschineria e dabbenaggine, bloccati sulla figura di Silvio Berlusconi, vero deus ex machina dei disatri italici, hanno finito con lo spingere il proprio elettorato tra le braccia di Grillo, portando al centro delle Istituzioni, ovvero dove pulsa il cuore della democrazia e che si chiama Parlamento Repubblicano, i loro avversari mortali.

Che dire? Un autentico suicidio intellettualmente assistito, per usare le stesse parole di Grillo, o se vogliamo, per dirlo più terra terra, un autentico capolavoro di cecità politica e strategica.

Adesso è assolutamente inutile rincorrere il M5S sul suo terreno, perché proprio come nel paradosso di Achille, il PD non potrà mai raggiungerlo e Pierluigi Bersani (o chi per lui) per quante fughe faccia in avanti, non riuscirà mai ad agguantare Beppe Grillo che rimarrà sempre un passo più avanti.

E allora?

Allora le strade possibili sono realisticamente due: o il M5S, respirando l'aria "friccicarola" di Roma si imbastardisce e molla un po' del suo furore ideologico, piegandosi a qualche, seppur parziale compromesso con il PD per dare corso a delle riforme condivise venendo però meno alla sua "mission ", oppure si ricostituisce l'immondo sodalizio PD, PDL più Centro per fare che non è dato sapere, visti i veti incrociati sugli argomenti sensibili, con la prospettiva di andare poi incontro a disastri elettorali e danni, forse irreparabili per tutti.

Poi con il rischio concreto che, l'unico ad uscirne rafforzato, sarebbe proprio quel Silvio Berlusconi che non ha un partito ma una associazione d'intenti molto omogenea e radicata nella testa di molti italiani al di sotto di ogni sospetto.

Entrambe le due strade hanno probabilità di concretizzarsi pressoché nulle e non tragga in inganno la vista di un Beppe Grillo agghindato di tutto punto, in giacca e cravatta, per l'incontro con Napolitano, per lui è un travestimento al solo scopo di confondere le idee. L'opinione che ha Grillo del capo dello Stato e di cosa egli rappresenta non sto a ripeterla ma è cosa ben nota.

La terza soluzione, che spero sarà quella che emergerà dalle prossime probabili ed imminenti elezioni, è quella che lo "spavento elettorale" abbia una funzione salutare sia nel responsabilizzare i politici che il loro potenziale elettorato, e ad indurre entrambi alle scelte conseguenti per evitare la soluzione utopica della rivoluzione dei massimi sistemi, che nessuno sa esattamente cosa sia ma di cui si conoscono i rischi tremendi che corriamo.

Insomma un avviso ai naviganti di cui dobbiamo essere comunque grati a Beppe Grillo e nel contempo celebrare l'ennesimo paradosso italico, ossia che per salvare questo paese forse ci vorrà un comico, dopo che per anni abbiamo fatto ridere il mondo.


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