Il Golden Power Ranger finito in lavatrice

par Phastidio
martedì 28 gennaio 2025

Sulla crisi degli elettrodomestici bianchi, il titolare del Mimit finisce contro il muro della realtà: questa volta niente magheggi con carrelli tricolori. Ma anche l'opposizione fa del proprio peggio, in uno stanco rito

Ieri, presso la sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (per gli amici, Mimit), la multinazionale  Beko, controllata dai turchi di Arcelik, ha confermato i 1.935 esuberi degli impianti italiani, il 44 per cento del totale degli occupati. Sull’altro piatto della bilancia, Beko mette investimenti per 110 milioni nel periodo 2025-2028 e il blocco delle uscite a tutto il 2025. Ma la strada resta quella del ridimensionamento, con la condanna degli stabilimenti di Comunanza (Ascoli Piceno), Cassinetta (Varese) e Siena.

La reazione del sindacato è del tutto comprensibile: tutelare i livelli occupazionali. Col rinforzo di invocare l’applicazione da parte del governo di un misterioso Golden Power, dopo le note prese di posizione del ministro Urso, nel momento in cui Whirlpool entrava in società con Arçelik per disimpegnarsi dall’area EMEA (Europe, Middle East, Asia).

Golden Power, fiaba senza lieto fine

Già all’epoca avevo segnalato l’assurdità di invocare il Golden Power per ipotesi di ristrutturazione aziendale. La narrativa del ministro e dell’esecutivo è invece andata risolutamente in quella direzione, come avessero trovato la pietra filosofale per impedire crisi aziendali, soprattutto in settori maturi e sottoposti alla ormai abituale e feroce pressione esterna di matrice cinese.

Il problema è che le promesse della politica sono spesso fatte della stessa sostanza non dei sogni, come avrebbe detto il Bardo, ma delle bugie, e la realtà le dissolve. Ieri Urso ha premesso che il problema “giunge da lontano, da ben prima che il gruppo Merloni decidesse di vendere l’azienda alla sua principale concorrente, Whirlpool, quando in molti allora dissero che quella vendita avrebbe pregiudicato l’industria dell’ elettrodomestico, orgoglio del Made in Italy”. Se partiamo da Adamo ed Eva, troveremo sempre un peccato originale con cui prendercela.

Ora, poiché la realtà bussa alla porta, Urso è all’angolo con auspici e richieste che sono suppliche. Come chiedere a Beko Europe di “presentare un piano industriale assertivo che preveda investimenti significativi in Italia e un piano produttivo e occupazionale che corrisponda alle prescrizioni del golden power, sia in riferimento alla sovrapposizione con gli altri stabilimenti Whirlpool in Europa, sia con quelli di Beko in Romania”.

Che tradotto, vuol dire “per favore, signori di Beko, chiudete altrove, ad esempio in Romania, e lasciate tutto intatto in Italia”. Con immancabile riferimento al Golden Power, ormai diventato l’ombra di uno spaventapasseri. La replica di Beko è stata che il piano è conforme al quadro normativo, cioè che il golden power non ha modo di essere applicato, che la ristrutturazione sta interessando tutta Europa, con processi già avviati in Polonia e Regno Unito, e che i cinesi stanno terremotando il mercato europeo.

L’avanzata cinese

Secondo dati di settore presentati da Beko e riportati oggi da Cristina Casadei sul Sole,

In Beko in Italia, in media c’è una saturazione degli impianti del 38%. In Europa i dati Gfk, presentati da Beko, mostrano una curva discendente dei volumi dei principali elettrodomestici che compongono il cosiddetto bianco prodotti dai players europei, passati da 49,1 milioni di pezzi nel 2015 e una quota di mercato del 67,3% a 40,3 milioni del 2023 con una quota di mercato del 53,3%. Rapido calcolo: i produttori europei hanno perso 9 milioni di pezzi e 14 punti di quota di mercato. Quelli asiatici, al contrario, nello stesso periodo sono passati da 17,4 milioni di pezzi del 2015 (23,9% del mercato) a 26,7 milioni (35,3% del mercato).

Si vede a occhio nudo la tendenza: due anni fa, Whirlpool cede ai turchi le attività in area EMEA perché sa che non sarà possibile reggere la pressione cinese. I turchi, alla fine, ridurranno la capacità in Europa e cercheranno di difendere quella degli impianti turchi, che gode ancora di un vantaggio di costo del lavoro. Ma la pressione cinese arriverà anche in Turchia.

Che dire, quindi? Che la fiaba del golden power è finita, e male. Che ora Urso dovrà cercare di gestire in modo indolore il taglio di capacità in Italia, che avverrà con dimissioni incentivate, prepensionamenti e tentativi di reindustrializzazione, sui quali sono da sempre molto scettico e purtroppo continuo ad avere ragione (Termini Imerese, Embraco, GKN ecc).

Poi, Urso ha già pronte le spiegazioni: la crisi parte da lontano, la sinistra ha favorito le cessioni e la concentrazione dei vari “orgogli del Made in Italy” (trovate già la tesi sui giornali di destra), e così spero di voi. Purtroppo, in questo caso, non ci sarà alcun magheggio di carrelli tricolori mirati su dati annuali di inflazione che si vedevano arrivare. Qui le uniche cose che si vedono arrivare sono i prodotti cinesi e il taglio della capacità produttiva degli incumbent europei. E a nulla serviranno fiabe del tipo “nelle  lavatrici e nei frigoriferi ci sono i chip, quindi è una questione di sicurezza nazionale”. Bisognerà ridimensionare per sperare di mantenere una presenza italiana di  Beko.

Erdogan, pensaci tu

Ma se il golden power è come il vestito nuovo del ministro assai poco imperatore, non è che dall’altra parte dello schieramento si odano cose intelligenti. La segretaria del Pd, Elly Schleinva a Siena tra gli operai, con megafono d’ordinanza. Dice una cosa ineccepibile, cioè “sul golden power il governo vi sta mentendo”, ma nella sostanza non è in grado di fare nulla di differente per cambiare la traiettoria che attende le fabbriche italiane della Beko.

Per soprammercato, racconta Repubblica, arriva pure l’ex sindaco di Firenze ed oggi eurodeputato, Dario Nardella, che estrae dal cilindro un’idea davvero geniale:

Ma il tema è che il governo Meloni deve parlare con il governo turco. Con Erdogan e il ministro dell’industria turco. Non possono comportarsi così.

Quasi più geniale del tentativo dell’allora titolare dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, di recarsi a Bruxelles da Margrethe Vestager e “denunciare” il dumping economico e sociale dei paesi dell’Est Ue, con i fondi comunitari. Come è finita, lo abbiamo visto.

E mentre attendiamo che Erdogan ci faccia la grazia, chiedendola a sua volta ai cinesi, scopriamo che si potrà solo ammortizzare la situazione, e poco d’altro. Dal Golden Power Ranger Urso che ha scoperto che la sua pistola non è a raggi laser ma ad acqua, alle dichiarazioni programmatiche di Schlein come una specie di Jovanotti delle origini (“Alziamo il casino”), abbiamo davanti solo una desolante impotenza bipartisan, in attesa che arrivi Giulio Tremonti a dirci che è colpa della globalizzazione (oltre che di Mario Draghi), e che lui lo aveva previsto nel 1964.


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