Il Fisco amico. Torna lo scudo fiscale

par Mari
martedì 23 giugno 2009

Il lupo perde il pelo ma non il vizio verrebbe subito da pensare. E in fin dei conti è così, lo si sapeva già. Lo scudo fiscale era nell’aria, perché è uno dei pochi modi per riuscire a recuperare i soldi nascosti all’estero (per evadere le tasse) e nel frattempo, grazie a quei soldi, permettere al Governo di fare investimenti altrimenti fermi sulla carta.

E in questo momento lo Stato ha bisogno di soldi altrimenti, ad esempio, la ricostruzione dell’Abruzzo rimarrebbe sulla carta, pronta ad essere celebrata solo quando ci sono le telecamere e si fanno inaugurazioni parziali. Così ieri due importanti giornali italiani, Repubblica e Corriere della Sera, dedicavano ampio spazio proprio all’imminente scudo fiscale. Certo non se ne può parlare subito. Per opportunità il governo ritiene necessario attendere il G8 de l’Aquila del 9-10 luglio, che avrà di nuovo sul tavolo la questione dei paradisi fiscali. Qualche paese importante, come la Gran Bretagna, ha tuttavia già rotto gli indugi. E mercoledì prossimo, a Parigi, se ne parlerà nel vertice dei ministri dell’economia dei paesi Ocse, l’organizzazione che riunisce i paesi più industrializzati.

L’aliquota che le imprese dovranno pagare non è ancora certa. Ma sarà più alta rispetto a quella al 2,5% dello Scudo fiscale del 2002. Ma quella fu un’occasione unica per chi aveva nascosto al fisco grandi tesori e all’improvviso riuscì a mettersi in regola senza temere nulla e pagando pochissimo. Questa volta si parla di un’aliquota che potrebbe andare dal 4 all’8% ma non ci sarà nemmeno un centesimo di sanzione per aver evaso le tasse. D’altronde l’Italia è il paese in cui si premia chi bara piuttosto che chi rispetta le regole. Nel 2002 lo Scudo fiscale ebbe un discreto successo: emersero 73,1 miliardi, ne rientrarono 43 e quasi 30 furono regolarizzati all’estero.

In fin dei conti converrebbe a chiunque: far tornare in patria i soldi guadagnati in modo pseudo illecito, mettersi a posto con la coscienza, non temere più alcun controllo e incursione della Guardia di Finanza, insomma essere trattati con i guanti di velluto come se nulla fosse successo.



Il nostro, quindi, è un Paese da cui fuggono all’estero non solo i cervelli ma anche i capitali. Ce ne sono per 550 miliardi di euro, usciti illegalmente per sfuggire all’attenzione del fisco o per nascondere il frutto della corruzione e di attività criminali. Di questi, 300 sarebbero in Svizzera, 100 in Lussembrugo, una quarantina a Montecarlo e gli altri sparsi.

Il dato diventa poi decisamente allarmante se, come fa ‘La Repubblica’, si analizza la dimensione del fenomeno. Dalle nostre parti, infatti, i capitali esportati illegalmente rispetto agli altri paesi sono molti di più se confrontati con la nostra economia. I nostri “550 miliardi di euro esportati sono quasi il 10% del totale stimato, contro una economia che conta circa il 3% del pil planetario”.

Possono sembrare un po’ troppi, ma al Fisco servono questi soldi. Ed è molto più semplice farli rientrare dall’estero, quasi premiando chi ha evaso, piuttosto che far pagare le tasse. A tutti. Sempre.


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