Il Fec, l’otto per mille e l’ennesima norma “ad ecclesiam”

par UAAR - A ragion veduta
mercoledì 24 settembre 2014

Il Fondo Edifici di Culto (Fec) e l’otto per mille possono essere considerati fratelli gemelli. La loro data di nascita è il 20 maggio del 1985 e la madre che li ha partoriti è la legge 222/85, successiva di due mesi alla legge 121/85 di ratifica degli accordi di revisione del Concordato lateranense sottoscritti da Craxi e Casaroli. Di fatto anche la legge 222 fa parte a pieno titolo del processo di revisione concordataria perché attuativa di un protocollo addizionale sottoscritto il 15 novembre 1984, avente come oggetto gli enti e i beni ecclesiastici e il sostentamento del clero. Al Fec, fondo amministrato dal ministero dell’Interno il cui Consiglio di amministrazione è composto per un terzo da persone designate dalla Cei, appartengono oltre 700 edifici religiosi di pregio che sono diventati proprietà dello Stato negli anni in cui si concretizzarono l’unione politica dell’Italia e la fine dello Stato della Chiesa.

Il funzionamento del fondo è estremamente semplice: le entrate sono costituite dai proventi derivanti dallo sfruttamento degli edifici, mentre le uscite sono le risorse investite nella loro conservazione. Forse fin troppo semplice, perché in effetti buona parte di questi edifici vengono concessi in uso gratuito per esigenze di culto, quindi le entrate sono nettamente inferiori a quelle che ci si potrebbe aspettare. E poiché anche il Fec val bene una messa già nella stessa legge 222 (art. 58) si prevedeva l’integrazione dei proventi del fondo, ovviamente a carico dello Stato e altrettanto ovviamente per la gioia dei religiosi che hanno a disposizione l’immobile a costo zero e costantemente sotto manutenzione.

Adesso, a distanza di quasi trent’anni, le strade del Fec e dell’otto per mille tornano a incrociarsi. La rimpatriata, per così dire, è avvenuta nel decreto che aggiunge gli interventi in favore dell’edilizia scolastica quale ulteriore possibilità di destinazione per i proventi dell’otto per mille a diretta gestione statale, quelli cioè derivanti dalle scelte espresse in favore dello Stato. Una novità importante per l’Uaar che infatti ci ha basato la sua campagna Occhiopermille di quest’anno nell’ambito della quale, tra le altre cose, ha chiesto alle pubbliche amministrazioni di presentare domanda per ottenere dal governo contributi da destinare alle calamità naturali e, appunto, all’edilizia scolastica. A questo punto ci si chiederà cosa c’entra con l’edilizia scolastica un fondo costituito da edifici religiosi, visto che almeno in apparenza sembrerebbero due cose completamente diverse. Per il governo c’entra, perché tra i possibili oggetti dei contributi ha stranamente inserito, oltre agli edifici scolastici di proprietà dello Stato e degli enti locali, anche gli immobili del Fec destinati a uso scolastico.

a cosa non è tuttavia passata inosservata in commissione bilancio. Ad accorgersene un deputato del M5s, Francesco Cariello, che ha subito diramato la notizia che il Fec avrebbe messo le mani su denaro destinato a essere impiegato per la sistemazione delle disastrate scuole italiane. L’Uaar ha a sua volta rilanciato con un comunicato stampa in cui, pur prendendo atto che comunque di scuole si parla, ha chiesto al governo di fare chiarezza, in particolare dicendo quante e quali sono le scuole in edifici del Fec e se si tratta di scuole statali o paritarie. Recentemente è arrivata la risposta del governo in commissione bilancio: l’edificio in questione è solo uno e si trova a Monreale (PA). E trattandosi di un singolo edificio in un piccolo comune risulta anche facile capire qual è, perché nel comune di Monreale esiste un solo edificio di proprietà del Fec: l’abbazia benedettina situata nella frazione di San Martino delle Scale. Che guardacaso ospita una sezione distaccata dell’Istituto Comprensivo “Guglielmo II”.

La vicenda solleva numerosi interrogativi. Prima di tutto stupisce il fatto che per un solo edificio sia stato ritenuto necessario modificare una norma più generale. È ovvio che diversamente non ci sarebbe stata possibilità di destinare contributi dall’otto per mille a quell’edificio perché il Fec non è lo Stato, è solo amministrato dallo Stato, quindi gli edifici di sua proprietà non sono automaticamente proprietà dello Stato. Ma ancora di più stupisce il tentativo di dirottamento di fondi da edifici scolastici pubblici ad altri la cui manutenzione dovrebbe ricadere interamente sul fondo che li possiede, come dimostrano i tanti bandi per opere finanziate appunto dal Fec. Dovrebbe, appunto. Nei fatti, anzi, nelle delibere viene fuori che invece l’abbazia benedettina è stata foraggiata anche con fondi pubblici, come ad esempio dal ministero dei Beni Culturali che nel 2005 ha scucito quasi due milioni e mezzo.

Come se non bastasse, poiché lo stesso Fec ha chiesto al comune di liberare i locali per via di imminenti lavori complessivi di ristrutturazione dell’abbazia, il Comune ha dovuto spostare le classi in altri locali adiacenti facendosi carico di ulteriori spese: più di 25 mila euro per l’adeguamento dell’impianto elettrico e oltre tre milioni stanziati per opere di manutenzione straordinaria. Stanziati ma forse non ancora eseguiti, perché pare che addirittura la stessa scuola abbia dovuto intervenire urgentemente con l’acquisto di materiali messi in opera dagli operai comunali. La temporanea situazione di disagio, che non si sa quando avrà termine, viene descritta nei dettagli anche in un articolo scritto da due alunne e pubblicato su un portale monrealese.

Quindi, ricapitolando: con l’otto per mille statale da destinare alle scuole si dovrebbe finanziare un edificio religioso, di proprietà non statale ma di un fondo autonomo, che finora ha ospitato una scuola pubblica, che adesso è stata costretta a sistemarsi altrove, con spese di adeguamento che ricadono sul Comune e sulla stessa scuola e tra i disagi patiti da chi la scuola la vive quotidianamente. In pratica l’ennesimo favore clericale a spese di tutta la cittadinanza.


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