17 maggio, giornata mondiale contro l’omofobia. Intervista a Paola Concia (Pd)

par Fabio Barbera
giovedì 3 maggio 2012

Il 17 maggio si svolgerà l’ottava giornata mondiale contro l’omofobia - evento realizzato per la prima volta nel 2005 per iniziativa del curatore del "Dictionnaire de l’Homophobie" – e l’Italia si trova ancora senza leggi contro l'omofobia e per il riconoscimento dello stato di famiglia da parte di coppie di fatto o dello stesso sesso.

L'ultima volta che avevamo intervistato l'onorevole Anna Paola Concia, deputata Pd che si batte da tempo per i diritti civili, era ancora in discussione il suo progetto di legge sull'aggravante di omofobia alla Camera, poi bocciato dalle pregiudiziali di costituzionalità di Udc, Pdl e Lega. Oggi Concia torna a parlarne ad AgoraVox. Da "combattente".

Salve onorevole, bentornata su AgoraVox! Iniziamo questa intervista partendo da una data: il 17 maggio sarà la giornata internazionale contro l’omofobia, lei che monitora quotidianamente le notizie relative a casi di discriminazione, che fotografia ci offre dell’Italia del 2012? E’ un po’ più tollerante?

«Quello che posso dire è che malgrado il lungo lavoro fatto in Commissione Giustizia, i molti casi di violenza omofoba e transfoba denunciati, la pressione fatta dalle associazioni lgbt e da importanti esponenti della società civile, il Parlamento italiano si ostina a non voler approvare una legge di civiltà che tutta l’Europa ha già fatto da molti anni. Non è una questione di tolleranza, ma di civiltà di un paese».

Quante segnalazioni riceve periodicamente? Ce ne racconta qualcuna?

«Ogni giorno ricevo mail di ragazze e ragazzi che denunciano casi più o meno gravi di violenza omofoba. Spesso molti di questi casi non arrivano sui giornali perché c’è una forte reticenza a denunciare, come se questi ragazzi si sentissero in colpa. Ecco a cosa servirebbe una legge: a creare quegli anticorpi sociali contro l’intolleranza, per non far sentire più solo nessuna vittima di violenza omofoba e soprattutto dargli il coraggio di denunciare».

 
Il 23 maggio scorso si sarebbe dovuta votare una legge contro l'omofobia proposta proprio da lei. Ma il testo si è arroccato in parlamento, mantenendo così il vuoto legislativo in materia. Perché una legge che regoli i reati di omofobia (spesso responsabili di suicidi, violenze, bullismo e morti) fa così tanta paura?
 
«Perché il parlamento italiano è mostruosamente incapace di stare in contatto con la gente comune, con le persone che lavorano, con i giovani. Mentre la società italiana va avanti e progredisce, la nostra classe dirigente è rimasta immobile, ferma a trent’anni fa, incapace di capire i mutamenti in atto. Concedere diritti e tutele giuridiche agli omosessuali fa ancora paura a una parte dei miei colleghi. In questo le gerarchie vaticane - è inutile negarlo - hanno avuto un forte ruolo di pressione, ma è colpa della politica, della sua scarsa autonomia decisionale».

Ecco, un grosso incentivo al conservatorismo sembra provenire proprio dalla Chiesa Cattolica e dai suoi sostenitori. Lo psichiatra cattolico Francesco Bruno, ad esempio, dalle pagine di Pontifex esterna: “L’Organizzazione mondiale della sanità ha deciso che non si debba parlare di malattia, a proposito dell’omosessualità, e sappiamo con quali criteri ha scelto. Io rimango della mia idea e le denunce dei gay non mi fanno paura. L’omosessualità è anormale”. C'è la tendenza nel mondo cattolico a proporsi come palestre istituzionalizzate di intolleranza?

«Purtroppo Bruno si pone al di fuori di quello che dicono trent’anni di studi psico-sociali, i pareri dell’Organizzazione Mondiale della sanità, degli ordini degli psicologi e degli psichiatri internazionali. Ora, o l’intera comunità scientifica è fatta di imbecilli e il professore Bruno è l’unico intelligente, oppure siamo di fronte ad un uomo irresponsabile che semina intolleranza e parla a vanvera. Non è un caso che scelga un sito estremista come Pontifex per fare le sue esternazioni, di certo in altri mezzi di informazione cattolici moderati non avrebbe avuto lo stesso spazio».

A proposito, dalla pagina facebook di Paolo Patanè (il presidente di Arcigay) si legge: “Dal Cile Bertone ritorna ad accostare l'omosessualità alla pedofilia, mentre in Italia il cardinale Scola da una parte dice che la chiesa deve parlare di famiglia, perché su questi temi non si può essere neutrali, e da un'altra dice che però i Comuni non debbono occuparsene perché non li riguarda. Tutto ridicolo e grottesco? Forse ...però proprio in Cile un ragazzo gay è stato martirizzato in sei ore d'inferno... e quelle parole di Bertone mi appaiono per questo ancora più ignobili e crudeli”. Si può ancora morire per differenze di genere e differenze sessuali?

«Le differenze di genere riguardano le donne, perché il genere sessuale non ha nulla a che fare con l’orientamento sessuale. Comunque come dimostra la cronaca recente si può morire sia a causa delle differenze di genere, basta pensare ai tanti casi di omicidi di donne, sia in ragione dell’orientamento sessuale. Il caso del ragazzo gay cileno mi ha colpito molto, vorrei che coloro che dicono che un’emergenza omofobia non esiste pensassero a quella madre che ha visto morire il proprio figlio pestato a sangue perché omosessuale».

Per contro la Cassazione ha riconosciuto il diritto alle coppie di qualunque orientamento di essere riconosciute come famiglia e l’Europa chiede di abbattere quelle disparità che in materia generano un deficit democratico. Suona differente dai categorici "NO" delle italiche rappresentanze partitiche?

«L’Europa prima, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione ci hanno detto chiaramente che il parlamento deve fare una legge per riconoscere diritti certi alle coppie omosessuali. Diritti che riguardano la vita familiare. Adesso è il compito della politica assumersi la responsabilità di legiferare. Il gruppo del PD, per questo, ha chiesto e ottenuto di iniziare la discussione delle proposte di legge in commissione Giustizia. Non si può più rimandare questo appuntamento con la storia».

 

Il 2013 sarà anche l’anno delle elezioni politiche. E’ psicologicamente pronta ad affrontarle?

«Io sono una combattente, faccio politica perché voglio cambiare questo paese, renderlo più civile, più moderno e più europeo. Non mi spaventa la sfida elettorale, anzi».

Dove trovarla sul web?

«Sono sia su Twitter che su facebook ed ho anche un blog www.paolaconcia.it. Inoltre rispondo personalmente a tutte le mail e i messaggi che mi inviano».

Prossimi appuntamenti che la riguardano e che vuole condividere con i nostri lettori?

«Abbiamo da poco iniziato la discussione parlamentare per fare una buona legge sulle unioni gay. Aspetto al varco il Governo Monti. Se è vero che il governo più filoeruopeista della storia repubblicana lo dimostri riportando in Europa l’Italia anche sul piano dei diritti civili. Se ciò non dovesse accadere mi aspetto dal mio partito che si presenti alle prossime elezioni con una proposta seria, avanzata e credibile sui diritti civili». 


 

DOCUMENTO: Il sondaggio europeo sui diritti lgbt




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