I rifiuti di Napoli: la società civile batta un colpo

par Luigi Nicotra
giovedì 25 novembre 2010

Il monologo di Roberto Saviano non convince fino in fondo.

La tragica vicenda dei rifiuti a Napoli è ormai talmente datata da potersi considerare ormai, se non storia, quanto meno inveterata e quotidianamente riproposta cronaca di ordinaria indecenza. L’emergenza, ormai è di chiarissima evidenza, non c’entra assolutamente nulla.

In “Vieni via con me” del 22 novembre, Roberto Saviano ha sviscerato fatti, antefatti e misfatti correlati alla “ produzione “ ed alla gestione della munnezza. Ha evidenziato le gravi responsabilità che gravano sulle spalle dei politici e le collusioni con la camorra. Però……c’è un però, anzi due.

Primo però. Quando Saviano dice che le discariche della Campania sono piene di immondizia che arriva dal Nord Italia, rischia nuovamente di scivolare sulla buccia di banana della contrapposizione fra un Nord cattivo ed approfittatore ed un Sud buono e vittima. Fornisce così ancora una volta un assist, di cui francamente dubito vi fosse bisogno, alla Lega che potrà agevolmente farne un uso strumentale al suo tornaconto elettorale, gridando al meridionalismo piagnone e vittimistico che, incapace di assumersi le proprie responsabilità, pretende di addebitare le cause del proprio degrado ad altri, al Nord nella fattispecie. Visto il precedente che ha visto il Ministro Maroni prendere cappello per l’affermazione sulla presunta ed effettivamente azzardata collusione camorra/Lega, mi domando come possa Saviano incorrere a così breve distanza di tempo in un’analoga leggerezza d’analisi.

Si badi bene, non è mia intenzione ergermi a difensore d’ufficio della Lega che non gode delle mie personali simpatie, ma un conto è ragionare per grandi categorie parlando, ad es. della notoria collusione fra mafia e politica, altro è individuare una ed una sola formazione partitica come possibile interlocutore dei malavitosi.

Lo stesso dicasi, ed ecco il secondo però, a riguardo della provenienza dei rifiuti napoletani. Un conto è dire che parte dei rifiuti “napoletani" destinati alle discariche possa essere di provenienza esterna, altro è sostenere apoditticamente che “le discariche di Napoli si riempiono perché sono piene di rifiuti del Nord Italia, la Campania è da anni la pattumiera del Nord Italia e di parte dell'Europa, ecco perché si riempiono così facilmente". Ora, è esercizio fin troppo semplice replicare che lo spettacolo indegno per l’Italia e per Napoli delle enormi quantità di rifiuti giacenti nelle strade, nelle piazze, nei vicoli di quella città sono, senza ombra alcuna di dubbio, di produzione locale.

Non dimentichiamo, poi, che la Campania, fino al recente passato e per parecchio tempo, ha “esportato" i propri rifiuti sia all’estero (Germania, con costi notevolissimi per l’intera comunità nazionale) che in Italia quando, nel 2008, ebbe l’aiuto solidale di diverse regioni come la Lombardia. Insomma, una sorta di perverso import/export d’immondizia che ha mortificato e mortifica da anni la Campania.

E’ senz’altro vero, sulla base di numerose inchieste giornalistiche e giudiziarie, che la Campania sia o sia stata ricettacolo di rifiuti speciali o tossici di provenienza allogena, non necessariamente esclusivamente dal Nord Italia. Come è altrettanto vero che se questo è avvenuto, è perché la camorra ne ha fatto un business. Ma dubito che tutto questo possa essere spiegato, sostenendo semplicisticamente che: Per un'azienda la voce "smaltimento rifiuti tossici" è pesante, nessuno vuole pagare 62 centesimi al chilo, la camorra per otto centesimi ti risolve tutto, la camorra li prende e ci guadagna due volte perché rivende i rifiuti tossici come fertilizzante.

Beh, se così fosse, sarebbe altrettanto semplice pensare che questo meccanismo si potesse riprodurre altrove, che so, in Lombardia, in Emilia Romagna o in Val d’Aosta, in qualche sperduta valle montana. Perché no all’estero, tenuto conto che la camorra è ormai ramificata in vari paesi europei, come in Germania. D’altro canto fu lo stesso Saviano a dire, in un’intervista di qualche tempo fa che “In realtà non esiste nulla di più internazionale delle organizzazioni criminali. Calabresi e napoletane soprattutto. Per una semplice ragione: loro sono all’avanguardia economico-finanziaria. Mi dispiace soltanto che l’Europa se ne accorga soltanto quando ci sono stragi. Duisburg ha aperto la mente alla Germania e gli sguardi all’Europa. Questo cosa ha comportato? Che la criminalità organizzata forse dopo Duisburg può essere definito un problema europeo e non più soltanto italiano".

In buona sostanza, se business are business, se è un problema di vile denaro, se “l’appalto" alla camorra del “trattamento" dei rifiuti tossici nasce da una mera esigenza di contenimento del costo di quel servizio, per quale motivo non ha potuto allignare altrove con le dimensioni che il fenomeno ha assunto in Campania?

La risposta e non la domanda, in tal caso, sorge spontanea: forse perché la Campania ha una sua specificità, una sua peculiare storia di malaffare e di malgoverno fatti sistema.

Un sistema che si basa, come certo giustamente dice Saviano, sulla connivenza del potere politico, su quell’intreccio fra “camorristi, politici, imprenditori, massoneria deviata". Ma se tutto questo succede lì e non altrove, se in Campania, come sempre Saviano dice, “tutti hanno fallito ma l'emergenza rifiuti ha generato 8 miliardi di euro in 10 anni, 750 milioni di euro all'anno, una massa di denaro enorme, su cui la politica ha speculato, ha creato clientele, chi ha guadagnato è un'azienda, una delle più grandi di Italia e d'Europa: la camorra, le ecomafie con il traffico illegale di rifiuti hanno fatturato oltre 20 miliardi di euro, pari a quello di Telecom, 10 volte più di Benetton", non si può non effettuare una sorta di chiamata di correo della cosiddetta società civile, del mondo della cultura e del giornalismo, della scuola, di tutti coloro insomma che fanno opinione ed hanno un ruolo guida all’interno delle comunità di persone, soggetti tutti che non possono essere esonerati da qualsivoglia responsabilità e colpa, come se la camorra ed i rifiuti fossero una maledizione divina alla quale risulti impossibile sottrarsi.

Perché non è partita la raccolta differenziata? Che fine hanno fatto i progetti per i quali ogni provincia campana avrebbe dovuto avere un suo inceneritore, che incenerisse il solo residuo secco e non la “munnezza" tal quale come, pare, avvenga ad Acerra? Perché le c.d. eco balle, che forse si chiamano così perché sono una balla bella e buona, sono ancora accatastate nella stragrande maggioranza nel sito di Taverna del Re, a Giugliano (Na)?

Perché, nonostante, tutto questo, gli amministratori locali sono rimasti tutti, salvo poche eccezioni, ai loro posti?

I poteri, tutti, oltre a quello politico, quello delle organizzazioni sindacali, quello giornalistico, quello imprenditoriale, quello delle libere professioni, insomma la classe dirigente e la intelligentsia campana intesa nelle sue varie accezioni cosa hanno fatto, in tutti questi anni, per almeno emendare gradualmente questa situazione?

Ecco, quello che, a mio avviso, spiace dovere constatare è che in tutta l’allocuzione di Saviano non vi sia stato un solo accenno a quella società civile campana alla quale chiedere un moto di reazione che non fosse costituito unicamente da manifestazioni e disordini di piazza, ma che fosse propositivo di soluzioni che sono possibili se solo lo si voglia.

Può darsi che la gente, intesa nella sua indistinta definizione, non abbia colpa, come dice Saviano. Ma qui lo scrittore napoletano non finisce di convincere perché omette di rivolgere un appello a quella gente per sollecitarne uno scatto d’orgoglio, per risvegliare quel senso civico forse smarrito in certuni ma, c’è da augurarsi, non perduto definitivamente e che è alla base di qualunque rinascimento politico e morale.

Per parafrasare J.F.Kennedy e dirla alla maniera degli auspici di Fabio Fazio: che non ci si limiti a chiedere cosa il mio Paese può fare per me, ma cosa io posso fare per il mio Paese. 


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