I pifferai di Hamelin dell’uscita dall’Euro

par Bernardo Aiello
venerdì 14 novembre 2014

In un singolare abbraccio politico Lega Nord e Movimento Cinque Stelle propongono a gran voce ai cittadini/elettori l’uscita dall’Euro al fine di conseguire un largo e duraturo benessere economico. Nel fare questo ricordano Silvio Berlusconi quando ha cercato di procurasi facile consenso promettendo a tutti quel che non poteva mantenere, ossia la riduzione della pressione fiscale con lo spread alle stelle. All’epoca lo si è assimilato al pifferaio magico di Hamelin, quello della fiaba dei fratelli Grimm; lo stesso si può fare oggi con i nostalgici della moneta nazionale.

Il punto di partenza per la dimostrazione di questo assunto è la lex prima dell’economia, la più solida ed indiscutibilmente vera: “Non esistono i pranzi gratis”. Se qualcuno si siede al ristorante ed ordina qualcosa da mangiare, ebbene vi sarà qualcun altro che pagherà questo pranzo. E se non lo paga nessuno, sarà il ristoratore a farlo di tasca sua.

Proviamo ad applicare questo principio alla spesa pubblica. Se essa eccede le disponibilità derivanti dall’attività economica, vi sarà sempre e comunque qualcuno a pagare. Come la storia ci insegna, i modi perché questo accada sono più di uno:

  1. La diminuzione del potere d’acquisto della moneta, ossia l’inflazione. L’esempio più noto è quello della Repubblica di Weimar, che ha così pagato l’immane debito di guerra stoltamente addossatole dalle Potenze vincitrici del primo conflitto mondiale. Detto per inciso la prima conseguenza del disordine sociale che ne derivò, fu la nascita del nazional-socialismo.
  2. L’indebitamento dello Stato sul libero mercato dei capitali, ossia lo spostamento nel tempo delle sue obbligazioni ottenuto grazie al pagamento di interessi. In questo caso il debito degli attuali cittadini sarà pagato, aumentato degli interessi, dai cittadini di domani.
  3. Un mix dei primi due modi, ossia un contemporaneo ricorso sia all’inflazione sia all’indebitamento sul libero mercato. E’ questa la via attualmente seguita dai Paesi dell’Euro.

A tutto quanto sopra va aggiunta l’ovvia considerazione che, fra le obbligazioni dello Stato, vi sono anche quella della restituzione dei debiti pregressi e quella del pagamento dei relativi interessi. A meno di non seguire il metodo argentino, che consiste nel non onorare più i debiti contratti sul libero mercato. In questo caso il “pranzo” è pagato sia dai debitori, che non riavranno più il loro investimento, sia dalle generazioni future argentine, cui nessuno presterà più un centesimo oppure lo farà solamente pretendendo enormi interessi a tutela del rischio assunto.

E giungiamo così all’Euro ed ai pifferai di Hamelin, che propongono ai cittadini italiani di conseguire solido e duraturo benessere mediante la semplicissima ricetta di uscire dalla moneta comune europea. Prima dell’ingresso nell’Euro, il nostro Paese seguiva sostanzialmente il modello “1”, quello dell’inflazione a due cifre. Eravamo una sorta di Repubblica di Weimar in sedicesimi.

Dopo l’ingresso nell’Euro abbiamo dovuto abbandonare il modello “1” per abbracciare sostanzialmente il modello “3”, e per di più con una inflazione decisamente contenuta a causa della crisi economica globale e della conseguente riduzione del denaro circolante, malgrado le disperate iniziative della BCE di Mario Draghi.

Orbene, il modello “1” appartiene alla adolescenza del vostro cronista. Hanno poca memoria gli attuali nostalgici di quel periodo perché hanno del tutto rimosso il ricordo delle ampie e generali lamentele per la perdita del potere di acquisto della moneta. Forse i pifferai di Hamelin che glielo propongono dovrebbero dirgli che un ritorno indietro alla moneta nazionale comporterebbe anche un ritorno indietro alle barriere doganali, ossia alla separazione delle economie in aggiunta alla separazione delle finanze. E che la mancata partecipazione alla competizione economica internazionale ci condannerebbe all’estinzione: le nostre fabbriche manifatturiere si ridurrebbero rapidamente in un ammasso di ruggine. Abbiamo già da ora il problema della delocalizzazione delle attività produttive in altri Paesi. Figuratevi cosa succederebbe se uscissimo dall’Euro!

Altro che largo e duraturo benessere economico!


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