I numeri della democrazia digitale

par Fabio Chiusi
sabato 22 dicembre 2012

Al termine di un anno, il 2012, segnato dalla retorica della «democrazia liquida», della rete che cambia o addirittura determina il risultato delle elezioni e di Internet come strumento per eccellenza della politica, un po’ di dati. Secondo l’osservatorio DemosCoop, a «discutere e informarsi di politica» in rete è un utente Internet su due, cioè all’incirca il 29 per cento della popolazione italiana. Ma per trovare la partecipazione realmente attiva, si devono considerare percentuali ancora più basse: dei cittadini digitali, «l’11 per cento ha postato commenti o partecipato a qualche discussione di politica nei blog o nei social network», scrive Ilvo Diamanti su Repubblica. Quanto al coinvolgimento rispetto alla propaganda 2.0, le percentuali parlano da sole: «Il 9 per cento segue un partito, un leader o un gruppo politico attraverso Facebook, il 4 per cento su Twitter». Certo, c’è l’esposizione alle condivisioni degli amici. Ma i numeri sono ancora esigui.

Proprio giovedì, inoltre, sono stati resi disponibili i dati del rapporto ‘Cittadini e nuove tecnologie‘ dell’Istat per il 2012. In cui si legge: «Rispetto al 2011 si registra un incremento nell’uso della rete come strumento di informazione e comunicazione su temi sociali e politici (dal 22,8% del 2011 al 31,8% del 2012) e per partecipare a consultazioni o votazioni in tale ambito (dal 8,6% del 2011 al 10,7% del 2012)». Ci sarebbe da chiedersi cosa si intenda più precisamente per partecipazione a «consultazione e votazioni» sociali e politiche; e come si coniughino i dati dei due istituti, non qualitativamente contrastanti ma quantitativamente diversi, sull’uso politico della rete. E tuttavia, anche qui, le percentuali – pur in crescita – restano piuttosto basse.

Si prenda poi il flop delle ‘parlamentarie’ del MoVimento 5 Stelle, sia in termini di partecipazione (non solo perché hanno votato in poco più di 20 mila, cioè meno di un decimo degli iscritti al portale di Grillo, ma perché un terzo degli aventi diritto non ha comunque votato) che di trasparenza (per avere dei dati definitivi abbiamo dovuto aspettare due settimane di polemiche e un lavoro dell’Istituto Cattaneo); l’esperimento interessante ma ancora embrionale di Servizio Pubblico con LiquidFeedback (qui i dati parlano di 10 mila utenti iscritti – cioè circa uno ogni 200 spettatori della trasmissione – e 1085 proposte «adottate»: ma se ne farà qualcosa?); il totale disinteresse per le votazioni online dell’Idv (ne avete sentito parlare?). Tutti segnali di una tendenza che vede la nascita e lo sviluppo di diversi interessanti esperimenti (anche a livello locale) di cui tuttavia non dobbiamo per il momento sovrastimare la capacità. Né, tantomeno, parlare come di una componente fondamentale del dibattito pubblico in corso, o dei reali fattori di formazione e modifica del consenso.

Forse quel tempo verrà presto. Ma, per il momento, bisogna prendere atto che un italiano su cinque si informa ancora esclusivamente tramite la televisione (DemosCoop). E, con il 38% delle famiglie che ancora non ha accesso alla rete (siamo ancora tra gli ultimi in Europa), che se Internet gode di maggiore fiducia da parte dei cittadini, è ancora il tubo catodico – e di gran lunga – il vero e principale cordone ombelicale tra cittadini e politica.


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