I moniti di Moody’s danno ragione (in parte) al rigore di Tremonti

par Libero Mercato
martedì 21 giugno 2011

Che anche l'Italia fosse a rischio preda delle speculazioni finanziarie era un sospetto che veleggiava da tempo, anche se il nostro paese è uscito meglio di molti altri rispetto alla crisi internazionale e non ha sofferto l'eccessiva destabilizzazione del sistema bancario.

Nell'ultimo mese però sono accaduti due-tre avvenimenti che potrebbero condizionare la tenuta dei conti pubblici nei prossimi anni.
 
Il 21 maggio l'agenzia di rating Standard & Poor's ha modificato l'outlook sull'Italia da "stabile" a "negativo", sottolineando "l'incerto impegno politico nelle riforme tese a migliorare la produttività".
 
Venerdì 17 giugno è la volta di Moody's, l'altra grande agenzia di rating internazionale (la terza è Fitch), che mette sotto osservazione la qualità del debito italiano, annunciando un probabile "downgrade" se le condizioni economiche e lo scenario europeo non dovessero migliorare. L'agenzia ha 90 giorni di tempo per decidere se ritoccare al ribasso il nostro voto AA2.
 
Anche negli appunti di Moody's si evidenziano le difficoltà dell'Italia nel portare avanti le necessarie riforme economiche, dagli "ostacoli strutturali di lungo termine allo sviluppo", alla "bassa produttività" a"importanti rigidità sul mercato del lavoro e dei prodotti".
 
A complicare la situazione l'attuale debolezza della maggioranza: "L'adozione di nuove politiche di bilancio prudenti potrebbe rivelarsi più difficile nel prossimo futuro perchè il consenso elettorale al governo sta indebolendosi".
La vittoria dei Sì al Refendum su acqua e nucleare, oltre a sancire la bocciatura dei provvedimenti del centro-destra, confermerebbe la tradizionale difficoltà dell'Italia a fare le riforme in senso liberale.
 
Non a caso, per le agenzie di rating le prospettive di crescita nei prossimi anni saranno un "fattore cruciale" per le entrate fiscali ed il raggiungimento dei target di bilancio, soprattutto se accompagnate da adeguati processi di liberalizzazioni tesi a rimuovere le "importanti strozzature strutturali".
 
LA REAZIONE DEI MERCATI E LE CONSEGUENZE SUI TITOLI DI STATO

I moniti di Standard & Poor's e Moody's, se da una parte danno ragione a Tremonti sull'obiettivo prioritario di contenere il deficit e raggiungere nei prossimi tre anni il pareggio di bilancio, dall'altra pongono l'accento sulle necessità dell'Italia di tornare a crescere.
 
Nel frattempo arrivano puntuali le reazioni dei mercati, che purtroppo non contribuiscono a rasserenare gli animi.
 
Mercoledì 15 giugno infatti, il differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato italiani rispetto al bund tedesco ha superato per la prima volta da gennaio i 200 punti base, ad indicare un maggiore premio al rischio richiesto dai mercati agli investitori sul debito italiano.
 
Certo, se facciamo un confronto con gli altri paesi "periferici" nell'Eurozona possiamo consolarci: lo spread richiesto sui titoli irlandesi è di 862 basis point rispetto ai titoli di stato tedeschi, quelli portoghesi di 790 e quelli spagnoli di 280.
 
Fermo restando una situazione di generale difficoltà, la politica di Tremonti è giustamente indirizzata alla correzione dei conti pubblici, con una manovra di 45 miliardi di euro per raggiungere in tre anni il pareggio di bilancio.
Il rigore responsabile del Ministro dell'Economia, nonostante i moniti dei colleghi di maggioranza e di opposizione ad "allargare i cordoni della borsa"ha permesso all'Italia di uscire abbastanza indenne e solida dalle tempeste economiche e finanziarie degli ultimi anni.
 
Bisogna però ricordare che il debito pubblico ha toccato livelli record (1.868 miliardi) al 120% del Pil, e che solo una rimodulazione delle aliquote fiscali non è sufficiente ad aumentare la produttività generale del paese.
 
Servono misure urgenti per lo sviluppo, liberali sul fronte dell'economia, per slegarci di tutti i lacci e lacciuoli che ci impediscono di andare avanti.
L'esito però dei referendum, i continui boicottaggi di importanti opere infrastrutturali (Tav, rigassificatori, ecc...) ci ricordano che l'Italia resta fondamentalmente un paese conservatore e statalista.
Basterà per impedirci di crescere?

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