I lucchetti del Pont des Arts: il peso dell’amore eterno

par Serena Ciranna
martedì 10 giugno 2014

I partigiani dei ponti liberati dai “catenacci dell’amore”, nonché i cinici di ogni sorta e, naturalmente, i detrattori di Federico Moccia, potranno dirsi finalmente soddisfatti, e fare questa faccia qui, apprendendo che due giorni fa, in una dolcissima e un po’ afosa domenica di giugno, senza alcun preavviso, una ringhiera della lunghezza di due metri e mezzo di uno dei più bei ponti di Parigi, il Ponts des arts, è crollata a causa del peso dei lucchetti che ormai da tempo migliaia di turisti - e innamorati, forse anche indigeni - agganciano alle griglie delle barriere di questo e altri ponti della Ville.

La polizia è stata dunque costretta a bloccare per qualche ora l’accesso alla passerella e Bruno Julliard, vicesindaco di Parigi, ha dichiarato : “Il crollo di una barriera del Pont des Arts conferma che la nostra volontà di trovare un’alternativa ai catenacci è una vera necessità”.

La cosa in effetti cade - è il caso di dirlo - a fagiolo, visto che in questo modo il dibattito intorno alla faccenda potrà forse raggiungere una svolta risolutiva. La polemica sui lucchetti (i cadenas damour, secondo i francesi) divide in effetti da lungo tempo i cuori degli abitanti delle città turistiche, romantiche e dotate di ponti.

Parigi, Roma e Firenze sono certamente tra i principali bersagli delle coppiette inesorabili che “attaccano” il simbolo della loro unione sulle ringhiere per poi gettare la chiave nel fiume, da tre metri sopra il cielo o poco più (si tratta tra l’altro di altezze ridicole, ammettiamolo, adatte appunto soltanto a essere metafora di effimeri slanci amorosi adolescenziali).

Gli amministratori cercano comunque di mantenersi diplomatici per non inimicarsi turisti e adolescenti (sono pur sempre, questi ultimi, gli elettori di domani), e per garantire l’inalienabile diritto all’amore romantico. I più paranoici probabilmente avanzano già l’ipotesi che la faccenda sia stata montata (o meglio "smontata") ad hoc, per potere mettere rapidamente un veto su questa pratica molesta. Una ragazza commenta ironicamente, sull’account Twitter dello stesso Julliard: “I catenacci sono un peso per la nostra democrazia”.

Al di là dell’intervento politico coercitivo che, qualunque forma edulcorata possa assumere, apparirà in ogni caso troppo severo, austero e insensibile, è sulla dissuasione degli innamorati che si dovrebbe invece puntare.

Bisogna riconoscere che le coppiette non vanno abbastanza a fondo nella logica del pensiero pre-razionale, in quanto: se il catenaccio è il simbolo del loro amore, prova inconfutabile e testimonianza del saldo legame che li unisce, è chiaro che il piccolo - o grande lucchetto - è da considerarsi in tutto e per tutto come oggetto magico. Questo possiede dunque il potere di influenzare col proprio stesso destino quello della coppia a cui corrisponde. Una sua eventuale rottura potrebbe quindi avere delle conseguenze nefaste sui due malaugurati, come, per esempio, la fine ineluttabile della storia d’amore.

Ora, il fatto che le coppie non tengano conto di questo fattore testimonia in modo chiaro della definitiva decadenza del pensiero magico nella società contemporanea occidentale. Un vero mago che voglia compiere l’atto magico-rituale dell’unione per mezzo di un oggetto, non si separerebbe poi così a cuor leggero dal proprio amuleto. Questo potrebbe infatti essere rubato, o peggio ancora diventare mira di atti vandalici, o persino disperdersi nella natura, essere trascinato chissà dove e arrugginire sul fondo del letto di un fiume fino alla fine del mondo. Insomma, è questo che le coppie ambiscono a diventare? Un pezzo di ferro distrutto dal tempo e dimenticato da tutti?

Ecco quindi che una soluzione molto più sensata sarebbe quella di appendere l’amuleto al piede del tavolo da pranzo, alla ringhiera del balcone di casa o a una catenina da tenere al collo, in modo da non perderlo mai di vista.

Ciò andrebbe prima di tutto a salvaguardare il benessere della coppia, a sorvegliarne l’unione indissolubile, a ripararla dalle ruggini e dalle battute sarcastiche di quei passanti che non apprezzano troppo la presenza di migliaia di lucchetti “tenerosi” sui ponti cittadini.

Ammettiamo che talvolta i detestati lucchetti brillano al sole, creando un suggestivo gioco di luci sulle passeggiate nel lungo fiume, ma quando attraversiamo un ponte ricoperto di catenacci, qualcosa improvvisamente, forse un avatar del dio della stupidità, appare nel nostro inconscio costringendoci a voltarci dall’altra parte (solo che ci sono anche dall’altra parte!).

Staremo comunque a vedere se il crollo della ringhiera del Ponts des Arts darà il via a una rimozione in massa dei lucchetti e di conseguenza ad un aumento delle separazioni in tutto il mondo. 

 

Foto di Alessandro Buccheri


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