I giovani esclusi dalla politica. E da Sanremo
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venerdì 4 febbraio 2011
Perché Sanremo è Sanremo. O almeno lo era. Da un po’ di anni a questa parte, il Festival della Canzone Italiana perde consensi e ascolti. I numerosi fiaschi della più importante manifestazione canora rispecchiano il declino verso il quale sta andando il nostro paese. Esagerato? Vedete, il paragone non è fuori luogo.
Sanremo, un tempo, non era una semplice manifestazione canora, ma una tradizione, un momento in cui si era tutti a casa davanti alla tv per ascoltare le nuove canzoni dei grandi interpreti e di chi cercava un trampolino di lancio per il successo. Un’occasione per la quale la famiglia si riuniva e stava insieme. Anche se la concorrenza televisiva non era così spietata quanto lo è oggi, è pur vero che la capacità del programma di attrarre un pubblico indifferenziato era notevole. Le canzoni la facevano da padrone, il palco era scarno, le presentazioni sobrie e asciutte. Insomma, Sanremo funzionava. Era Sanremo.
Oggi non è più così. Il Festival va avanti grazie alla consuetudine propria delle generazioni anziane, o a ridosso dell’anzianità, che si ostinano a guardarlo, le uniche ancora legate all’idea della tradizione, o a ciò che è avanzato di essa. Il Festival va guardato, anche se le canzoni non piacciono.
Questo perché si è esaurita la capacità di attrarre il grande pubblico giovanile, quello di età compresa tra i diciotto e i trent’anni, tralasciando gli adolescenti che guardano il programma solo per seguire il loro artista di riferimento di quel momento, come un Mengoni, uno Scanu o un Carta. Sono proprio questi artisti di mezza tacca a illudere, perché se oggi sono la delizia del programma, grazie al rispettabile bacino di ascolti che offrono e all’ingente quantità di denaro che riescono a far confluire con il televoto, un giorno saranno la croce, perché nessuno se li filerà più, e se ne dovranno trovare altri. D’altro canto, l’insistente e angosciante riproposizione di artisti consunti come Al Bano, la Oxa o gli intramontabili Matia Bazar, di certo non è la soluzione. Il Festival viene sempre più snaturato, secondo la logica della tv commerciale che impone veline anziché conduttrici, presentatori raccattati a seconda della loro transitoria popolarità, ospiti super pagati, lo strumento antidemocratico del televoto, e le varie censure occasionali. I cantanti di una volta non bastano più. Perché sono vecchi. Musicalmente morti.
Se un tempo Sanremo andava di moda, lo si doveva soprattutto ai cantanti. Questi erano figli della loro epoca, che cantavano il loro tempo, esponenti di quelle generazioni che si apprestavano a ricevere il testimone da quelle precedenti, le quali, come Dio vuole, cedevano il passo e si facevano di lato. Oggi non è così. In tutto: nello sport, nel lavoro, nelle università, nelle scuole ma soprattutto in politica. Vedete, non ci si deve ingannare. La Prima Repubblica che ci spacciavano per morta dopo Tangentopoli, non è mai passata a miglior vita. Gli scarti della DC, del PSI, e del PCI ce li abbiamo ancora tra i piedi. I D’Alema, i Violante, i Cicchitto, i Casini, i Berlusconi, i Fini, i Prodi e tanti altri sono tutti lì, a prova del fatto che un vero ricambio, un rinnovo generale non c’è mai stato. E se Pd e Pdl promuovono dei volti nuovi, come un Renzi o una Carfagna, non cascate nel tranello. Sul palco dell'Ariston sarebbero rappresentati dai Tony Maiello o dalle Tatangelo del momento. A voi le considerazioni di merito.
La società è rimasta bloccata, intasata dall’invasiva e sconfinata avidità dei vecchi che non vogliono cedere il posto ai giovani. Il cambio d’aria che tutti auspicano rimane lontano, ne è un esempio l’ostracismo del Pd nei confronti di Vendola. La possibilità di emergere della gioventù, figlia del suo tempo, è profondamente compromessa. Si sta perpetrando l’aborto di un’intera generazione. Si guardi alla Zanicchi che nella sua carriera ha cantato, recitato, presentato programmi, scritto romanzi e adesso è eurodeputata. Prossima tappa, Papa. Ecco, lo sbarramento al ricambio. La gioventù di oggi non potrà parlare ai suoi figli dei suoi meriti e delle sue colpe, semplicemente perché messa alla porta, completamente annullata da una classe dirigente che, sebbene ancora protagonista, non ha più nulla da offrire, del tutto spolpata. Di questo devono prendere coscienza i giovani e anche i più vecchi. Perché non so voi, ma a casa mia, una volta spremuto il limone, non lo si rimette nel frigo. Lo si butta nella spazzatura.
Claudio Paudice