I benefici "netti" dell’Euro
par Angelo Bruscino
mercoledì 8 gennaio 2014
Il 2014 inizia con buone notizie per l’Italia: lo “spead” che ha terrorizzato i nostri sogni per quasi tre anni è finalmente sceso sotto i 200 punti base e, grazie all’avvio dell’Unione Bancaria e a breve del nuovo Parlamento e della nuova Commissione con le prossime elezioni di aprile/giugno, potrebbe inaugurare una nuova stagione, dove le riforme e le politiche necessarie e indispensabili a quei giochi cooperativi tra Governi siano finalmente realizzate e magari ci facciano superare il dibattito sull’austerità (che fa male), per concentrarci davvero sulle opportunità di crescita che rappresenta il mercato unico europeo.
L’Euro, nasce per consentire a tutti i componenti dell’unione di ottenere dei benefici che sono essenzialmente riconducibili alla maggior crescita che deriva dall’integrazione con altre economie; dovrebbe consentire ad ogni paese di spingere nella specializzazione delle proprie virtù (in Italia ad esempio, nell’aggregazione delle realtà che formano le PMI e nelle eccellenze del Made in Italy); nella creazione di economie di scala o di scopo. Chiaramente i predetti benefici “netti” sono realizzabili al meglio quando sia il mercato (ossia la competizione e la concorrenza) che stimola e selezione, sia il welfare (la solidarietà e la coesione sociale), sia la cooperazione delle altre politiche dei Governi nazionali, siano coerenti con un "fil rouge", fino ad oggi spesso assente.
La nascita della moneta unica resta un’incompiuta, i Paesi Europei sono infatti accomunati dall’adozione di un’unica valuta senza aver costituito nel tempo politiche di bilancio comuni; e come la storia e la scienza economica insegnano o procederemo con integrazioni politiche che unifichino l’Europa dei popoli e che non si basino esclusivamente su quella monetaria tenuta dalla BCE o, semplicemente, falliremo.
In questo quadro, quindi, i benefici si cumulano nel tempo, mentre i costi e i rischi maggiori si hanno soprattutto all’inizio, in questo periodo stiamo sopportando criticità causate dalla crisi, da politiche incoerenti di tipo nazionale e qualche volta, come nel caso dell’Italia, da cattivissime amministrazioni che hanno generato debito sociale tra generazioni e materiale, sbilanciando fortemente i costi di uno Stato poco funzionale e poco leale verso i propri cittadini che demagogicamente cerca di scaricare le colpe del nostro sistema nazionale su un’ Europa che può sembrare distante e cattiva, ma che resta ancora oggi l’unico strumento veramente riformatore della nostra società, e questo non dovremmo dimenticarlo. Come dovremmo ricordare che alla richiesta europea di tagliare il nostro debito noi continuiamo a preferire nuove imposizioni e tasse, all’eliminazione dei tanti sprechi (circa 300 miliardi di euro da recenti studi) che certo non mancano; allora non sarebbe più serio, e politicamente utile, se nei prossimi anni riuscissimo, tutti noi, a decidere cosa intendiamo fare assieme all’Europa? Ne condividiamo già la stessa moneta, riusciremo ad averne anche gli evidenti benefici in termini di crescita dell’occupazione e del reddito? E soprattutto di trasparenza e di una società più giusta e coesa?