I barconi di Lampedusa e il Papa

par Giuseppe Casarrubea
lunedì 8 luglio 2013

Oggi il Papa si è recato a Lampedusa per fare ricordare a tutto il mondo la tragedia dell’emarginazione. Dei poveri rispetto ai ricchi, degli ultimi della Terra rispetto ai potenti, delle nazioni devastate dalle dittature, dalle guerre, dalla fame e dalla sete, rispetto ai Paesi opulenti, dotati di cibo in abbondanza, ricchezze di ogni tipo e armi per difendere i loro privilegi e i loro beni.

E lì di fronte all’ultima spiaggia, dove iniziano o muoiono le speranze per un futuro diverso, abbiamo tutti l’opportunità di ricordare, senza tanta retorica, la storia di secoli dell’uomo e delle sue lotte per la sopravvivenza. Dei vecchi e nuovi colonialismi, frutto della nostra cattiva coscienza, della nostra storia di violenze e di negazione del diritto. Come ha dimostrato la storia europea in Eritrea, in Etiopia, in Algeria, in Tunisia, in Libia, e in moltissimi altri Paesi dell’Africa, dove negli ultimi secoli abbiamo portato solo distruzione e morte.

Il viaggio del papa è, perciò, un segnale, un monito. Un grido contro la continua disumanizzazione e contro lo spreco. Di risorse umane, di intelligenze. Al di sopra dei confini della legge. Perché nessuna legge potrà mai negare i diritti universali dell’uomo: alla vita, alla felicità, al benessere.

Immagino che questi concetti elementari ispirano papa Francesco a muovere i suoi passi fino al punto in cui mai nessun papa si era spinto: il lungo confine dell’inferno che separa gli uomini tra di loro. Un limite reale e simbolico al tempo stesso, dove mondi opposti si scontrano con armi impari e senza mediazione alcuna. Come se questo scontro di civiltà, di uomini e culture, riguardi soltanto un limite geografico e non anche la responsabilità dei Paesi più sviluppati dal punto di vista delle risorse economiche e tecnologiche.

Si tratta di un passaggio assai significativo del pontificato di Francesco, in questa sua fase di inizio così fortemente orientata verso gli ultimi e verso un modo nuovo di essere cattolici e cristiani oggi. Perché agostinianamente la fede senza le opere è morta. Nella scelta del papa c’è, dunque, una spinta concreta e realistica. Un appello alla solidarietà e alla reale fratellanza fra gli uomini. E non un semplice attuarsi di regole statuali e amministrative.

Se mi è consentito dire, la sua è una sfida della realtà contro la freddezza delle mere norme, o il trincerarsi dietro gli scenari della finzione. Che è quanto stiamo vedendo in questi giorni di fervido lavoro di addobbo scenografico nelle spiagge e nel paese di Lampedusa. Siamo sempre lì: pur essendo immersi nei problemi che ci travolgono facciamo finta di essere altrove per costruire uno scenario fittizio che ci piace. Quello della cartolina illustrata.


Leggi l'articolo completo e i commenti