I bus atei stoppati a Genova

par Giuseppe S.
lunedì 19 gennaio 2009

Dovevano viaggiare per le strade di Genova dal 4 Febbraio, erano dei bus con un qualcosa di diverso, qualcosa che in Italia non aveva “mai” avuto precedenti. Dei bus con un messaggio proveniente da una associazione atea, che esplicava tutta la linea di pensiero degli atei italiani. L’iniziativa è nata dalla British Humanist Association, ed è poi stata ripresa negli Stati Uniti, in Australia e in Spagna.

In Italia l’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ha colto la palla al balzo e ha deciso di portare l’iniziativa pure in Italia. Non a caso la città scelta per l’evento è stata Genova, sede del cardinale Bagnasco, presidente della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana. L’UAAR ha raccolto i fondi attraverso i suoi membri, senza obbligazioni di nessun tipo, e ha scelto il suo messaggio: “La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno”.

Il messaggio scelto dall’UAAR è stato ideato in Italia: “è un messaggio che vuole invitare a riflettere, con l’aggiunta di un pizzico di fiducia e ottimismo in chiave umanista. Un messaggio che vuole evidenziare la praticabilità di un’etica senza dogmi, in un Paese dove da ogni parte si avverte la pervasività della presenza cattolica”, questo è quanto afferma l’UAAR sulla campagna degli ateobus, come sono stati definiti. Quanto i tg nazionali hanno dato la notizia, si è alzato un polverone tale da inondare il sito dell’UAAR di commenti cattolici e non. Studio Aperto ha addirittura scelto come titolo della notizia “L’ultima Bestemmia” e ha fatto intendere che l’iniziativa era una provocazione contro il cattolicesimo e che si ricollegava in qualche modo alla preghiera dei Palestinesi al Duomo di Milano.

In una Italia dove le notizie sono filtrate, censurate, rimaneggiate, ciò non dovrebbe stupire più di tanto. Ma mi chiedo può una preghiera non cattolica essere una provocazione, se questa avviene in un luogo pubblico? Che dire di tutte le manifestazioni cattoliche che avvengono in luoghi, considerati pubblici, e nessuno ha mai aperto bocca per lamentarsi? Parlo anche per tutte quelle minoranze religiose che devono sopportare il mancato rispetto delle loro libertà. Ma il polverone di intolleranza cattolica per gli ateobus non si è fermato qui. In questi giorni ha raggiunto le vette più alte, tanto che il capogruppo dell’Udc nel Consiglio regionale piemontese, Deodato Scanderebech, minaccia: “Sono pronto a incatenarmi davanti al Duomo di Torino se tale pubblicità offensiva verrà realizzata anche sul territorio piemontese”. Alcuni hanno definito la campagna una “carnevalata”, chi “una grave offesa per i credenti italiani”, altri l’hanno definita “una iniziativa intollerabile”.


Don Livio Fanzaga, voce di Radio Maria, ha addirittura affermato che l’iniziativa è stata commissionata dal Diavolo in persona. Ma il 16 Gennaio arriva la notizia shock: la concessionaria di pubblicità, IGPDecaux, ha comunicato di non accettare la pubblicità degli autobus UAAR, perché ritenuta offensiva dal punto di vista religioso. Adesso considerando i fatti, dove è finita la libertà di espressione? Dove è finito quell’utopistico diritto chiamato libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione? I credenti hanno radio, spazi in talk show, nei tg, pubblicità e molto altro ancora. Il vaticano fa sentire la sua voce ogni giorno, su problemi etici, religiosi, scientifici, ammonendo, invocando l’obiezione di coscienza e portando avanti il suo credo. Se loro hanno libertà di parola, perché quelli che non credono e le minoranze religiose non devono averla? Non siamo forse una stato Laico? Oppure per questo Paese laicità significa “libertà di espressione per chi la pensa come noi”.

La negazione di un pensiero porta necessariamente alla negazione della persona, alla negazione dei diritti inamovibili dell’essere umano, quelli per cui tante figure illustri hanno perso la vita nel tentativo di raggiungerli. E poi, a mio avviso, è logico pensare che una frase atea sia in conflitto con una religiosa, ma allora perché nessuno pensa che gli atei possano venire offesi da una frase religiosa? Quante volte abbiamo sentito uscire affermazioni intolleranti da parte della Chiesa Cattolica? Non è forse lei a definire gli omosessuali una “aberrazione”, l’ateismo una “minaccia per l’umanità”?. Non è forse lei che recentemente ha chiuso ogni possibile dialogo con la Comunità Ebraica? Manca proprio quell’idea di fondo, chiamata par condicio. A mio parere l’iniziativa rappresenta il grido di una comunità, che di fronte alle continue intromissioni religiose, voleva far sentire “per la prima volta” il proprio pensiero, far sentire che l’Italia è Laica, che esiste la tolleranza, il rispetto e la libertà di espressione per chi la pensa diversamente dagli altri, che essi siano cristiani, ebrei, musulmani e non.

È questa la laicità in Italia? Discriminazione, intolleranza e repressione mediatica mescolata al falso perbenismo? Guardiamoci un po’ attorno e apriamo gli occhi, dal 2002 al 2006 da Paese Libero siamo passati a Paese Parzialmente Libero, al 67° posto, secondo l’Osservatorio Mondiale delle Libertà Civili, dopo alcuni stati africani. Spero che questo non sia soltanto la fine di un movimento per le libertà espressive, ma l’inizio di una strenua lotta contro la censura e ogni tentativo di distorsione di quelle libertà che ognuno di noi, in quanto essere umano, deve avere per diritto e non per favore di qualcuno, in uno stato che si definisce civile, perché la tolleranza, il rispetto e la laicità, quella vera, non sono solo idee, ma “possibilità”.
 
Gallo Giuseppe S.

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