HRW: "Agire subito per porre fine alla violenza razzista"

par Ettore Trozzi
mercoledì 23 marzo 2011

Il governo italiano non sta prendendo le giuste misure atte a prevenire e perseguire la violenza razzista e xenofoba, afferma Human Rights Watch in un rapporto pubblicato lunedì.

Il governo italiano non sta prendendo le giuste misure atte a prevenire e perseguire la violenza razzista e xenofoba, afferma Human Rights Watch in un rapporto pubblicato oggi.

E’ passato in sordina, dimenticato dai media nazionali, il lungo lavoro di Judith Sunderland, ricercatrice senior per l’Europa occidentale dell’Ong, che denuncia le mancanze dello Stato italiano nel prendere misure efficaci contro i crimini imputabili a odio discriminatorio. “Gli immigrati, gli italiani di origine straniera e i Rom -si legge nel comunicato dell’organizzazione- sono stati vittime di brutali attacchi occorsi in Italia negli ultimi anni”.

Il rapporto, dal titolo ”L’intolleranza quotidiana: la violenza razzista e xenofoba in Italia“, è frutto di un approfondito lavoro lungo un anno: dal dicembre 2009 sono state raccolte interviste di campo a migranti che avevano vissuto (o assistito) un attacco fisico dovuto in tutto o in parte a sentimenti razzisti e xenofobi. Human Rights Watch ha, inoltre, parlato con 36 fra docenti universitari, avvocati e rappresentanti di ONG e associazioni.

Secondo l’Ong la politica e i media hanno “alimentato una pericolosa intolleranza in un Paese che ha visto un aumento enorme dell’immigrazione negli ultimi 10 anni”.

“Il Governo italiano vuole far credere che la violenza razzista non accada quasi mai”, ha detto Sunderland. “Ma se sei un italiano appartenente a una minoranza etnica o Rom o un migrante, la verità è che essa è fin troppo comune Riconoscere la portata del problema è una condizione necessaria per farvi fronte“.

I Rom, oggi la minoranza più vilipesa in Italia, sono particolarmente a rischio di abusi e maltrattamenti durante gli sfratti dai loro insediamenti e qualora si trovino sotto la custodia di poliziotti o carabinieri” ha evidenziato Human Rights Watch. “Vedendo che gravi accuse di maltrattamenti subiti da parte di personale delle forze dell’ordine non vengono indagate, e che permane una virtuale impunità per le violenze scatenate da folle contro i loro campi, molti Rom hanno poca o punto fiducia nelle istituzioni pubbliche”.

Il rapporto non si limita però ad evidenziare solo i terribili (e frequenti) episodi di discriminazione razziale, ma propone anche una lucida e corretta spiegazione sull’origine di questo male e su come l’Italia dovrebbe affrontare il problema.

Per meglio approfondire i contenuti del rapporto e la posizione di Human Rights Watch ho contattato telefonicamente Judith Sunderland (nella foto), la ricercatrice che ha condotto le indagini e redatto il documento di 81 pagine.

Ettore Trozzi: Nel vostro rapporto avete posto il problema della rilevazione dei crimini imputabili all’odio razziale e alla xenofobia.

Judith Sunderland: Nel rapporto analizziamo da vicino la mancanza di dati esaustivi sul fenomeno della violenza razzista e sui crimini detti di odio discriminatorio (hate crimes in inglese). Quello della rilevazione dei dati è un problema serio poiché senza di essi è difficile riconoscere l’ampiezza del problema. I dati servono sia per comprendere e conoscere meglio il problema sia per perseguire i reati con una matrice di odio razziale. Avendo dati parziali ed esistendo la paura tra le comunità vulnerabili a questo tipo di violenza di andare dalla Polizia, il numero delle denunce e degli episodi risultano bassi. E per questo motivo le autorità sostengono che non esista un problema significativo e di conseguenza non spendono risorse economiche per creare un sistema informatico, nuclei di attenzione nelle procure, e così via.

ET: Quali altri problemi esistono?

JS: La mancanza di formazione per carabinieri, polizia e magistrati. Infatti, se questi soggetti non sono formati ad indagare episodi di dimensione razzista la stessa viene trascurata.

La questione della normativa: l’Italia vige dal 1993 la legge Mancino che crea una circostanza aggravante per razzismo. Questa legge nel 1993 poteva essere avanzata e innovativa anche in Europa, ma noi abbiamo evidenziato che ora non è più all’altezza delle sue ambizioni. Viene applicata in modo molto restrittivo e viene applicata dai PM solo nei casi classici di violenza; come può essere quella da parte di gente di estrema destra e, comunque, quando l’odio razziale è l’unica giustificazione della violenza. Quando la dinamica è più complessa, la dimensione razzista viene ignorata e minimizzata e i PM preferiscono non contestare l’aggravante. Questo ha delle conseguenze per la persona e per i dati statistici che diventano ancora più parziali. Tanti episodi di violenza non vengono registrati anche per la dimensione razzista poiché quest’ultima rimane semplicemente invisibile.

Bisogna dunque riformulare la legge Mancino: adesso [nella legge, nda] si parla di “finalità” [per motivi raziali] ma dovrebbe essere “motivazione” e comprendere i reati in cui l’autore abbia agito in base a delle motivazioni miste (tra cui quella di origine razziale).

In un’ottica di riforma concreta devono essere integrati gli altri motivi causanti i crimini di odio discriminatorio, come l’orientamento sessuale e la disabilità, che adesso non sono inclusi nella legge.

ET: Quello che lei dice è giusto e condivisibile. Ma in Italia le cose non sembrano andare nella direzione da lei prospettata.

JS: Evidentemente abbiamo considerato di fare questo lavoro di ricerca in Italia anche perché crediamo che tutto questo è parte del problema. [riferendosi ad un clima di intolleranza, retorica e propaganda di certi partiti politici, nda]. Abbiamo tanto lavoro da fare, bisogna però essere ottimisti, dobbiamo provare e speriamo di avviare un dialogo con il governo per cercare di far valere i nostri ragionamenti.


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