Günter Grass e Israele

par Fabio Della Pergola
giovedì 5 aprile 2012

La recente “poesia” di Günter Grass contro la cooperazione militare che la Germania sta assicurando allo Stato di Israele ha fatto il suo bravo scalpore, com’era probabilmente nelle intenzioni dello scrittore tedesco.

La condanna alla recente consegna da parte dello Stato alla marina israeliana di sottomarini con capacità di lancio di missili a testata nucleare, a prezzi stracciati si sottolinea, ha evidentemente dato lo spunto per la dichiarazione di Grass. Il vero pericolo – dice – sono le atomiche israeliane, su cui non esiste alcun controllo internazionale, non le ipotetiche armi nucleari iraniane.

 

"Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d´Israele
al quale sono e voglio restare legato.

Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l´ultimo inchiostro:
la potenza nucleare di Israele minaccia


la così fragile pace mondiale?"

La presa di posizione del premio Nobel - che in gioventù si arruolò volontario nelle Waffen-SS - è stata criticata dallo storico Adriano Prosperi sulle pagine di Repubblica: “Insomma, Israele è l'aggressore, l'Iran il popolo minacciato. È un rovesciamento della realtà che è tutto fuorché nuovo: il pericolo ebraico che l'altro ieri fu strombazzato dalla propaganda nazista e poi da quella fascista oggi è diventato il collante propagandistico che tiene insieme le masse del mondo islamico e vi consolida regimi tirannici”.

Ed è stata ritenuta discutibile anche da un giornalista che non ha mai negato le sue simpatie filopalestinesi, Ugo Tramballi, che personalmente ritengo apprezzabile perché non cede mai alla tentazione di scivolare verso critiche becere e ideologicamente precostituite contro Israele.

In questo caso - nel suo blog su Ilsole24ore - dice “La bomba israeliana è puramente difensiva: è l’arma di ultima istanza. Esiste da circa 50 anni e non ha mai provocato una proliferazione nella regione perché gli arabi, pur protestando, ne conoscono il proposito strategico limitato. Chi governa l’Iran ha pubblicamente dichiarato di voler distruggere Israele: non è irrealistico pensare che se riescono a far uscire il genio dalla lampada ne useranno la potenza per colpire l’obiettivo dichiarato. Ed è ancora più probabile che il nucleare servirebbe per imporre il primato iraniano nella regione: la bomba non per ragioni difensive ma per una strategia espansionistica. Gli arabi e la maggioranza sunnita convivono da quasi mezzo secolo con un arsenale israeliano. Scatenerebbero una corsa al nucleare se ce ne fosse uno iraniano”.

Sull’ipotetica - finora mai provata (anche se esistono ambiguità al proposito di cui ho già parlato) - corsa iraniana all’arma nucleare, si parla ormai da tempo e da tempo si teme con comprensibile ansia che Israele agisca di testa sua.

Ma ci si scordano spesso due o tre cose: che l’arsenale israeliano non è mai stato usato, ma ha impedito che in certi frangenti gli attacchi diventassero pericolosi oltre misura: durante la prima guerra del golfo Saddam sparò un bel numero di missili contro Israele, l’unico stato della regione che non aveva mosso un dito contro di lui in quell'occasione, ma nemmeno il dittatore iracheno osò lanciare testate con armi chimiche - che sicuramente aveva - per timore di una rappresaglia nucleare. Deterrenza, insomma.

Così come ci si scorda (o si fa finta di scordarsi) che l’Iran da anni minaccia Israele di distruzione, non viceversa, arrivando a negare l’olocausto per darsi le giustificazioni politiche necessarie a negare allo stato ebraico il diritto di esistere.

Del paese degli ayatollah sappiamo in realtà abbastanza poco, se non che ha subìto l’aggressione irachena costata oltre un milione di morti negli anni ottanta. Ma sappiamo anche che ha letteralmente fatto piazza pulita delle opposizioni interne, prima quelle di tendenza marxista poi quella curda poi, via via, qualsiasi altra fino alle più recenti, drammatiche repressioni di massa delle proteste giovanili ed un uso sconsiderato della pena di morte (oltre 600 esecuzioni nell’ultimo anno).

Senza dimenticare che durante la guerra irachena non esitava a mandare bambini e ragazzini, travestiti da martiri della rivoluzione, a correre sui campi minati per aprirci, saltando in aria in mille pezzi, i varchi necessari alle truppe 'vere'.

Per dire di quanto appaia scarsa la sua considerazione della vita umana, anche della propria gente. E questo non fa ben sperare su eventuali, pericolosissimi, azzardi suicidali in politica estera.

Come ha scritto Tramballi “Netanyahu si serviva dell’Olocausto per ricordare il pericolo del nucleare iraniano. E non bisogna essere ebrei né avere parenti che da Auschwitz non sono tornati, per sospettare che in questo caso non abbia torto come al solito”.

Ho l’impressione che Günter Grass farebbe meglio a riflettere ancora un po’ sulle sue scelte giovanili prima di poetare su questi argomenti.


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