Guerra in Libia: l’Italia riprende in mano la situazione

par dAW
martedì 22 marzo 2011

Meglio tardi che mai. Berlusconi e Frattini rispolverano l’orgoglio nazionale che sembravano aver smarrito, e vanno all’attacco di Sarkozy. Eravamo stati presi in contropiede, ma ora siamo pronti a giocare la nostra partita. Non facciamoci sfuggire l’occasione.

Meglio tardi che mai, si dice in questi casi. L’Italia, seppur con un po’ di ritardo, ha ritrovato quell’orgoglio nazionale che sembrava smarrito ed appiattito sulle logiche di conquista francese. Sembravamo un cagnolino pronto a prendere ordini da Sarkozy e dallo sbiadito Cameron, convitato di pietra al banchetto del Presidente transalpino. Checché ne dicesse Ignazio La Russa, l’Italia era diventata l’affittacamere di lusso dei presunti volenterosi; le sue basi erano a disposizione di danesi, inglesi, norvegesi e belgi.

In cambio, nulla. Esattamente: neppure il Comando operativo a Napoli. Oggi, però, le cose sono un po’ diverse. Improvvisamente, il nostro Governo ha raddrizzato la schiena, e si è accorto che forse un po’ di orgoglio e di dignità, un po’ di amor di Patria andavano recuperati.

E così il Ministro degli Esteri Frattini prima, e Silvio Berlusconi poi, hanno ripreso la situazione in mano, chiedendo a gran voce che il Comando delle operazioni passi al più presto alla Nato. Di più, perché Frattini ha posto un vero e proprio ultimatum: “O le operazioni vengono gestite dall’Alleanza Atlantica, o le nostre basi ce le controlliamo da soli.

Raramente un esponente di primo piano italiano si è mostrato così duro in un summit internazionale. E i primi effetti si sono visti subito. Dalla Camera dei Comuni di Londra, Cameron sosteneva che “la Gran Bretagna vuole passare il comando alla Nato”, mentre il vacanziero Obama affermava che “l’Alleanza Atlantica sarà presto coinvolta”.

L’Italia è stata in qualche modo costretta ad entrare in questa sciagurata guerra. Costretta da una risoluzione Onu e dalla sua vicinanza alle coste libiche. Un’Italia colta in contropiede, convinta con ogni probabilità che la Russia avrebbe posto il veto su ogni documento che prevedesse un attacco su Tripoli. Non è andata così, ed in un paio di giorni ci siamo ritrovati malvolentieri a contribuire ai raid sul serbatoio privilegiato di gas e petrolio per il nostro Paese. Un controsenso, una pazzia. Ma non si poteva fare altro.

Il rischio di veder andare in fumo i nostri affari e le nostre commissioni in Libia era altissimo nel caso di cacciata di Gheddafi da parte del tandem anglo-francese. Non avremmo potuto più mettere becco, non ne avremmo avuto alcun diritto. “Meglio poco che niente”, sussurravano anonimi diplomatici alla Farnesina. Sostanzialmente, una volta sferrato l’attacco, sarebbe stato difficile per noi rimanerne fuori.

E così, dopo i primi giorni di sbandamento, stiamo reimpostando la rotta, facendo capire anche a Sarkozy che l’Italia è uno Stato sovrano e che nessuno, neppure lui, può permettersi di fare il bello ed il cattivo gioco con noi. Siamo ancora in tempo per dire la nostra in questa partita. Non facciamoci sfuggire l’occasione.

 

 

 


 

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