Grillo si gioca l’Europa, l’euro e l’Italia?

par paolo
martedì 22 aprile 2014

Dal 22 al 25 maggio si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. L'occasione è ghiotta soprattutto per chi punta a ribaltare gli attuali equilibri politici in Italia, mentre potrebbe essere un autentico "flop" per la coalizione governativa.

Beppe Grillo sta trascinando il M5S verso quella che lui, con martellante sicumera, ritiene una vittoria sicura. Sentite le sue parole: "Vinciamo noi le europee e poi vado dalla Merkel e la guarderò negli occhi (battuta in finto tedesco, occhiacci e giù risate). Nuove regole o referendum sull'euro". Quindi a ribadire il concetto: "Vinceremo in modo assoluto alle europee...se vinciamo l'Europa ci permetterà di cambiare le regole (riferimento al Fiscal Compact che lui ritiene una imposizione criminale) per poi cambiare l'Italia". Insomma un obiettivo a dir poco ambizioso ma indubbiamente legittimo.

Chiaro che Beppe ed il suo stratega Casaleggio puntino dritti come fusi sull'unico obiettivo propagandisco che potrebbe allargare l'area del consenso al M5S, uscito molto malconcio dalle ultime elezioni amministrative, ovvero la demonizzazione della moneta unica ritenuta, con leggerezza intellettuale degna di miglior causa, la responsabile principale se non l'unica di tutti i nostri guai.

A fargli compagnia in questa campagna anti-euro a livello nazionale soggetti politici come la Lega di Matteo Salvini, Fratelli d'Italia e la destra nazionalista francese di Marine Le Pen. A proposito di argomentazioni anti-euro vengono riproposti in modo ossessivo, specie da Salvini, pareri espressi dai sei (poi divenuti sette) premi Nobel per l'economia: P. Krugman, M.Friedman, J. Stiglitz, A. Sen, J. Mirrless e C. Pissarides, secondo i quali: "L'euro è una patacca". Ora, senza addentrarmi in argomenti di economia che non sono di mia competenza specifica (ci sono ottimi articoli su questo sito), mi permetto un paio di obiezioni di buon senso. Dei sei citati uno, Milton Friedman, è deceduto nel 2006 quindi risulta difficile avere una sua opinione attuale; Krugman è statunitense così come Stiglitz; Sen è indiano ma insegna alla Harvard University, James Mirrless è scozzese, Pissarides è anglo-cipriota. Quindi tutti e sei sono o statunetensi o anglosassoni per nascita e/o cultura. Siccome è del tutto evidente che un euro forte che diventasse moneta rifugio a livello planetario metterebbe in crisi sia il dollaro che la sterlina mi sembra, a spanne, di poter dire che l'opinione di questi super economisti non mi sembra del tutto disinteressata.

Sia come sia, molti economisti nostrani (il leghista Claudio Borghi a parte) sostengono che una uscita unilaterale dell'Italia dall'euro con ritorno alla liretta svalutata ci porterebbe diritti verso una situazione di tipo argentino con una inflazione che si mangerebbe i vantaggi della svalutazione, quasi dimezzamento dei valori patrimoniali e quindi probabile massiccia fuga di capitali all'estero, maggior costo delle importazioni di materie prime (soprattutto energia), gli interessi sul debito pubblico rimarrebbero comunque da pagare in euro e questo farebbe aumentare lo spread ecc...

Ovviamente i fautori del "liberiamoci dal giogo tedesco" puntano su considerazioni del tipo: "Nel 2003-2004 la Germania era in braghe di tela e noi eravamo in piena spinta economica, nel giro di 10 anni la situazione si è capovolta". Come mai? Domanda retorica che implicitamente suggerisce la risposta, ovvero che è stata tutta colpa dell'euro e di quel scellerato rapporto di cambio paritario col marco tedesco che ha fatto perdere di competitività le nostre imprese sui mercati internazionali. Indubbiamente è vero, manca però un minimo di autocritica visto che mentre i tedeschi facevano le cose sul serio da bravi teutonici noi eravamo alle prese con il bunga bunga e le prodezze dei Bossi.

Contro domanda: che sarebbe successo se la durissima crisi finanziaria che ci colpisce da sei anni ci avesse beccato fuori dall'ombrello protettivo dell'euro? Stampare lirette può servire una tantum per immettere liquidità sul mercato ma poi l'inflazione e gli interessi bancari sarebbero schizzati alle stelle, così come il debito pubblico e la conseguente perdita di credibilità avrebbe svuotato i nostri titoli sui mercati internazionali.

Insomma, argomenti pro e contro ci sono indubbiamente e ognuno può tirare la coperta dalla sua parte, ma una cosa è certa: chi ha da perdere non vuole rischiare per andare a vedere il gioco, mentre per chi non ha nulla da perdere è un'opportunità da tentare.

Ecco è proprio su questa ultima considerazione che Beppe Grillo e Matteo Salvini puntano le loro chance di vittoria, nelle rispettive proporzioni. Grillo per diventare prima forza, la Lega per recuperare un minimo di credibilità. Secondo gli ultimi dati il M5S, dato in ascesa verso il 25%, avrebbe già distanziato Forza Italia che precipita al di sotto del 20%, vincendo la lotta per la seconda posizione dietro il PD di Matteo Renzi valutato attorno al 35%. PD che però, secondo tradizione consolidata, riesce sempre a far peggio nei seggi rispetto ai sondaggi. Quindi, puntando sulla massa di cittadini in difficoltà, delusi, sfigati e incacchiati a vario titolo e ragione, soprattutto concentrati in quell'area giovanile e meridionale che sta pagando il prezzo più saltato della crisi, puntare sulla demonizzazione dell'euro come fonte dei loro mali può risultare indubbiamente vincente.

E allora infrangendo l'ordine messianico di non mischiarsi nei talk show televisivi, strumenti diabolici del losco potere politico e lobbistico, Beppe Grillo in Casaleggio ha ordinato di andare a portare il verbo ovunque ci sia l'opportunità. Lasciati liberi di destreggiarsi, sempre tuttavia entro canoni predefiniti, i grillini stanno mettendo in mostra peculiarità sorprendenti e alquanto variegate: per esempio ho molto apprezzato Giulia Sarti (M5S da Santoro) per la assoluta padronanza degli argomenti trattati che, seppur con amabile sorriso, stritola chiunque tenta di prenderla in castagna; trovo invece oltremodo indisponente il pur compito Luigi Di Maio, vice presidente della Camera dei Deputati, che con il solito sorrisetto beffardo stampato in faccia nella trasmissione "Bersaglio Mobile" di Mentana, avendo come interlocutore (facile in appartenenza) Paolo Romani di Forza Italia, ha ripetuto in maniera meccanica i soliti slogan e le parole d'ordine del M5S su euro, Tav, F35 e via dicendo. Alla fine ha fatto fare una insperata bella figura al senatore berluschino, il che è tutto dire. Insomma Di Maio mi sembra la versione maschile, solo apparentemente più garbata,della senatrice Paola Taverna (M5S) che appena apre bocca ti proietta sul telecomando.

Quindi due volti diversi, con strategie mediatiche diverse, possono agire a tutto campo in questa campagna elettorale che, se ben condotta e senza gli eccessi di Beppe, potrebbe indubbiamente dare al M5S quella spinta insperata per giocarsela alla pari con il partito di Renzi.

Tra un mese vedremo come andrà ma visitando il sito del Parlamento europeo balza agli occhi un video incentrato su un messaggio di tipo quasi subliminale (agire - reagire - decidere): video dal titolo "Questa volta è diverso" che attribuisce un motto a ciascuna attività umana passata, presente e futura, in un'ottica positiva di scelta dell'ideale europeo.

Sarà veramente diverso questa volta?

 


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