Grillo e il Movimento 5 Stelle: ostacoli e fatica della democrazia

par Leonardo Maccari
mercoledì 21 marzo 2012

La rete ci ha dato una concreta illusione, quella di pensare che il solo fatto di avere finalmente distribuito il megafono fosse garanzia di più democrazia e libertà per tutti. Un’illusione perché, nella pratica, i rapporti di forza nella società non si sono spostati ma concreta perché tutti sperimentiamo ogni giorno la libertà di poter dire la nostra nel modo che più ci piace, e ogni volta rinnoviamo la speranza che questo basti per cambiare le cose. Eppure le cose non cambiano.

La rete riduce l’asimmetria informativa, lo sappiamo e gliene rendiamo grazia. Ma questo significa che veramente partecipiamo di più, siamo più attivi, contribuiamo alla vita sociale più di prima?

Prendo spunto da due temi di questi giorni. Il primo riguarda LulzSec e Anonymous e ci dice che alle volte, dietro l’anonimato (che sulla rete assumiamo spesso come valore positivo in assoluto) si cela la debolezza. Un sistema distribuito, in cui per definizione non esiste nessuno che possa garantire per tutti, si basa sulla reputazione. Questo funziona bene per Wikipedia, per Slash, anche per le comunità di sviluppo in cui i più bravi emergono con il tempo.

Funziona bene in tutte quelle situazioni in cui, alla fine, tutti collaborano. Ma se c’è un avversario ecco che le cose si fanno complicate perché costruirsi una reputazione in un sistema distribuito se hai tempo e mezzi non è certo impossibile. Alla fine a pensarci bene è da sempre che vediamo film in cui il poliziotto, la spia o il cattivo si infiltra e fa saltare la polveriera. Dopo tutti i sogni tecnologici che i giornali si sono fatti sugli inafferrabili hacker anonimi e gli incredibili strumenti a loro disposizione, questi si fanno fregare dalla talpa.

Le relazioni di fiducia in un qualsiasi gruppo di persone che collabora in un’impresa sono importanti, fuori dalla rete la fiducia viene dal vissuto comune, dal ruolo sociale, dalla parentela. Dentro la rete ci dobbiamo accontentare di email, post su forum, commenti sul blog, like su Facebook, followers ecc. Tutta roba che persone motivate riescono a falsificare facilmente, figurarsi industrie o governi. Quindi, anche se viene spontaneo immedesimarsi in un piccolo gruppo contro i grandi poteri (we are anonymous ci dicono diverse voci) dobbiamo anche vedere il limite di quell’intelligenza collettiva che spesso si cita. Forse sarebbe meglio chiamarla energia, incoscienza o forza collettiva, ma perché ci sia intelligenza bisogna almeno decidere chi siamo e come fare ad andare d’accordo.

E proprio su questo punto si allaccia il secondo tema. Uno dei movimenti che ha guadagnato tanta visibilità negli ultimi mesi è il Movimento 5 Stelle che secondo tutti i sondaggi oggi prenderebbe abbastanza voti per entrare in parlamento, in costante ascesa. Pur essendo iscritto ad un partito ho sempre provato simpatia per questo movimento, non certo per il Beppe Grillo politico, ma per tutte quelle persone, per lo più giovani, che hanno cominciato a lavorare utilizzando la rete come volano per raccogliere firme, organizzare campagne elettorali e riuscire ad ottenere dei risultati.

Mi sono sempre chiesto cosa farà il movimento da grande, ovvero quando dovrà trasformare un voto di protesta in un voto di fiducia, nel vero senso della parola. Mi sono sempre chiesto che cosa farà il M5S quando dal suo comportamento dipenderà la caduta di un governo o la vittoria di una coalizione, insomma, quando ci sarà da fare compromessi. In quei momenti serve un movimento coeso che attraverso regole condivise è capace di sostenere decisioni difficili che ricadranno sulla pelle delle persone. Qualcosa di in più di un insieme di liste accomunate da un simbolo e dal blog di Beppe Grillo.

Se un movimento riesce ad evolversi e costruire una mediazione al suo interno passando attraverso la rete e contemporaneamente riesce a influire sulla società senza chiudersi in sé stesso, ecco questa è una vera intelligenza collettiva. Sicuramente, il M5S che i sondaggi danno tra il 4% ed il 5% è un buon candidato per riuscirci. A quanto pare anche alcuni degli aderenti al movimento si chiedono come fare ed in 150 hanno organizzato un incontro che aveva come tema lo sviluppo del movimento.

A giudicare dal programma i punti in discussione erano molto seri, ne riporto alcuni:

Nessuna novità: la leadership, il simbolo, la selezione dei candidati sono tutte cose su cui i partiti si interrogano, si dividono e si riformano da sempre. Anzi è fondamentale che se ne discuta per tempo quando un movimento (o volendo un partito) comincia a crescere: chi ne fa parte si deve chiedere chi siamo e come si fa ad andare d’accordo, altrimenti si arriva alle elezioni senza avere le idee chiare e si viene schiacciati dalla fretta.

Eppure la cosa non è piaciuta al Beppe proprietario del logo, che con un post piuttosto breve ha deciso che gli organizzatori del convegno non avrebbero più fatto parte del Movimento a 5 Stelle per incompatibilità verso il “non statuto”, senza appello. Insomma, è vero che i partiti sono agonizzanti, ma persino Berlusconi prima di decretare la cacciata del suo ex-alleato Fini ha almeno riunito l’ufficio di presidenza del partito per votare. Grillo invece essendo titolare del logo può decidere di estromettere persone che a suo insindacabile giudizio non rappresentano il M5S.

Mi fermo, a parte osservare quanto è successo non voglio giudicare quello che accade in un movimento che non frequento. Questo esempio mi serviva, come il primo, per dire che nonostante un’impressione generalizzata che la rete possa cambiare tutto per il solo fatto di esistere, in realtà avere il megafono in mano non cambia né i rapporti di forza, né garantisce di poter partecipare democraticamente alla costruzione della società. Ci dà a volte questa illusione per il fatto di poter dire facilmente quello che pensiamo, ma la democrazia è per definizione faticosa e pretende degli sforzi che vanno oltre le cose facili. Questo lo dobbiamo tenere sempre in mente.


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