Grillo e i Cinque Fasci

par Fabio Della Pergola
giovedì 19 giugno 2014

“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” è un vecchio adagio che potrebbe essere anche ribaltato in “dimmi chi sei e ti dirò con chi andrai”.

Che è esattamente quello che avevo immaginato scrivendo a più riprese che Beppe Grillo ha un’anima nera. Non perché urla, strepita e offende chiunque non si sia adeguatamente dichiarato entusiasta di lui e della sua ideologia (salvo poi lagnarsi come una mammoletta se i giornalisti cattivi lo criticano). E nemmeno perché ha a più riprese detto (e dimostrato nei fatti) di essere profondamente antidemocratico. E se lo dice lui, di se stesso, chi siamo noi per metterlo in discussione?

Il suo cuore nero lo ha rivelato in una vecchia intervista a Beppe Severgnini di cui ho già parlato più volte perché è molto significativa; pacatamente e bellamente confessò di “avere l’ottimismo della catastrofe”. Frase che gli ingenui (o poco intelligenti o parecchio furbetti) fra i suoi sostenitori hanno interpretato come una espressione di vitalità e capacità di resistere alle difficoltà, ma che è evidentemente una interpretazione non corrispondente al pensiero del Caro Leader.

Se fosse stata indice di vitalità e di capacità di resistere alle difficoltà di una situazione catastrofica si sarebbe espressa con un “ottimismo NELLA catastrofe”; ma il nostro disse proprio “ottimismo DELLA catastrofe” che indica la mentalità futurista di voler provocare un collasso distruttivo dell’esistente per poi ricostruire daccapo. Secondo i propri voleri.

È indiscutibilmente logica distruttiva, non trasformativa. Quindi sostanzialmente, intimamente, platealmente “fascista”. Dove le virgolette non indicano un qualche dubbio sulla mentalità del nostro, quanto la necessità di non appiattire la storia attuale sulla storia passata - la storia non si ripete, si dice, se non come farsa - ma mettendone in chiaro l’imprinting del primo fascismo (tanto apprezzato un anno fa, non a caso, dalla petulante Lombardi, quella dello stucchevole refrain sulla rendicontazione degli scontrini del bar).

Chiarito perché ritengo Beppe Grillo un uomo dal “cuore nero” (e altrettanto vale per il suo socio politico, entusiasta ammiratore di Gengis Khan, uno dei più sanguinari leader politici della storia) sarà chiaro anche perché non si poteva immaginare altro approdo europeo che quello dell’EFD, voluto dal Duopolio alla guida del Movimento e prontamente consolidato dalla consultazione di base; o almeno così è stato detto dal Duopolio al comando, ma di verifiche manco l’ombra.

EFD che non solo annovera un gruppo maggioritario dell’UKIP, il movimento xenofobo inglese di Nigel Farage, ma anche marginali, benché indispensabili alla vita stessa del “gruppo” (se non ci sono almeno sette rappresentanze nazionali il gruppo non può sussistere), presenze dell’estrema destra europea.

Come titola oggi il Fatto Quotidiano (che è stato così spesso e apertamente grillesco da non poter essere considerato un oppositore degno di gogna mediatica) “Grillo e Farage fanno il gruppo ma grazie a 5 estremisti di destra”.

Dall'aggregazione con un partito moderato di destra alla sopravvivenza politica grazie all'estremismo di destra. Bel progresso.

Da Cinquestelle a cinque fasci i giochi di parole si sprecherebbero se si volesse fare della facile ironia. Invece non c’è da ridere per niente. Un patrimonio di voti e di combattività, con parole d’ordine egualitariste tipiche della sinistra, portato in dote alla destra europea non fa ridere per niente.

Ma era facile chiedere a Grillo “dimmi che pensi" per concludere "e ti dirò di che destra sei”. Prevedibile.


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