Grillo e Hitler: il vero problema è ciò che la gente vuol sentirsi dire

par Emilia Urso Anfuso
mercoledì 6 marzo 2013

In queste ore il web si riaccende e la polemica dell’ultima ora è quella che vede Grillo accomunato ad Hitler per quei discorsi fatti nel 1932 dal dittatore tedesco in odore di elezioni presidenziali.

In effetti, vi sono delle similitudini fra i discorsi del Fuhrer e quelli di Grillo, così come in molti trovano molte similitudini fra le metodiche di comunicazione di Mussolini e quelle di Silvio Berlusconi. Nel secondo caso anzi, vi sono anche molte similitudini per ciò che riguarda la storia politica dei due protagonisti: se vi leggeste l’ascesa politica di Mussolini trovereste davvero molte cose che appaiono del tutto simili.

A mio parere, la querelle non dovrebbe essere portata ad evidenziare le similitudini nei discorsi fatti all’epoca e ai giorni nostri, quanto invece studiare e riflettere su cosa la gente, la popolazione sia all’epoca che ai giorni nostri necessita sentirsi dire.

Nella Germania del 1932, la condizione sociale era molto simile all’attuale condizione sociale in paesi europei come l’Italia. Debito pubblico a livelli altissimi, disoccupazione alle stelle, una popolazione alla disperazione anche “grazie” alla dissennata amministrazione tedesca che aveva prodotto molta della crisi socio-economica del tempo.

Per ovvie ragioni quindi, l’unica strategia possibile per accaparrarsi una buona fetta di elettorato, non poteva che essere quella di far credere agli elettori che, scegliendo il “diverso” il “nuovo” l’”opposto” ai vecchi concetti di partito e di politica, si faceva l’unica scelta ragionevole nell’ambito di una necessità fremente di cambiamento.

È normale che, se ad una popolazione spinta alla disperazione si propone una persona che trascende qualsiasi logica relativa ed aderente ciò che ha prodotto disperazione, la gente di qualsiasi paese, volgerà la propria attenzione verso quella persona, ritenendola l’unica valida alternativa al vecchio e quindi alla distruzione.

Ieri come oggi, la gente ha necessità di leader che si presentino in maniera del tutto opposta a ciò che coerentemente ed in maniera condivisibile, possa portare all’idea del vecchio sistema politico che tutto ha rovinato rovinando la popolazione.

Grillo ha “copiato” i discorsi di Hitler? Peggio: li ha fatti suoi? È questo che si teme?

Non è questo il punto a mio parere. Il punto è, realisticamente, che oggi come 80 anni fa, la popolazione è pronta a seguire chiunque parli e si proponga diversamente da come hanno parlato e si sono proposti personaggi che, nella migliore delle ipotesi, hanno speso milioni di denaro pubblico per scopi personali.

Altro problema su cui riflettere: pur trovandoci in un periodo socioeconomico simile per molti aspetti ad altri periodi di crisi socio economica, ciò che non cambia è anche la modalità attraverso la quale le popolazioni – pur trovandosi in netto contrasto ed in totale disaccordo con la classe politica – sentano comunque l’assoluta necessità di esser condotti da un qualche condottiero, senza il quale sentono di non sapere come affrontare la quotidianità né tantomeno il futuro.

Eppure, è questo il vero problema e non tanto le metodiche comunicative o i discorsi da palco elettorale o palcoscenico in teatro: finché le popolazioni non troveranno in se stesse la capacità di sapere cosa si vuole e come lo si vuole, non si potrà che subire in qualche modo il leader di turno. Che pur uscendo dal coro fa in ogni caso parte del coro di cui sembra essere in contrasto.

La gente deve crescere e non aver paura di crescere. Le persone devono finalmente affrancarsi dalla dipendenza del potere che conduce le masse. Contrariamente, ci sarà sempre un leader, un guru, un “capo” che per ragioni proprie e convenienze personali, detterà alle cittadinanze regole e paletti, anche quando ci sembra che si parli di assoluta “Libertà”.

Bisognerebbe quindi prima imparare ad essere consci della propria forza e capacità di esistere al di là dei condottieri e poi – semmai – scegliere il condottiero, che più che “comandare” (lo dice la parola stessa) dovrebbe condurre le popolazioni a concretizzare le soluzioni migliori per giungere all’ormai idealistico ed idealizzato Bene Comune.

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