Grillo chiede il dialogo con Renzi (!?)

par paolo
martedì 17 giugno 2014

Da Grillo parte la richiesta di un incontro con Renzi per trattare sulla riforma elettorale. Matteo acconsente ma impone lo "streaming" televisivo. È un film alla rovescia?

Sarebbe oltremodo facile fare dell'ironia perché la vicenda ha veramente del grottesco, soprattutto se si considera che la metamorfosi avviene in direzione della normalità nel dialogo politico.

Vediamone i passaggi: il duro, l'intollerante e sarcastico detentore esclusivo della "purezza" chiede, cappello in mano, un incontro con l'appestato Matteo Renzi per trovare una intesa sulla riforma elettorale. Matteo Renzi acconsente, precisando che non accetterà "scherzi" e a patto che l'incontro avvenga in diretta streaming.

Abbiamo ancora negli occhi l'incontro con Renzi, appena eletto premier, che ci fece assistere a dieci minuti di monologo di un Grillo rampante che offese Matteo a tutto tondo. Era un incontro chiesto da Renzi al quale Grillo non aveva potuto sottrarsi per non urtare la volontà della rete. Ci andò riluttante e si vendicò con lo sberleffo, confezionato più freddo e crudele di quello che aveva riservato a Pierluigi Bersani.

Adesso il copione si è rovesciato e forse l'incontro si consumerà verso la fine della settimana. La motivazione che ha indotto Grillo in Casaleggio a questo repentino cambio di strategia è la constatazione che "Renzie" (definito "ragazzo autistico" o "bamboccione") non è un provvisorio come il ponte dal dentista prima dell'impianto definitivo, ma è colui che ha raccolto quel 41% dei voti alle Europee che lo proietta ad un percorso di governo fino al 2018. Preso atto che l'"ebetino" (altro epiteto) di Firenze lo aveva bellamente asfaltato e tirava dritto lungo la sua strada, il buon Beppe in Gianroberto ha avuto questa brillante intuizione: "Sarà mica che questa strategia di isolamento non solo non paga ma rischia di fregarci?".

E allora via, senza attendere l'avvallo della rete ma si sussurra con una richiesta pressante di Di Maio a Grillo in Casaleggio, parte dall'uno che vale per tutti l'apertura alla nuova strategia: avanti tutta con il dialogo. Sentite che perle di saggezza, Grillo: "Noi facciamo sul serio e non poniamo condizioni preliminari (ma no!)", Di Maio: "Prima credevamo (solo voi!) di poter far cadere il governo Renzi... adesso che dopo le Europee si profila una legislatura lunga, la scelta del dialogo sulle riforme serve per farci uscire dal limbo".

Insomma, dopo l'apertura ai repellenti giornalisti di regime e ai talkshow che potevano insozzare l'immagine di purezza del M5S, cade anche l'ultimo mantra, quel "O NOI O LORO", che ci ha rintronato le orecchie. Quindi il M5S andrà al tavolo del confronto, portando la sua proposta di riforma elettorale dal nome, tra il serio ed il faceto, di "Democratellum". Una sorta di proporzionale con soglia del 40% per avere un premio di maggioranza al 51%. Ne sapremo di più dopo l'incontro.

A questi punti, preso atto che la lungimirante intelligenza delle menti pensanti del M5S fa quello che auspicavo e prevedevo da tempo (mi si consenta l'immodestia), di fatto verrà stravolto tutto l'attuale scenario politico, rimettendo in gioco tutta la teoria di maggioranze finora dipanata. Allora la domanda aurea è: perché?

Ci sono due possibili spiegazioni:

La prima è che effettivamente nel M5S è avvenuta la presa di coscienza che, perdurando su una via di solo pura protesta nichilistica, la situazione sarebbe andata via via sempre di più deteriorandosi, mandando a ramengo quel patrimonio di consensi raccolto alle politiche e tenuto congelato per oltre un anno. Ho personalmente due riserve su questa possibile spiegazione. Una è che non reputo il duo Grillo - Casaleggio capace di questa sana autocritica, l'altra è che la svolta si è manifestata in modo troppo repentino, quasi che bruciasse l'erba sotto i piedi. Paura che Renzi combini qualcosa di buono, proponendo i temi cari al M5S?

La seconda è che si tratti di uno bieco stratagemma per mettere una zeppa sul percorso delle riforme, rimescolando le carte dell'intesa Renzi - Berlusconi. Insomma un tentativo per far saltare il banco.

In ogni caso, qualora questa nuova linea strategica del M5S si concretizzasse, di sicuro niente sarà più come prima. Per il buon Alfano con seguito di sparuta truppa di diversamente berlusconiani del NCD e per i berlusconiani "doc" di Forza Italia, sicuramente potranno cominciare tempi duri.

La sintesi di Massimo Cacciari, che stigmatizza l'assoluto stato confusionale di questo Paese, sempre sull'orlo di una crisi di nervi, si concretizza in una domanda che ha qualche fondamento di ragione: 

"È accettabile che un partito che fa parte del PSE in Europa, che è sostenitore dell'euro e delle politiche europee, pur con i distinguo che sappiamo, trovi delle intese con un M5S alleato dell'UKIP di Farage, che è un partito xenofobo e razzista che sostiene l'uscita dall'Europa e dall'euro?

Io, pur condividendo le perplessità di Cacciari, credo che la risposta possa essere positiva soltanto se l'intesa si limita a pochi punti, ovvero a intese sulle riforme che riformano la struttura dello Stato. D'altra parte averlo già fatto con Berlusconi preclude qualsiasi obiezione di opportunità e poi darebbe corpo a quello che Renzi ha sempre sostenuto, ovvero che sulle riforme ci si confronta con tutti. Un salto ulteriore, ovvero un'alleanza più estesa tra PD e M5S, imporrebbe invece un chiarimento preliminare sulle posizioni in ambito UE.

Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi.

 


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