Grillo Parlante

par Federica Piacentini
lunedì 11 marzo 2013

Ho sempre amato la favola di Pinocchio. Il Grillo parlante mi era molto simpatico, pensavo dicesse cose giuste, importanti. Speravo in fondo di averlo anch’io quel grillo che accompagnava Pinocchio nelle sue avventure, che avrebbe potuto evitargli le orecchie d’asino, il ventre della balena e Mangiafuoco. Il Grillo con il cilindro, angustiato dalle mosse sprovvedute dell’incauto Pinocchio, si dibatteva, si affliggeva, si affannava; quasi me la prendevo con Pinocchio, continuando a chiedermi perché mai non lo ascoltasse. Quello stecchino verde non è altro che la nostra coscienza, direte voi, e ne sono convinta anch’io. «Fai la cosa giusta», sembra dire.

E sono convinta persino che quel grillo sia la radice del buono che esiste in ciascuno di noi. Come una radice di zenzero: buccia lercia, porosa e inelegante fuori. Fibra profumata, dorata, speziata, birichina e divertente, dentro. Tutto sta a tirar via la buccia, a non buttar via l’inanimato bitorzoluto, che somiglia talvolta a una mano, altre a un paio di gambe, altre ancora a un ramo, finanche al corallo più pregiato dei mari del sud. Attenzione però, che ognuno ascolti il proprio grillo, giacché il Signore sembra avercene concesso uno ciascuno.

La Storia è disseminata di grandi errori, tramutati negli orrori da tutti noi conosciuti, che sia per studio o per vita vissuta. Errori scaturiti dalle ideologie, dal disfacimento delle stesse, dalla prostituzione di principi che avrebbero dovuto costruire nei decenni la società sperata.

Le grandi dottrine invece hanno afferrato dei concetti universali e li hanno marchiati secondo i propri interessi: li hanno stuprati, dissipando tutta la bellezza in essi contenuta. Ho sempre ritenuto che una società giusta si costruisse attraverso la legalità; attraverso l’onestà; attraverso l’amore per il prossimo; attraverso la speranza e l’ottimismo; attraverso il rispetto dei diritti umani; attraverso l’uguaglianza; attraverso l’interesse comune e non di uno; attraverso la possibilità di diventare ciò che le nostre aspirazioni reclamano, nonostante il luogo e la famiglia da cui proveniamo; attraverso una bandiera e l’orgoglio di appartenere a un Paese; attraverso il rispetto per il Mondo in cui viviamo; attraverso la cittadinanza data a tutti coloro che scelgono un Paese per il proprio futuro; attraverso il diritto di vivere la vita che si vuole; attraverso le passioni e l’entusiasmo; attraverso la libertà d’amare chi si vuole; attraverso la tolleranza; attraverso le leggi da rispettare (la legge è uguale per tutti); attraverso la Scienza e la Ricerca; attraverso la conoscenza di culture diverse dalla mia; attraverso la cultura.

Pensate forse che questa lunga lista, nient’affatto conclusa, appartenga al saluto romano della destra o al pugno chiuso della sinistra? Pensate che il fascismo, il comunismo, il socialismo abbiano mantenuto, rispettato tutti questi principi costruendo la società perfetta che in essi è contenuta, ovvero una potenziale società di pace? Questi principi sono dell’Uomo, sono di tutti noi, fanno parte del nostro DNA. Sono il nostro patrimonio più grande. Non facciamoceli portar via da coloro che dicono di rappresentarci, unti e bisunti dell’olio bieco del potere.

Tuttavia, continuo a essere affezionata alle ideologie. Le osservo con tenerezza, come farei con il nonno stanco, solo in parte soddisfatto, raccontato dal volto, dalla guerra combattuta, dalla speranza dei nipoti. Come a dire: «Avete fatto abbastanza, tutto quel che potevate. Ora riposatevi, godetevi quel che resta. A questo mondo cercheremo di badare noi.»

Ecco, a questo mondo cercheremo di badare noi. Ma quel che mi spaventa, ora che il vuoto politico strangola le nostre esistenze, è il vuoto ideologico che semina ignoranza, violenza, intolleranza, rabbia. Quelle ideologie, che hanno miseramente fallito e illuso, hanno almeno tentato di arginare povertà, distruzione, corruzione, guerre. E non parlo di uomini, badate bene: cito le ideologie, per quale che sia il mio orientamento politico. 

Governare senza un’ideologia, senza un grillo che con sguardo accorato ci dica che dar da bere agli assetati e da mangiare agli affamati sia giusto, genera dittature, obbrobri di società da cui nasceranno individui malati. Governare senza conoscere la Storia, senza Cultura, senza Scienza e Ricerca, significa restare inermi di fronte alle brutture del mondo, significa bruciare i sogni dei bambini.

Significa dimenticare la Siria e concentrarsi sul proprio letale egoismo, che consuma noi stessi, un Paese intero, le sue generazioni, i suoi figli. Mai come d’ora la parola che dobbiamo adottare è “solidarietà”: calda, coraggiosa, tonda come un ventre, femminile, tra le più belle che il nostro vocabolario possiede.



Ci dice che bisogna esser pronti a collaborare, ad assisterci l’un l’altro, a fare di quel po’ che possediamo la speranza per chi nulla possiede, donare e darsi pur non avendo. Condividiamo, anche se non abbiamo null’altro che un sorriso. Quel sorriso può sciogliere una disperazione e gettare acqua sul seme sofferente della speranza. 

Nessun politico, politicante o soggetto pressoché simile ha inserito nel proprio programma la Cultura, eccetto talune forze politiche soffocate da giochi fintamente democratici. Con i tempi che corrono, ora bisogna badare ai soldi, diamine, ai soldi. E Cultura, libri, Musica, Arte, musei mica mettono il pane sulla tavola. L’assenza di Cultura toglie ossigeno alle menti. Avremo pance gonfie di cultura tra qualche tempo.

In questi giorni, cercavo una chiave di lettura del Movimento di Beppe Grillo. Tentavo di uscire dal buio intellettuale in cui mi ero cacciata. Ermanno Olmi mi ha illuminato e di questo lo ringrazio. Quella nostalgia ideologica di cui ero vittima mi ha abbandonato. La sua acutezza intellettuale mi ha spalancato le porte alla comprensione del tempo attuale in cui “uno vale uno”.

Uno vale uno nella misura in cui ciascuno impara ad amare e rispettare se stesso, ad ascoltare il proprio spirito, afferrare con coraggio le proprie inclinazioni e aprirsi al mondo come fiore fresco profumato. Uno vale uno nella misura in cui ciascuno ascolti la propria coscienza senza essere incitato da alcuno. «Ama il prossimo tuo come te stesso è il comandamento non scritto», dice Olmi. Ed è fondamentale.

Amare gli altri come noi stessi, dare loro tutto l’amore che versiamo nel fiume di ciò che siamo. Come possiamo amare l’umanità se non impariamo ad amare noi stessi? Come possiamo rispettare le donne, i bambini, gli anziani, se non portiamo sacro rispetto verso ciò che siamo, verso anime, corpi e spiriti, accordati all’unisono perché in noi splenda il fuoco della vita?

In una società in cui uno vale uno secondo la lettura data da Olmi persino il trono vacante di Pietro non lascerà dietro di sé un vuoto spirituale. Una società in cui uno vale uno un uomo non morirà ai bordi delle vie nell’indifferenza dei passanti, i bambini non verranno gettati nei cassonetti, non bruceranno ettari ed ettari di boschi, e l’Amazzonia forse sarà salva.

Sono un’inguaribile, una razza in via d’estinzione, una che crede che nuove ideologie possano nascere, e persino migliori. Una che abbraccia bambini e ideali con la stessa delicatezza. Come oggetti fragili da maneggiare con cura.

 


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