Grecia: risparmiatori bidonati. “Compiacimento” dell’Unione europea per il “successo dell’operazione"

par Sàntolo Cannavale
mercoledì 14 marzo 2012

Ristrutturazione/cancellazione del debito della Grecia.

Esprimo tutta la mia indignazione per gli sviluppi della vicenda greca. Non ho parole, come risparmiatore e come cittadino-contribuente di un Paese dell’Unione europea, per commentare il decisionismo arrogante e la soluzione improvvida a cui è giunta la Grecia sotto la dettatura degli organismi comunitari e del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

L'Unione europea ha assistito per lunghi mesi, impassibile, allo sfaldamento di quel Paese. La stessa “Unione” che oggi si compiace perché la Grecia è riuscita ad espropriare migliaia di risparmiatori con il solo torto di essersi fidati di uno Stato che utilizza l’euro per l’emissione delle proprie obbligazioni.

Unione europea che non ha avuto la capacità e la voglia di assistere a tempo debito, e con risorse all’epoca più contenute, una nazione del proprio ambito, la Grecia, con appena il tre per cento di popolazione e PIL comunitario.
Con queste premesse, a quali Stati dell’Unione europea i risparmiatori dovrebbero affidare in prospettiva i risparmi (momentaneamente) salvati?
Dopo l'esperienza incancellabile di questi giorni, che senso ha un’Unione di Stati che pare interessata esclusivamente a soddisfare le esigenze interne di una burocrazia pletorica, costosa ed autoreferenziale?

I possessori di titoli della Grecia pagano due volte per la gestione sconsiderata e poco lungimirante della relativa crisi finanziaria: 1) come risparmiatori che sopportano in prima persona l’abbattimento autoritario ed unilaterale del proprio credito; 2) come cittadini-contribuenti che, attraverso le maggiori imposte versate al proprio Stato di appartenenza, concorrono a mettere insieme gli aiuti comunitari (da ultimo 130 miliardi di euro) da erogare alla stessa Grecia per il superamento di una crisi nazionale resa pressoché irreversibile.


Mi chiedo se siano giuridicamente accettabili e sostenibili le decisioni della Grecia di abbattere unilateralmente il valore facciale delle proprie obbligazioni o titoli di Stato. Ed in particolare mi chiedo se l’arbitraria, drastica riduzione di valore dei titoli, pari a circa il 75%, possa essere imposta ai risparmiatori internazionali (molti italiani) che non hanno aderito alla proposta di “ristrutturazione/cancellazione” del debito pubblico greco.

Non mi pare che nei regolamenti di vendita al pubblico dei titoli di debito della Grecia fossero previste le CAC, cosiddette “clausole di azione collettiva”. E quand’anche ci fossero, credo che siano da valutare in tutta la loro inefficacia giuridica e scorrettezza commerciale.

Le autorità centrali dell’Unione europea cosa fanno in favore dei piccoli risparmiatori europei? Stanno a guardare, esultando per il “successo dell’operazione di ristrutturazione/cancellazione” avviata dalla Grecia? Magari pensando a questo esperimento come prova generale per quando, tra non molto, le CAC saranno prese in considerazione ed applicate in Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia e cosi via?

Si parla tanto del ruolo importante dei risparmiatori e del risparmio a difesa della solvibilità di uno Stato. Qualcuno in Europa ha suggerito con insistenza l’opportunità di tenere conto del risparmio nazionale per bilanciare ed in parte giustificare il peso smisurato del debito pubblico. Nei fatti, al momento opportuno, quel risparmio da risorsa si tramuta in oggetto di depredazione nazionale ed internazionale.

Mi chiedo, altresì, se non era (e non sia ancora) preferibile e consigliabile lasciare in vita i titoli di Stato della Grecia con scadenza oltre i cinque o dieci anni, rispettando il normale, sostenibile onere del pagamento di interessi già fissati intorno al 4%. Mi chiedo ancora se non siano attivabili a favore degli obbligazionisti dissenzienti le iniziative giudiziarie per il recupero del credito, a suo tempo intraprese contro l’Argentina a seguito del suo “default”. Mi riferisco, in particolare, all’azione giudiziaria propiziata dalle banche italiane (rappresentate dalla TFA, Task Force Argentina) presso il tribunale internazionale ICSID (International Centre for Settlement of Investment Dispute) di New York.

Si dirà che le banche europee in questo caso non muoveranno un dito in favore dei propri clienti, detentori di titoli di Stato della Grecia, avendo ricevuto dalla Banca Centrale Europea (BCE) finanziamenti triennali in due tranche per circa 1.000 miliardi di euro all’interesse annuo dell’un per cento. E questo (pare) a parziale compensazione del danno economico-patrimoniale subìto dalle stesse a fronte delle obbligazioni della Grecia possedute a titolo di investimento aziendale.


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