Grecia: la caccia alle streghe delle prostitute affette da HIV

par Francesco Finucci
giovedì 12 settembre 2013

Il Medioevo torna in vigore in Grecia, dove un documentario shock racconta la caccia alle prostitute, costrette con la forza al controllo sull'HIV e accusate di prostituzione e di diffondere volontariamente il virus, se trovate positive.

Era l'aprile 2012 quando la polizia greca - già nota per l'operazione razziale Zeus Xenios - iniziava la caccia alle prostitute all'interno della città di Atene. Le si voleva allora costringere ad un controllo relativo al virus dell'AIDS. E infatti, puntualmente, appena un mese dopo si arrivava ad arrestare 17 donne risultate positive al test. Nulla a che vedere però con la sicurezza pubblica, anzi. E a renderlo evidente solo le accuse rivolte loro: non solo prostituzione, ma diffusione intenzionale del virus. Untrici, insomma.

Propri di questi fatti parla il documentario Ruins, presentato qualche giorno fa in Grecia per aprire gli occhi sul fenomeno. 

Il documentario racconta di come l'allora ministro greco della Sanità, Andreas Loverdos definì l'operazione di interesse per la pubblica sicurezza. Aggiungendo - malignamente - che il virus si era "diffuso oltre i ghetti, entrando nella società greca".

Il che ci dice molto sullo scopo dell'operazione: riportare il virus da dove è arrivato, da quel posto - il ghetto - atto a contenere al suo interno gli estromessi dalla società. E questo si evince direttamente dalle parole del ministro: il ghetto non fa parte del mondo civile. Ne è fuori. Inevitabile di conseguenza il titolo scelto dalla regista, Zoe Mavroudi: Ruins: Chronicle of an HIV Witch Hunt [Rovine: Cronaca di una caccia alle streghe dell'HIV].

Una caccia che ancora oggi continua, nonostante Positive Voice, un gruppo per la difesa dei malati di AIDS abbia espressamente parlato di violazione dei diritti umani. La stessa Mavroudi ha dichiarato al riguardo che "il giro di vite prende di mira persone che sono deboli e malate, persone che non sono coinvolte in alcun partito politico, persone che sono comunque state largamente colpite dalla crisi".

Non c'è bisogno di ricorrere al nazismo, quando nei lager si costringevano le detenute a prostituirsi, oggetto di "buoni premio" per gli altri carcerati, mentre ai malati si apriva più direttamente la strada dell'eugenetica, cioè dello sterminio di massa. E non c'è neanche bisogno di pensare al processo agli untori portato avanti nella Milano del 1630. Prostituirsi, nonostante il proprio stato di malato di HIV è ancora oggi reato.

La normativa in Italia rimane morbida, anche in virtù della complessità del fenomeno. La Cassazione ha chiarito come l'offerta di prestazioni sessuali non possa prescindere dall'avvertimento sul proprio stato di sieropositività nei confronti del "partner". Si deve avvertire il "cliente" insomma. Negli Stati Uniti però il piano ideato da George W. Bush per contrastare l'AIDS è stato duramente contestato a Washington dalle associazioni che tutelano i malati di HIV. L'accusa, quella di voler spingere ai margini le prostitute. Una norma prevede infatti che i paesi aderenti al piano debbano evitare qualsiasi politica che possa anche solo "far pensare" ad un incoraggiamento del fenomeno.

Mentre il dibattito negli Stati Uniti si fa acceso, altri paesi non si fanno di questi problemi. L'accusa penale per la diffusione dell'Aids è già realtà in Polonia. Lo riporta il Telegraph, con tanto di originale foto in intimo della signorina in procinto di espletare la propria performance, tanto per alimentare l'immagine della "puttana" senza scrupoli che pur di guadagnare del denaro rovina la vita al proprio "corteggiatore". Come se una malata di AIDS stesse lì a divertirsi e a bere champagne.

Altro Paese che non si fa molto problemi è, come ormai sappiamo, la Grecia. Qui si è pensato direttamente a pubblicare le foto e i nomi delle prostitute malate di AIDS, tanto per esporle alla riprovazione dell'intera società "sana". È qui che si concretizza il salto di qualità rispetto ad Italia, Stati Uniti e Polonia. Non solo la presunzione della volontarietà, al fine di poter stigmatizzare e ghettizzare le prostitute come elementi estranei alla società civile, ma anche la pubblica rivendicazione di questa idea da parte delle autorità.

Se in Polonia, Italia e Stati Uniti almeno queste tengono per sé tale pensiero che ormai sappiamo non essere più medievale, ma anzi pericolosamente moderno, in Grecia la cosa può tranquillamente diventare di pubblico dominio, senza scandalizzarsi troppo. Che si sappia pure: le prostitute non trasmettono la piaga. La causano.


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