Grandi Opere, fumo negli occhi...e torna il Ponte sullo Stretto

par morias
sabato 7 marzo 2009

La frase del ministro dell’economia, Giulio Tremonti, a margine della riunione del Cipe, che il 6 marzo ha dato il via libera alle opere pubbliche con un investimento pari a 17,8 miliardi di euro, suscita qualche perplessità.

"Berlusconi è come Roosevelt perchè dice alla gente di continuare a vivere come prima, di uscire di casa, di verniciare il garage, di andare a mangiare un hamburger, questo è il maggior investimento che si può fare per il futuro".

I cardini del New Deal, per fronteggiare il Big Crash che aveva investito l’economia statunitense dopo la grande depressione causata dal crollo del mercato finanziario del 1929, erano l’avvio di opere pubbliche strategiche che permettessero contemporaneamente di modernizzare il paese e di aumentare i livelli occupazionali; a ciò si aggiungeva il Welfare State (che non significa come molti dicono a torto, Stato Assistenziale, ma Stato del Benessere) in grado di sostenere la forza lavoro disoccupata; ed infine si puntava su un aumento della domanda in grado di far ripartire i consumi e, a catena, i processi produttivi.

Si avviò, pertanto, una politica Keynesiana sintetizzata nella Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta.
 
Niente di tutto questo possiamo riscontrare oggi nella delibera del Cipe che ha stanziato 16,6 mld di € per opere infrastrutturali e 1,2 mld per l’edilizia scolastica e carceraria.

Carlo Rienzi, del Codacons, afferma che, in tema di scuola, il governo sbaglia due volte: primo, perchè accorpa i finanziamenti per la scuola a quelli carcerari, e secondo perchè il 60% delle scuole italiane non hanno il certificato di agibilità statica ed igienico sanitaria, ed occorrerebbero almeno 13 mld di € per la loro regolarizzazione.

Mentre al nord si progettano e si finanziano opere che hanno senza dubbio una valenza economica, quali la Pedemontana Lecco-Bergamo, l’alta velocità Milano-Genova, la Milano-Verona, il collegamento per il porto di Ancona o il nodo stradale di Perugia, al sud si butta fumo negli occhi ancora una volta con il Ponte sullo Stretto.

Opera faraonica che suscita dubbi circa la sua realizzazione tra i migliori esperti del mondo: mai, prima dei nostri illustri politici, qualcuno avrebbe mai pensato di costruire un ponte a ’campata unica’ che copra una distanza di 3500 metri in una zona a massimo rischio sismico.

Il ponte serve per collegare Sicilia e Calabria, ma in realtà collega il nulla con il nulla: da una parte la Salerno-Reggio Calabria, mai ultimata, dove c’è un’uscita ogni tre chilometri, logicamente per colpa di una politica spartitoria che permettesse ad ogni comune di avere la sua quota di tangenti, dove si muore in macchina per colpa delle frane, e dall’altra parte una Messina-Palermo indegna di uno stato civile.


Una struttura inutile perchè si calcola che per essere remunerativo un investimento di questa genere deve essere supportato da una crescita del Pil di almeno il 3% annuo, e l’Italia se tutto va bene è al -3% previsto per il 2009.

Non serve poi il ponte per dare una risposta immediata alla crisi in corso, in quanto i lavori, si prevede, possono iniziare solo a fine 2010: 1,3 mld di € non bastano, è previsto che ne occorrano almeno 6.

L’unico ad essere contento è certamente Pietro Ciucci, presidente di Anas e della Società Ponte sullo Stretto, e contenti possono essere Mafia e ’Ndrangheta che hanno la possibilità di spartirsi una bella fetta di torta pagata dal governo Berlusconi a spese dei contribuenti, come evidenzia un articolo del quotidiano spagnolo El Pais.

Ma non basta!

Il nostro Presidente del Consiglio ha trovato anche il modo per accentrare nelle sue mani tutte le erogazioni di finanziamenti per tutte le altre opere realizzabili i cui progetti vengono proposti da altri ministri, tra cui Claudio Scajola a cui, quando lo ha saputo, è venuto un pò di mal di pancia visto che pensava di gestire autonomamente i fondi destinati al suo dicastero.

Il Fondo strategico mette a disposizione del premier ben 9 mld di € i quali possono essere assegnati a sua completa discrezione anche a quelle aziende che dovessero trovarsi a dover attraversare momenti di difficoltà.

In pratica Berlusconi si concede il potere di decidere quale azienda eventualmente salvare da una crisi e quale, invece, lasciare soccombere: e dato che il suo palese conflitto di interesse non è mai stato risolto, questo non farà fare di certo sonni tranquilli a molti imprenditori.

Infine il netto no ad ogni ipotesi di sussidi alle persone che perdono il posto di lavoro ed entrano a far parte dell’enorme schiera di disoccupati.
La motivazione lascia sconcertati: "non diamo incentivi ad abbandonare il lavoro, non diamo incentivi a licenziarsi"

Ai lettori ogni ulteriore commento.


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