Grande Guerra: quando anche il sesso puzzava di morte

par Marco Barone
martedì 23 dicembre 2014

 
 
Uomini non più uomini e neanche eroi o cavalieri erranti, bensì esseri diventati sostanze, ma anche belve, bestie. Sostanze, belve e bestie che per sopravvivere si ammazzavano, ammazzare, ammazzare per vivere. 
Morte e vita mescolate nel caos di una società che aveva perso ogni lume, ogni ragione. Antitesi per eccellenza, che correvano, inconsciamente e non parallelamente sullo stesso binario. Bestie, belve e sostanze. Non più uomini. Si poteva arrivare a patire l'idiosincrasia maschile.Termine medico con il quale si intende l'intolleranza che alcune persone possono manifestare nei confronti di diverse sostanze, spesso farmaci. Ma l'uomo soldato non era un farmaco, non era un medico, era una sostanza, una sostanza nei confronti della quale si poteva patire l'intolleranza.
A volte ammazzavi. A volte urlavi.
 
 Ed urlavano le prostitute, rastrellate come oggetti da massacrare, senza dignità alcuna, da ogni parte del Regno. Potevano arrivare ad avere più di ottanta rapporti al giorno, ma nel libro Viaggio nella terra dei morti. La vita dei soldati nelle trincee della grande guerra di Marco Scardigli, editore UTET, dalla cui lettura nasce questa riflessione, si riportano testimonianze di anche 120 rapporti al giorno.
 
Soldati in fila, letti rossi, che ricordano la Villa Rossa citata anche da Hemingway, scricchiolanti come la nefasta porta che conduce alla via dell'inferno. Uno dopo l'altro, ed ancora, una fine senza mai fine. Sfogo ed istinto animalesco che andava soddisfatto, per il morale.
 
Ed il morale soccorreva il dovere. Il dovere di uccidere.
Non erano i bordelli di Cavana nella Trieste carovana di mille passioni, erano le stanze della morte, ove anche il sesso puzzava di morte. La grande guerra, che voglio chiamare la grande macelleria umana, perché gli uomini e le donne non erano più uomini e donne, ma bestie, bestie al macello, un macello governato nelle grande stanze dei salotti borghesi come un gioco da tavolo, un gioco che ha ucciso generazioni e sogni ed umanità.
 
Marco Barone
 
 
Foto: Wikimedia

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