Governo: un "rompicapo" da risolvere

par paolo
mercoledì 6 marzo 2013

Come uscire dallo stallo dopo il voto?

 

Chi vuole mettere alla prova le proprie capacità razionali può cimentarsi nella soluzione di un enigma, ovvero di qualcosa di difficile comprensione che spesso viene identificato con il termine di "rompicapo". Letteralmente il termine significa spaccarsi la testa per arrivare ad una soluzione. Il termine stesso sottintende un impegno intellettuale al limite delle proprie possibilità.

Dopo il turno elettorale gli italiani sono alle prese con il "rompicapo" relativo alla formazione del nuovo governo. Il Presidente Giorgio Napolitano, rientrato dalla visita ufficiale in Germania, in queste ore sta cimentandosi, mettendo in campo tutte le sue risorse, per venire a capo della tremenda situazione di stallo in cui si trova il Paese.

I veti incrociati tra i tre poli usciti dal turno elettorale non offrono una soluzione a portata di mano. Grillo non vuole configurarsi in nessuna tipologia di accordo con PDL e PD, considerati gli autentici belzebù della politica italiana, temendo di contagiare la "purezza" di ideali del suo movimento (M5S), mentre Bersani vede Berlusconi come il male assoluto e teme che l'abbraccio col cavaliere diventi un abbraccio mortale per la sinistra. Che Bersani abbia molte ragioni nel non voler cadere nella trappola in cui vuole spingerlo Grillo lo dimostra il fatto che D'Alema spinge proprio in quella direzione e tutti riconoscono le qualità di D'Alema come esperto di inciuci sfascisti a danno del partito. 

L'unico che avrebbe voglia di un inciucio a due o a tre purché si faccia, è proprio il cavaliere di Arcore, che avrebbe tutto da guadagnare e nulla da perdere sia in relazione alle sue vicende giudiziarie, alle quali si aggiunge il caso di corruzione del senatore De Gregorio (reo confesso), sia come prospettive elettorali, avendo ridato entusiasmo al proprio elettorato e avendo in serbo ancora una batteria di promesse pressoché inesauribile.

E allora?

Pierluigi Bersani dovrebbe prendere atto della situazione e dare le dimissioni, rinunciando alla formazione di un "governo di minoranza" senza fiducia preventiva. Giorgio Napolitano è stato chiaro e lapidario: no ad un governo di minoranza con navigazione a vista e no alla prosecuzione del mandato al Colle. La ragione è molto semplice, un governicchio così fatto, senza una fiducia preventiva, nascerebbe zoppo in partenza e verrebbe impallinato alla prima occasione.



Anche l'dea che il Quirinale possa suggerire un "governo di scopo" affidato a Bersani o a terzi per garantire gli impegni nei confronti dell'Europa e la riforma della legge elettorale, cozza contro il veto del M5S nei confronti del PD e quello del PD nei confronti del PDL e contro il veto di tutti nei confronti di Monti. La carta, che sembra allo studio in queste ore, è un "governo del Presidente a responsabilità parlamentare", con incarico di governo affidato ad una figura autorevole e super partes e con anticipo delle elezioni dei due presidenti delle Camere. Su questa linea si è espresso anche Walter Veltroni con apertura verso il PDL e naturalmente questo ha messo in allarme tutto il PD perché anche il buon Walter gode della fama di portasfiga al pari di D'Alema .

Stranamente il PD si ritova protagonista di scelte che potrebbero stroncarlo in un prossimo probabile e ravvicinato turno elettorale. Il sospetto, conoscendo la capacità strategica della dirigenza del PD, è che ripeta l'errore del novembre 2011 quando invece di pretendere elezioni anticipate, patrocinò il governo tecnico di Mario Monti.

Fermo restando che comunque nell'attuale situazione le carte le distribuisce il Presidente Napolitano, l'unica strada che appare possibile per il PD è che Bersani faccia un passo indietro a favore di Matteo Renzi, il quale si presenti di fronte al Presidente con una proposta di governo PD+SEL e con un programma articolato in pochi punti, a valenza istituzionale, presi pari pari dal programma elettorale del M5S, con alcuni che siano chiaramente non digeribili dal PDL per incompatibiltà con la figura del loro Presidente Silvio Berlusconi, a cui poi aggiungere la riforma elettorale. Come punti indigesti al PDL penso per esempio quello relativo alla non eleggibilità a cariche pubbliche per i cittadini condannati anche se non in via definitiva.

Su questi punti, e solo su questi punti, chiedere la fiducia preventiva al Senato. Se Grillo non concede la fiducia ne esce con le ossa rotte, e state certi che al prossimo turno elettorale perderebbe almeno un terzo dei voti, mentre in ogni caso il PD potrà dire che lui ha provato a dare al paese quello che serve, se viceversa Grillo (M5S) la concede, il PD ne avrà un merito indiscutibile e contemporaneamente mette una zeppa definitiva a Silvio Berlusconi. Come dire due piccioni con una fava, sia in un caso che nell'altro. In sostanza: o stanare Grillo, o resettare Berlusconi, entrambi i risultati porterebbero farina al sacco del PD ma anche migliori prospettive per il Paese.

In autunno nuove elezioni con buona probabilità di un PD più credibile, un M5S con un "appeal" ancora forte ma con una consistenza tutta da verificare ed un nuovo centrodestra finalmente sgravato dalla figura di Silvio Berlusconi e quindi costretto ad un profondo cambiamento per essere in grado di proporsi come reale alternativa di governo.

Aspettiamo e vediamo.


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