Governo italiano: nuovi aumenti Iva e abbattimento dei consumi. Fermiamoli...

par Emilia Urso Anfuso
domenica 12 marzo 2017

Non sono un’economista, ma 2+2 so che fa 4. Ciò che sta per accadere, per ciò che riguarda un ulteriore aumento dell’i.v.a. è davvero paradossale.

Sappiamo tutti come l’Italia, sia la nazione europea con la più alta pressione fiscale in Europa. Sappiamo anche, che il debito pubblico nazionale, lievita di secondo in secondo, e – collateralmente – lievitano anche gli interessi, incredibili, che noi cittadini siamo chiamati a pagare, senza però aver mai ben chiaro cosa lo alimenti.

Sapete ad esempio, che per “debito pubblico” s’intendono i debiti che lo Stato contrae anche nel settore privato, in cui rientrano le famiglie, oltre a banche di credito ordinario e imprese? E cosa fa lo Stato, per abbattere il debito pubblico, che – sostanzialmente – significa che, le spese sostenute dallo Stato sono di gran lunga maggiori delle enormi entrate? Genera titoli di Stato, che immette sui mercati finanziari e che vengono acquistati, anche e in gran parte, dai cittadini.

Che ci pagheranno sopra, notevoli interessi a fronte di percentuali a credito risibili. Sono poi gli stessi cittadini, che sono già creditori dello Stato, e che pagano invece di avere indietro il proprio credito (debito pubblico) e che, addirittura, acquistano poi i titoli emessi dallo Stato per compensare il debito pubblico!

Paghiamo sempre noi, più di una volta, ciò che la politica sperpera a nostro danno.

Inoltre, nell’onnipresente debito pubblico, confluiscono anche le perdine di imprese varie ed eventuali, fallite per mala gestione, e il cui effetto ricade – ancora una volta – sulle spalle dei cittadini.

In questi ultimi anni, si parla spesso di “spending review”, di quella che dovrebbe essere una revisione della spesa pubblica che, coerentemente, dovrebbe essere tagliata. Nulla di tutto questo è mai stato fatto. Di governo in governo, si rimpallano il tema della spending review, promettendo che, “prima o poi”, qualcosa di sostanziale verrà fatto.

Nel frattempo, in special modo dall’avvento di Renzi al governo, per far vedere ai cittadini che qualcosa veniva fatto davvero a loro vantaggio – vedi i miseri 80 euro ai lavoratori, e non tutti, o i “bonus” per i 18enni o i docenti – sono state chieste parecchie deroghe a Bruxelles, per far si che, il famoso “pareggio di bilancio” tra deficit e PIL venisse spostato un po’ più in là nel tempo.

Ovviamente, in una situazione economica così critica, con un debito pubblico di oltre 2.500 miliardi di euro – detenuti in buona parte sotto forma di azioni di vario genere da investitori esteri – che ci fa salire al secondo posto, su scala mondiale, per il rapporto tra deficit e PIL, con gli interessi che salgono anche di circa 14 miliardi di euro in un solo mese, da Bruxelles continuano a lanciare moniti: una tra tutti, la richiesta all’Italia di abbattere le imposte dirette, magari aumentando un poco quelle indirette.

Cosa significa in termini semplici: che Bruxelles ritiene, in qualche modo giustamente, che la pressione fiscale calcolata sugli stipendi e alle imprese, deve calare, a svantaggio semmai, delle imposte indirette, quelle che paghiamo ad esempio, quando acquistiamo un qualsiasi articolo o servizio.

Ma questo tipo di “soluzione” non lo è nella realtà dei fatti.

E il motivo è semplice: se è pur vero che, abbattere, oltretutto di poco, la pressione fiscale sugli stipendi dei lavoratori con contratto stabile, farebbe guadagnare qualche spicciolo in più alle famiglie, ciò non accadrebbe al resto delle categorie di cittadini, come ad esempio pensionati o lavoratori autonomi o, ancor peggio, a chi un lavoro non ce l’ha. Inoltre, se da un lato una categoria di lavoratori andrebbero a percepire qualcosa in più in busta paga, poi - al momento di pensare ai consumi - gli stessi lavoratori, andrebbero comunque a consumare meno, visti gli aumenti delle merci operate dall'aumento dell'i.v.a.: è infernale tutto questo.

Di fatto, la minor pressione fiscale sui lavoratori, ricadrebbe sulle categorie più deboli, e quindi, non rappresenta affatto un miglioramento della condizione economica delle famiglie italiane.

Tornando al tema principale: quando – tra il 2011 e il 2013 – il governo approvò misure economiche che aumentarono l’i.v.a., gli effetti di queste misure, si rivelarono disastrose per i consumi, che calarono vertiginosamente.

Oggi, qualora il governo opererà un nuovo ritocco al rialzo dell’i.v.a., calcoli alla mano, realizzati ad esempio da Confesercenti, rischiamo di perdere oltre 8 miliardi di euro in consumi. Una vera assurdità.

Da un lato, si fa pensare a una fascia di cittadini – i lavoratori, che vedrebbero abbattere l’Irpef calcolata sulle buste paga – ma, anche gli stessi lavoratori, si vedrebbero comunque costretti a limitare i consumi, in considerazione del rialzo dei prezzi.

A questo punto però, sarebbe sano e coerente che, l’intera popolazione iniziasse almeno a tentare di ragionare, e di conseguenza, ad agire: possiamo davvero continuare a sopportare una situazione simile? Davvero siamo tanto ricchi da poter continuare a vivere in una nazione il cui Stato spende molto più di quanto percepisce, facendo regolarmente pagare i propri sprechi alla popolazione e negando qualsiasi forma di sostegno in quanto a Sanità, sicurezza, buona amministrazione e tutto il resto?

Non otteniamo nulla a fronte delle tasse che versiamo. Non facciamo che lavorare – nella migliore delle ipotesi – per versare circa sei mesi del nostro lavoro, ogni anno, allo Stato, che poi ci leva il resto di quanto guadagniamo attraverso le imposte indirette o attraverso un sistema di recupero del credito che spesso, ci fa pagare ciò che non dobbiamo.

Insomma, andiamo: possibile mai che non siate interessati a fare qualcosa contro tutto questo? Non è complottismo, non è qualcosa di vacuo: è la realtà dei fatti, e questa realtà, va avanti da anni e non accenna a cambiare.

Non siete stanchi di pagare un potere che non produce benessere, ma che - anzi - si autoalimenta sulle nostre spalle e ci nega qualsiasi tipodi diritto civile e costituzionale?

E’ sempre il momento buono, per fare qualcosa. E se andremo avanti sperando che, facendo finta che vada tutto bene, tutto andrà bene, c’è qualcosa di perverso, nel cervello umano.

Ma che fare, direte voi? Una cosa, ad esempio: unirci, in gran numero, tra connazionali. Unirci per dialogare con le istituzioni, e non per creare sterili, inutili e dannose manifestazioni di piazza, che – come sappiamo – non sortiscono alcun tipo di effetto.

Siamo tanti, abbiamo ragione, possiamo appellarci alla Commissione Europea, possiamo chiedere di far valere la Costituzione Italiana. Possiamo fare molto, e sarebbe un peccato e un danno, non farlo.

Se siete – come me – dell’avviso che tutto ciò è fattibile, scrivetemi: a volte, è da una riflessione, che scaturiscono le soluzioni.

emilia.ursoanfuso@gliscomunicati.com


Leggi l'articolo completo e i commenti