Governo in crisi: la grande oscenità

par Fabio Della Pergola
giovedì 21 gennaio 2021

Voto finale 156 sì, 140 no e 16 astenuti.

Renzi apre la crisi, ma non la chiude. O arrivano altri sostenitori e Renzi si attacca al tram oppure, al contrario, Conte si dichiara sconfitto – perché è la sua testa che Renzi voleva – se ne va e viene sostituito da qualcuno della stessa maggioranza (ma i Cinquestelle se la legheranno al dito da qui all'eternità).

Dover sopportare l'insipienza grillina (si pensi solo al Di Maio ministro degli Esteri) sembrava già il boccone più amaro da dover ingoiare per evitarsi i fascioleghisti al governo (con tutto il loro corollario di saluti romani, cuori immacolati, sbruffonate da avanspettacolo e Pillon a tracciare la rotta dell'antropologia prossima ventura).
 
Ma la maggiore oscenità vista fino a qui non è stata quella grillina (il che è tutto dire), piuttosto quella messa in atto da chi, eletto nel PD, ha sponsorizzato insieme a Beppe Grillo (fra le perplessità dei maggiorenti del PD) un governo con i Cinquestelle e, appena c'è riuscito, ha provocato una scissione per essere sicuro di avere il potere di tenere quello stesso governo per la gola (eufemismo), grazie anche al supporto, certo non disinteressato, di alcuni transfughi di Forza Italia. Cosa che al momento opportuno ha usato molto cinicamente aprendo una crisi (che, se non fosse stato per la pandemia, avrebbe fatto ben prima) con motivazioni che nessuno, nemmeno Carlo Cottarelli che non è l'ultimo arrivato, è riuscito a capire.
 
Di fatto le accuse al premier di immobilismo e di incapacità di ascolto sembrano contraddette dai numerosi successi di cui Italia Viva si vanta: dall'aver modificato la prima bozza del Recovery Plan (salutato con un "entusiastico sì" dal suo economista di punta Luigi Marattin) ai tanti decreti Ristori approvati grazie a suoi emendamenti, fino all'affermazione di Teresa Bellanova sul sito del suo ministero: «in un mese abbiamo impegnato risorse per oltre 350 milioni di euro, rispondendo così alla totale richiesta arrivata dal mondo della ristorazione. Lo considero un risultato ampiamente positivo per una misura che rappresenta un innovativo e importante strumento di intervento a sostegno dell'intera filiera agroalimentare».
 
La crisi sembra invece – e piuttosto palesemente – pianificata da tempo.
 
Ora lo scissionista ha anche evitato di sfiduciare quel governo, da lui voluto, con l'ipocrisia dell'astensione - forse per paura che il partito gli si sciogliesse in mano - per fargli sentire tutto il potere che ha, un potere di vita – se si adegua ai diktat (ad esempio sul Mes) – o di morte, se non trova presto e a caro prezzo, il supporto di gente da bosco e da riviera.
 
Nel frattempo i suoi fan si aspettano entusiasticamente che il premier azzoppato vada a dimettersi, sperando forse di vedere il loro beniamino-agodellabilancia tornare a guidare il paese al posto dell'avvocato mediatore. Cosa che, vista l'aria che tira, sembra essere una manifestazione di disturbo da fantasia compulsiva.
 
Quello che succederà invece è che il paese barcollerà sotto la guida di un governo altrettanto barcollante (sperando nella lunga vita di quei senatori chiamati appunto "a vita") non si sa per quanto. Forse fino a luglio per aggrapparsi al semestre bianco come ultima boa.
 
Oppure Conte si schianterà, come tanti prima di lui, davanti ai diktat del Rottamatore per eccellenza della politica italiana e si andrà a elezioni - che altro sennò?! - che regaleranno il paese alla peggior destra dal dopoguerra. Cosa che i fan del Rottamatore non sembrano ancora aver capito bene, tutti compresi come sono a rimirarsi l'ombelico e a fare il gesto dell'ombrello al Conte dimezzato. Poi si accorgeranno che del Rottamatore e del suo micropartito sarà rimasta solo una vaga traccia d'inverno.
 
L'inverno, lasciatemelo proprio dire, del nostro scontento.
 
Foto: Wikimedia

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