Gli onorevoli piangono, i tassisti sospirano e gli italiani capiscono

par Daniel di Schuler
mercoledì 14 dicembre 2011

Un nanismo morale, quello che i nostri parlamentari stanno dimostrando, cercando di mantenere intatti o quasi i loro privilegi,  che si riflette anche in molti dei loro interventi volti a modificare i contenuti della manovra Monti. Il paese pagherà quel che ha da pagare, ma, questa volta, si ricorderà di chi deve, a propria volta, presentare il conto.

Le dichiarazioni rilasciate dai parlamentari d'ogni colore davanti alla prospettata riduzione dei loro emolumenti, che possono essere lette in un bell'articolo di Winonleggerlo pubblicato oggi da Agoravox, possono far sorridere o riempire d'indignazione, ma hanno valore di documento storico: non solo rivelano quanto siano ormai distanti i nostri politicanti dalla vita reale della stragrande maggioranza degli italiani; testimoniano anche quanto poco abbiano compreso di quale dovrebbe essere, e quanto dovrebbe durare, il loro ruolo nella vita pubblica nazionale.

Parlano della propria carica come di un lavoro (quando dovrebbe essere prima d'ogni altra cosa una vocazione) che, per chissà quale ragione dato il loro infimo livello intellettuale e l'irrilevanza di quanto sono ridotti a fare da decenni, dovrebbe pure essere ottimamente remunerato. Come ora; anzi, se possibile, più d’ora.

Sulla falsariga dei craxiani, che furono i nostri primi "professionisti della politica" confessi, non è solo per quanto riguarda la retribuzione che vedono sé stessi in modo non diverso da quanto facciano medici ed avvocati: parlano come se fossero destinati, per scelta propria, a restare in parlamento a vita; come se l’essere Onorevole o Senatore non fosse una condizione provvisoria, una parentesi destinata a durare una, due o tre legislature, ma in ogni caso solo fino a quando ottengano la fiducia degli elettori.

Siamo il potere e al potere restiamo fino a che vogliamo e alle nostre condizioni è il messaggio che, volontariamente o no, stanno comunicando agli italiani.

L’Onorevole Benedetto Della Vedova, gran bel pezzo di radicale approdato nelle file del centro destra assieme ai taradashiani (bello;sembra il nome di una tribù di qualche sperduta valle del Caucaso) ed ora finiano, forgiato alle scienze economiche dalla Bocconi e, lo dico con enorme orgoglio pur non avendolo mai sentito nominare prima di stamattina, mio compaesano (Benny... ma un propostina di legge tutta tua, in questi anni, potevi anche farla, no?) ha detto una delle poche frasi condivisibili anche, se, ahimè, forse troppo ottimistica: “Ormai c’è un clima di Rivoluzione Francese”.

Certo che, se non siamo ancora ai forconi, c’è la coscienza ormai diffusa, nel paese di quale sia il valore, prima di tutto morale, della nostra classe politica e della sua totale incapacità di guidare il paese. Nel momento più difficile della nostra storia recente, non solo non hanno avuto il coraggio di chiedere al Paese i sacrifici necessari (non lo ha fatto Berlusconi, vittima del proprio populismo; non lo ha fatto il PD, vittima di un populismo non diverso, la cui ultima contromanovra era, se possibile, ancora più ridicola che quella voluta da Tremonti), ma dopo essersi nascosti dietro Mario Monti, non hanno fatto neppure il minimo, quel che una volta si chiamava senso dell’onore, e io continuo a chiamare senso della decenza, avrebbe richiesto loro di fare; di imporre a se stessi dei sacrifici ancora maggiori di quelli richiesti agli altri italiani. Di dimostrare, assumendosi un fardello più pesante, di voler essere davvero classe dirigente.

Un nanismo morale, quello che i nostri parlamentari stanno dimostrando, cercando di mantenere intatti o quasi i loro privilegi, che si riflette anche in molti dei loro interventi volti a modificare i contenuti della manovra Monti.

Non parlo della stretta sulle pensioni o della reintroduzione dell’Ici, destinate a rimanere nella manovra per il semplice motivo che nessuno sa trovare altre sicure fonti di gettito che possano essere accettabili per quelle che, per nostra disgrazia, continua ad essere la nostra maggioranza parlamentare (inutile strepitare, ora , di una patrimoniale che il PdL non voterebbe mai, per capirci); parlo della sostanziale abolizione di quelle timide misure di liberalizzazione, a costo zero, che Mario Monti aveva cercato d’introdurre.

Un esempio per tutti? I taxi. Abbiamo le città più intasate d’Europa, dove circolano però pochissimi e carissimi taxi. Liberalizzarne le licenze, come avrebbe voluto fare Monti, avrebbe portato alla creazione istantanea di qualche migliaio di posti di lavoro (avete presente quanti taxi ci sono a Londra o Parigi e quanto pochi a Milano o Roma) e, con l’aumento del loro numero, e la conseguente riduzione delle loro tariffe, avrebbe certo contribuito a togliere qualche automobile privata dalle vie delle nostre città.

Parlo al passato perché un emendamento dello stesso Governo, ovviamente dovuto alla pressione dei politicanti, esclude dalle liberalizzazioni proprio “il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”.

Bene per i tassisti, che continueranno a lavorare in un mercato protetto, e per chi ne intercetta i voti, e male per tutti noi.

Scandaloso, ma nulla di cui meravigliarsi; si sa che siamo un paesi fatto di categorie chiuse come gilde medioevali e che ognuna di esse ha i suoi santi in paradiso e i suoi onorevoli a Montecitorio. Solo l’Italia, tra padani, berlusconiani, pare non abbia nessuno che, in Parlamento, curi i suoi interessi.

E’ quello che, con tutti i suoi difetti, Mario Monti sta cercando di fare e i cittadini, finalmente svegliatisi dopo decenni di sonnolenza indotta dal peggior sistema informativo dell’occidente, sembrano averlo capito.

Mentre la fiducia nei partiti è ai minimi storici, quella nel Presidente del Consiglio, anche dopo la presentazione della manovra, permane altissima; secondo un sondaggio di Ipr Marketing credono in lui il 58% degli italiani, solo il 4% meno di quel 62% che arrivò a sostenere Berlusconi (bisognerebbe inciderlo quel dato, a futura memoria) nel momento del suo massimo consenso.

Nonostante i tentativi di far passare Monti per il cattivo della situazione o di dipingere lui ed i suoi ministri come degli accademici privi di senso pratico (ricordo, anni fa, Giuliano Ferrara sbeffeggiare il premio Nobel Modigliani; solo in Italia), gli italiani hanno anche capito perfettamente a chi vada attribuita la responsabilità dei sacrifici cui sono chiamati e solo uno su quattro pensa che questi debba essere Monti.

Non siamo alla rivoluzione, per la tranquillità dell’Onorevole Della Vedova, ma sembra proprio che la cortina fumogena che i suoi colleghi stanno cercando d’innalzare in questi giorni non riesca a confondere gli italiani. Il paese pagherà quel che ha da pagare, ma, questa volta, si ricorderà di chi deve a propria volta presentare il conto.

Se il diritto di voto fosse restituito ai cittadini, se la legge elettorale sarà riformata, dopo le prossime elezioni tanti parlamentari dovranno reinventarsi un lavoro. Potranno così dimostrare, con i fatti, di valere, come molti di loro sostengono, più di quanto percepiscano oggi dallo Stato.

Ripensandoci, forse qualcuno di loro preferirebbe la ghigliottina.


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