Gli italiani sono alla fame

par Daniel di Schuler
lunedì 28 ottobre 2013

Tre milioni di famiglie italiane (il 12,3 % del totale) non riescono più a mangiare adeguatamente.

E questo attribuendo all’adeguatezza il modesto valore di un pasto proteico ogni due giorni. È il dato più drammatico, tra quelli forniti dalla Coop nel suo annuale rapporto sui consumi.

Leggendolo, cade qualunque illusioni sulla gravità della nostra crisi; fornisce il ritratto di un paese che ha smesso d’appartenere al primo mondo. In cui, se il PIL pro capite è tornato ai livelli del 1996, la spesa per l’alimentazione si è contratta del 14%, negli anni tra il 2007 e il 2013, fino a tornare ad essere quella degli anni 60, quando il benessere doveva ancora arrivare per tanta parte delle popolazione. In cui si spendono, per capirci, 2.400 euro l’anno pro capite in alimenti, mentre nel 1971, a prezzi costanti, se ne spendevano 2.600.

Un paese in cui la fame è diventata esperienza quotidiana per il 21% delle persone con più di sessantacinque anni; per il 18,8 delle famiglie residenti nel Mezzogiorno, il 18,3% di quelle che hanno tre o più figli, il 17,7% di quelle monoreddito e il 14,6% di quelle con un solo genitore.

Un tempo si parlava di emarginazione e disagio. Il disagio è diventato dramma e non coinvolge solo frange della società. Non sono alla disperazione, ma rischiano di precipitarvi quattro milioni di famiglie italiane: tante sono quelle che riescono a stare a galla, senza avere però le risorse per far fronte ad una spesa imprevista anche di soli 800 euro. Disperate sono già quelle che invece riescono ancora a mangiare decentemente, ma nulla più; altri due milioni di famiglie il cui reddito non arriva al 40% di quello medio.

In totale sono nove milioni, il 38,5% del totale, quelle considerate in condizioni disagiate. Poche meno, il 29% secondo Eurostat (ma il dato è del 2011) quelle a “rischio di esclusione sociale”.

Un termine improprio, a questo punto, e a suo modo ottimista: in una società dove la fame è diventata normale, la povertà è ormai semplicemente la regola.

Una situazione la crisi finanziaria ha aggravato, ma le cui cause sono vecchie di almeno un trentennio. Un paese che deve trovare il modo di ripartire, avendo sul groppone la zavorra di un debito quasi fuori controllo e con un bilancio dello Stato che assorbe già il 50% del Pil.

Che al centro del nostro dibattito politico vi sia altro è demenziale. Che il nostro ceto politico continui ad essere il meglio pagato al mondo è vergognoso. Che si spenda ancora un miliardo l’anno per permettergli di scorrazzare in auto blu è rivoltante. Sì, da vomito.

E questo non è qualunquismo, grillismo o altro. Solo senso della decenza.

 

Foto: Franco Follini/Flickr


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