Gli insulti e le minacce corrono sui social network

par Mario Barbato
sabato 21 gennaio 2017

La rete è diventata una delle più grandi conquiste del mondo contemporaneo, ma ha anche l'altra faccia della medaglia. L'anonimato garantito dal web sta generando reazioni violente da parte di internauti che, davanti al computer, inveiscono pesantemente contro diversi personaggi pubblici con insulti ed epiteti impronunciabili.

Tanti gli esempi degli ultimi giorni. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, colpito da infarto, è stato preso di mira dal popolo webico che gli hanno augurato perfino la morte, con messaggi del tipo "Crepa"; "Fatemi sapere se muore che ho una bottiglia di champagne che custodisco gelosamente per le grandi occasioni".

Il dibattito in televisione qualche giorno fa tra il segretario di Rivoluzione Cristiana Rotondi e il deputato del M5S Bonafede ha scatenato reazioni social virulenti. Il popolo del web ha offeso violentemente Rotondi, arrivando a delle vere e proprie minacce di morte che hanno messo in moto anche la polizia postale.

Identica sorte per il figlio del ministro del lavoro, Manuel Poletti, che, dopo le dichiarazioni del padre sui presunti cervelli in fuga, ha ricevuto offese e minacce di morte giunte tramite social network e via mail. Offese e minacce relative alla polemica su contributi all’editoria ricevuti dal settimanale che lo stesso Manuel Poletti dirige.

Tre episodi diversi tra loro ma accomunati tutti da una sola reazione: gli insulti, le offese, gli accanimenti contro personaggi pubblici colpevoli di essere detestati dalla massa. Il famoso e presunto pluralismo mediatico della rete, che doveva portarci fuori dal Medioevo, sta invece sortendo l'effetto opposto: ci sta riportando nel Medioevo, con i suoi istinti barbari.

La situazione è diventata così insostenibile che la Cassazione è dovuta intervenire. Sostendo che la diffusione di messaggi diffamatori attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata e quindi di esclusiva competenza del tribunale penale. Come a dire: insulta sulla rete e puoi finire in galera.

Non dovrebbero comunque essere la paura delle sanzioni il deterrente per frenare l'inciviltà del popolo della rete ma una maggiore cultura digitale che dovrebbe frenare i tanti <<leoni da tastiera>>. Con la consapevolezza che ciò che avviene in rete può avere effetti devastanti su ogni cittadino, pubblico o privato che sia.

Maria Teresa Meli scrive che "l’incitamento all’odio che furoreggia sui social non è una novità dell’età contemporanea, parte del popolo applaude alla gogna e inneggia alla ghigliottina". La rete è stata una conquista, ma, come tutte le novità, se è usata in modo sbagliato non è una vittoria ma una sconfitta che non aggiunge nulla di nuovo allo squallore del mondo reale.


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