Gli Taliani libici in attesa di una firma

par Vanessa
sabato 2 ottobre 2010

La Libia diventò una colonia dell'Italia fascista nei primi anni '30, per volontà di Mussolini

Il Governatore Italo Balbo, eroe nazionale, diede inizio alla colonizzazione demografica della Libya, terra fertile, baciata dal sole.

 

Si trattava di un programma a lungo termine di "colonizzazione demografica intensiva" che doveva portare ventimila coloni all'anno per 5 anni. Migliaia di italiani cercarono l'America in Africa e, in pochi mesi, si stabilirono nei villaggi coloniali costruiti appositamente nel deserto libico.
 
Con la seconda guerra mondiale, il sogno si trasforma in incubo e i bambini delle colonie vennero espatriati, con la scusa di una vacanza che sarebbe durata sei anni.
 
Con il crollo del regime fascista, l'Italia perse ogni prerogativa sulla Libia e la vita degli italiani che avevano lasciato la Libia da bambini, diventa una vita da "profughi in ogni dove".
 
Negli anni '50, gli italiani avevano ancora un solido e profondo rapporto con la loro ex-colonia e restarono integri i contratti stipulati nel periodo fascista, infatti molti italiani, in quanto proprietari terrieri, godevano di un relativo benessere.
 
Nel 1969, uno sconosciuto ufficiale di 27 anni, figlio del deserto, di nome Muhammar Gheddafi, salì al potere proclamando la Repubblica Araba Libica. Il 21 luglio 1970, il dittatore promulgò una legge ai danni della comunità italiana: confisca immediata di tutti i beni mobili ed immobili ed espulsione immediata.
Circa ventimila italiani giunsero in Italia come nomadi, in cerca di un posto dove vivere, in cerca di una nuova vita, portandosi appresso tutti i ricordi ed un immenso mal d'Africa.
 
La Libia e l'Italia ebbero rapporti molto difficili fino al 6 ottobre 2004, quando il Presidente della Commissione europea Romano Prodi ed il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ratificarono la fine dell'embargo con la Libia.
 
Migliaia di italiani, che erano stati tenuti lontani dalla terra in cui erano nati, poterono finalmente tornare in Libya e rivedere tutti i luoghi della loro infanzia.
Sono una dei ventimila italiani che nel 1970 furono cacciati dalla Libia colpevoli di essere italiani, in violazione della risoluzione ONU 388, del trattato Italo-Libico del 1956 e della legge di ratifica 843/57.
 
Lo stato Italiano che doveva tutelarci e far rispettare gli accordi ci chiese di avere pazienza perché i giusti risarcimenti dovevano attendere gli accordi internazionali ed intanto i profughi della Libia morivano disillusi e trattati da stranieri nella propria patria.
 
Nel 2008 il tanto atteso accordo internazionale e la delusione per non esserne stati inclusi, vanificando trentotto anni d’attesa senza nemmeno l’ombra delle scuse per come fummo trattati.
 
Anche le promesse inserite nella legge di ratifica n. 7 del 6 febbraio 2009, (Gazz. Uff., 18 febbraio, n. 40), dove, all’art. 4, si parla degli indennizzi spettanti a noi profughi. restano ad oggi solo promesse non mantenute, di un indennizzo che forse arriverà a qualche percento del valore dei beni confiscati illegalmente nel 1970.

Sono due anni che manca solo una firma per dare il via all'iter, quella di Giulio Tremonti.
 
Da cittadini italiani rispettiamo leggi che il parlamento promulga e il capo dello Stato ratifica ma con profonda amarezza vediamo che lo Stato può impunemente ignorarle perché nessuno le fa rispettare nell’indifferenza dei mezzi d’informazione e delle istituzioni.

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