Giorgio Napolitano: un buon maestro per cattivi discepoli

par David Incamicia
mercoledì 3 agosto 2011

Giorgio Napolitano è riuscito a conquistarsi, dopo le titubanze di inizio mandato, la fama del "buon padre di famiglia". Sempre attento a preservare l'integrità della Nazione attraverso i continui richiami al dialogo e alla concordia, al rispetto della Costituzione e delle leggi. Vigile accorto che, come si suol dire, certamente non l'ha mai mandata a dire quando si è trattato di porre rimedio alle imprudenze legislative del governo e del parlamento o per ammonire la politica ad essere maggiormente attenta ai tanti problemi che affliggono il Paese reale.

Il suo buon esempio non si è fatto attendere nemmeno in questa convulsa fase politica di mezza estate, tutta incentrata sull'antico dibattito degli odiosi privilegi della casta che stridono con le gravi sofferenze sociali della gente comune. E segnata dal (ri)fiorire di scandali e cricche dedite alla mungitura della sempre più magra vacca statale, a discapito del popolo riscopertosi (forse troppo tardi) bue.

Tanto che il Quirinale, in assoluta controtendenza rispetto alle altre istituzioni fameliche e senza clamori preventivi, ha comunicato al Ministero dell'Economia di rinunciare, da subito e fino alla scadenza del mandato, all'adeguamento all'indice dei prezzi al consumo stabilito dalla legge dell'assegno attribuitogli ai sensi dell'art. 84 della Costituzione. Restituendo al Tesoro, inoltre, la bellezza di 15.048.000 euro nel triennio 2011-2013 e di 562.737 euro nell'anno 2014, per un totale a regime di quindicimilioniseicentodiecimilasettecentotrentasette euro.

E' un comunicato sul sito web della Presidenza della Repubblica a riportare l'annuncio e a dare conto dei risultati della politica di austerity del Colle, nel quale si legge che "Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica ha sottoposto alla firma del Capo dello Stato i decreti per l'applicazione del contributo di solidarietà sulle pensioni e per la riforma delle pensioni di anzianità. Si è così completata l'attuazione nell'ordinamento interno delle misure previste dalle manovre approvate con i decreti-legge n. 78 del 2010 e n. 98 del 2011 (riduzione del 5 e del 10% delle retribuzioni e delle pensioni per la parte eccedente 90 mila e 150 mila euro, blocco delle progressioni automatiche e riduzione delle spese per beni e servizi)".

Come se non bastasse, le suindicate restituzioni si aggiungono ai risparmi realizzati nel periodo 2006-2011, che ammontano complessivamente a 56.316.000 euro, per effetto dei provvedimenti di contenimento della spesa già adottati autonomamente dal Quirinale nel medesimo periodo (blocco del turnover, soppressione del meccanismo di allineamento automatico delle retribuzioni a quelle del personale del Senato, congelamento fino al 2013 degli importi tabellari degli stipendi e delle pensioni, riduzione dei compensi per il personale comandato e distaccato e di numerose indennità, contenimento degli straordinari, riduzione delle ferie, aumento dell'orario di lavoro e riorganizzazione amministrativa interna).

Tali economie, unitamente al contenimento dei pensionamenti anticipati per effetto della incisiva riforma delle pensioni di anzianità, hanno consentito di bloccare fino al 2013 la dotazione a carico del bilancio dello Stato per le spese della Presidenza della Repubblica al valore nominale del 2008, a fronte - lo specifica la stessa nota del Colle a dispetto di ogni mistificazione e disinformazione degli ultimi mesi - di una inflazione che da allora ha già raggiunto il 6,6% sulla base dell'indice dei prezzi al consumo.

Tanto ha fatto e sta facendo il buon maestro Napolitano, da lungo tempo in cima agli indici di gradimento dei cittadini fra tutti i rappresentanti politici e istituzionali. E gli altri? Quali sono le intenzioni dei suoi discepoli che siedono in parlamento, al netto del diluvio di esternazioni pregne di ipocrisia davanti alle telecamere? A questo punto, non soltanto dopo l'esempio del Colle ma pure in virtù del vasto movimento di indignazione popolare scaturito a seguito dell'approvazione di una manovra economica correttiva tutta "lacrime e sangue" per i ceti medi, ma che per nulla ha scalfito i privilegi del Palazzo, sarebbe lecito attendersi un sussulto di dignità.

E invece, al peggio non c'è mai fine. Perchè forse sono in pochi a sapere che lo scorso 29 luglio sono stati stanziati 100 milioni di euro destinati a rimborsare le spese elettorali sostenute dai partiti nel 2008. La quarta di cinque rate complessivamente versate dal Tesoro e girate alle Camere per un totale di 503.094.380 euro (cinquecentotremilioninovantaquattromilatrecentottanta). Un rimborso che spetta a tutti i partiti che hanno ottenuto almeno l’1% dei voti, anche se non hanno eletto alcun parlamentare, e che verrà corrisposto fino all'ultimo centesimo anche se la legislatura si interromperà anticipatamente come era avvenuto per quella precedente.

La rata in pagamento (la penultima), per la felicità del Ministro Rotondi, sarà ripartita come segue:

- Pdl: 41.303.789;

- Pd: 36.046.301;

- Lega Nord: 8.276.910;

- Udc: 5.179.170;

- Idv: 4.329.845;

- Sinistra Arcobaleno: 1.858.244;

- La Destra: 1.240.583;

- Mpa: 955.377;

- Psi: 498.351;

- Svp: 329.264;

- Union Valdôtaine: 44.804.

Questo meccanismo sul rimborso elettorale è una trovata del parlamento che ha sostituito la legge sul finanziamento ai partiti spazzata via dal referendum del 1993 (90,3% dei voti a favore). Si tratta, pertanto, di un vero e proprio espediente truffaldino che aggira - ma sarebbe più corretto affermare che "raggira" - la volontà popolare.

Il sito Lavoce.info ha pubblicato la settimana scorsa un grafico molto significativo che mette in relazione la ricchezza dei cittadini con quella dei parlamentari. Ciò che se ne ricava è sconvolgente e riesce a superare perfino i sospetti di chi più facilmente cede alla suggestione dei dietrologismi. In tutti i Paesi europei esiste una "relazione lineare piuttosto precisa" tra queste due grandezze, che sono direttamente proporzionali. Quindi, più stanno bene i parlamentari e più dovrebbero star bene pure i cittadini. Una cosa abbastanza ovvia dove la democrazia funziona. Ma cosa accade davvero in Italia? Tenendo presente che il nostro Pil pro capite si aggira sui 30 mila euro, lo stipendio dei parlamentari italiani, proprio come nel resto d'Europa, dovrebbe collocarsi più o meno nella zona evidenziata nell'immagine qui sotto col quadratino verde, sui 50 mila euro annui.
 


E invece, come si evince nell'altra immagine che segue, si trova là in vetta dove è posizionato il quadratino rosso.
 


Rosso come il bilancio dello Stato italiano prossimo al collasso se la casta non si farà carico del futuro del Paese, mettendo da parte gli egoismi e i miseri interessi coltivati nel presente. E seguendo magari l'esempio di Giorgio Napolitano. Ma come la storia del pensiero umano ci ha troppe volte insegnato, i grandi maestri hanno (quasi) sempre cattivi discepoli.


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