Gheddafi, la fine nefanda della sua dittatura è un esempio per gli altri regimi

par Piero Cappelli
lunedì 29 agosto 2011

Le notizie di quest’ultime ore, benché contraddittorie, ci dicono che il regime gheddafiano – arrivato al potere con un colpo di stato nel 1969 – è alla fine.

E in questi momenti si vedono quali sono i veri interessi dei protagonisti: pur di non perdere il potere, la famiglia Gheddafi, ha fatto di tutto pur di tenere saldo il controllo del regime sulla nazione libica; ma le forze contrarie ribelli non mollano, supportate dai caccia Nato.

Così dopo sei lunghi mesi – quando invece Sarkozy e Merkel avevano previsto che in pochi giorni sarebbe finito tutto – sta crollando il dittatore anche se i figli si oppongono al suo esilio forzato, visto che non avranno più dove arricchirsi ancora alle spalle del popolo libico. I soldi, e tantissimi, investiti in Occidente in fondi finanziari e in molte aziende, dovrebbero essere congelati per poter essere utilizzati alla ricostruzione della Libia e per aiutare quelle tribù locali tenute per decenni nella povertà e nella schiavitù!

La cosa che stupisce, e forse non dovrebbe, è quale silenzio la Russia di Putin e la Cina di Hu Jintao tengano nei confronti di Gheddafi e anche della Siria dove il ‘grande dittatore’ Bashar Al Assad stermina quasi tutti i venerdì dopo la preghiera islamica decine di sudditi che non si vogliono piegare alle richiesta di libertà e democrazia.

La Cina e la Russia sono anch’esse due dittature e come tali – per loro il muro di Berlino sembra mai caduto e con esso il mondo diviso in due -, reggono, aiutano i regimi dittatoriali. La storia ha bisogno dei suoi tempi e dei suoi passaggi. Anche la Siria vedrà la libertà, così come la Russia e la Cina, ma dovranno passare anni e anni, anche se le svolte – a volte – sono rapide ed impreviste: i vasi si colmano di nefandezze, uccisioni, barbarie, violenze, soprusi e stragi e poi traboccano.

Sappiamo che tutto ciò che luccica nel mondo delle democrazie occidentali non è oro, lo sappiamo bene. E sappiamo che anche le cosiddette ‘democrazie’ sono delle ‘pseudo-demcorazie’. Ma sappiamo anche cosa voglia dire creare martiri in un momento storico nel quale sembra che il passato non sia mai avvenuto: dai regimi nazifascisti a quelli comunisti, fino ai nostri dittatori odierni.

La storia di una nazione, di un popolo, è spesso ricolma di ingiustizie e di violenze, fisiche come morali e tutto questo ci fa dire che, purtroppo, sembra necessario passare dalla sofferenza di una conquista fisica per poter far primeggiare la giustizia politica e sociale. Poi il giorno dopo è diverso, sembra che sia cambiato tutto ed invece ritroviamo i molti che hanno tergiversato tra il prima e il dopo di nuovo al comando e di nuovo a spadroneggiare: ieri sotto le insegna del dittatore, oggi del potere costituito ‘democratico’.

È successo in Italia tra la fine del fascismo e l’inizio della democrazia, così in Germania, in Russia, in Cile, in Brasile, in Argentina. C’è sempre qualcuno che sa rimanere a galla nonostante la fine. È fisiologico, ma gli anni successivi dovrebbero essere utili per fare pulizia definitiva dei vecchi gerarchi imboscati e che non vogliono o non hanno avuto il coraggio di schierarsi onestamente. Per cui vedremo questo in Libia domani, in Siria dopo domani e poi ancora lo stesso negli altri paesi che presto o tardi subiranno il cambiamento istituzionale.

Guardiamo a Berlusconi. Lui, quando c’era Gheddafi, - avete visto – ha steso tappeti rossi e fatto il baciamano al dittatore libico. Eppure, quando ha visto che la svolta stava per non avere ritorno si è schierato con la ‘rivoluzione’ e con la Nato pur di avere anche lui – come Italia – un pezzettino della spartizione libica alla fine della guerra: un ‘pozzetto’ di petrolio, il pagamento delle commesse già realizzate, una parte di ricostruzione della Libia bombardata.

Questo è il mondo, questi sono gli uomini che governano e questi sono gli epiloghi di storie umane senza nome che hanno perso la vita per manifestare contro un regime e contro un potere dittatoriale per far giungere il proprio popolo, la propria nazione alla tanto agognata libertà, se così possiamo ancora chiamarla, anche con tutti i difetti che ha nella sua realizzazione pratica e concreta messa in atto dagli uomini e donne di questo mondo.

Oggi ne sappiamo di più e meglio grazie a questi formidabili strumenti video/informatici che ci raccontano pezzi di vita e storie umane e militari che non sarebbero mai usciti da quei luoghi.

Nel XXI secolo diventa sempre più difficile per un dittatore ed un regime (vedi Cina) coprire le nefandezze di un regime e delle violenze che questo scatena sulla povera gente in nome dell’interesse ideologico, economico o familiare.


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