G.I Joe, un giocattolo per la democrazia

par Giodi
lunedì 14 settembre 2009

Negli Stati Uniti esiste da sempre uno strano collegamento tra il mondo dei giocattoli, quello del cinema e quello del Department of Defense (Ministero della difesa).

Milioni di bambini di generazioni diverse sono cresciuti ammirando e desiderando soldatini, robot patriottici, combattenti mutanti, uomini ragno o pipistrello o addirittura alieni che lottavano per la “democrazia”, per la famiglia e per i “virtuosi” valori americani. L’ultimo della serie è G.I Joe , il soldatino giocattolo per eccellenza, entrato nei cuori di milioni di bambini negli anni ottanta, in piena guerra fredda.


Il Film G.I. Joe è pieno di scene pirotecniche, piene di trionfalismo militare che finisce inevitabilmente per sembrare uno spot per lo strapotere tecnologico del Pentagono. Film come G.I. Joe hanno sempre avuto un ruolo importante nella cultura americana. Oltre a mostrare i muscoli dell’apparato militare USA, servivano anche a desensibilizzare l’audience, soprattutto i giovani, agli orrori della guerra, nonché incoraggiare i ragazzi ad arruolarsi nel ”glorioso” esercito degli Stati Uniti.


Questo tipo di film diventa ancora più importante dal momento che il popolo americano inizia a mostrare un po’ di freddezza verso la cultura guerrafondaia. Il motivo per l’improvviso scetticismo verso la violenza militare nasce dall’ideologia pseudo-religiosa dell’amministrazione Bush, basata sull’odio verso il mondo islamico e sulla propagazione del concetto dell’esportazione della democrazia. La virata sociale causata da questi fenomeni rappresenta probabilmente una delle poche cose per la quale dovremo ringraziare Bush e il suo vice Dick Cheney, che hanno finito per avere sul pubblico l’effetto opposto di quello che speravano nella Casa Bianca di allora.


Tornando al film, bisogna riconoscere che nonostante il fallimento di tale ideologia, il Pentagono e il DOD (Department of Defense) continuano a spingere il fenomeno del connubbio giocattoli-Hollywood-esercito, con film che rappresentano la guerra in una forma gloriosa e affascinante, sperando di utilizzarli per reclutare giovani nell’esercito, e possibilmente di fargli prendere come esempio l’eroismo sacrificale dei G.I Joe di turno.


Ma c’è un motivo preciso per questa insistenza. Negli anni settanta, il suddetto fenomeno, che gia esisteva, fu interrotto bruscamente dall’impopolarità della guerra in Vietnam. La gente iniziò a ripudiare la guerra e tutto ciò che rappresentava l’imperialismo americano. Produttori di Hollywood e della aziende produttrici di giocattoli (soprattutto la Mattel e la Hasbro) smisero di spingere il concetto della guerra buona e necessaria perché la gente non la beveva più. C’è voluto un capolavoro cinematografico come Guerre Stellari nel 1977 per reintrodurre il concetto della battaglia fra buoni e cattivi per tornare ad appassionare i giovani.


Ora che anche il duo Bush-Cheney ha creato disagio verso l’idea della guerra, iniziano a vedersi nuovamente tentativi per re-instaurare la cultura guerrafondaia nelle menti dei giovani americani. G.I Joe rappresenta uno di questi tentativi.


Andiamo ad analizzare brevemente il film:

Gia il nome è tutto un programma: G.I., che in inglese significa “Government Issued” (emissione governativa) e il nome “Joe”, che negli USA viene usata come nome generico, tipo “Mario Rossi” in Italia, dovrebbe dare un’identità vaga e irriconoscibile al soldato. E’ chiaro il tentativo di evitare di dare un’identità profonda al soldato difensore della democrazia, perché anche se nel film lui trionfa sempre, nelle guerre vere spesso i soldati tornano a casa in bare di legno.


Il valore di questi soldati nasce dalla loro forte volontà di difendere i valori e le virtù del popolo americano. E l’onda incontrollabile di merchandising che di solito anticipa e segue questi film finisce per inondare le case di questi concetti, lasciando senza scampo bimbi e giovani che chiedono i giocattoli connessi ai genitori come regalo di natale o per i loro compleanni.


La scena iniziale del film ci racconta di un trafficante d’armi scozzese che nel 700 viene condannato in Francia per aver venduto armi ad entrambi le parti in guerra. Lui è un traditore! Non si deve neanche prendere in considerazione l’idea che lui possa aver voluto ascoltare le ragioni di entrambi le parti in causa. In effetti si racconta la condanna ad indossare una maschera di ferro che gli viene letteralmente squagliata sul viso con il fuoco.


Durante il film c’è poi l’inevitabile scena in cui un monumento famoso (in questo caso la Torre Eiffel) viene distrutto, cadendo rovinosamente sulle persone terrorizzate nelle strade. Lo abbiamo già visto in passato con il Big Ben in “Independence Day”, o con la Statua della libertà in “Pianeta delle Scimmie”, o con il Colosseo in “The Core” o ancora con il Queens World Fair in “Men in Black”. Tali scene servono a fare capire al pubblico (soprattuto quello non americano) che senza l’intervento militare USA, nessuno è al sicuro.


Queste scene e questi concetti vengono propagate da anni in serie di film di enorme successo mondiale, quali, Superman, James Bond, Batman, Spiderman, Terminator, X-Men, la serie Bourne, Tansformers, e anche ahimè, il fantastico Guerre Stellari. Hanno tutti lo stesso fine: glorificare chi combatte per la democrazia e per proteggere i valori americani (anche quando sono alieni, i valori in questione non cambiano) contro l’infedele di turno. Il ragazzo che esce dal film vuole immedesimarsi e “diventare” il salvatore del mondo a tal punto di essere disposto dare la vita per salvare la cultura con la quale e’ cresciuto. Un sogno che si avvera per chi progetta guerre ed ha bisogno di giovani da mandare allo sbaraglio per vincerle.


Ora G.I. Joe sta cercando di fare ciò che Guerre Stellari fece negli anni 70: re-introdurre un concetto ormai impopolare come la guerra nelle menti e nelle aspirazioni di milioni di giovani, americani anzitutto, ma anche stranieri, in un mondo globalizzato. I dialoghi ridicoli e le scene talmente esagerate da sembrare impossibili anche ai bimbi lo rendono infinitamente inferiore a Guerre Stellari, ma il tentativo di risuscitare ciò che Bush e Cheney hanno distrutto e’ chiarissimo.


Non è una coincidenza che il Pentagono e il DOD abbiano dato la loro “consulenza” ai produttori del film, arrivando anche a prestare soldati e attrezzature (elicotteri Apache e i fuoristrada Humvee) alle scene. Con tanto di ringraziamenti sia al Pentagono che al Ministero della Difesa USA nei lunghissimi titoli di coda.


Se G.I Joe si dimostrerà capace del ruolo a lui affidato lo diranno solo gli incassi. La tiepida risposta del pubblico americano ci dice che non è un film in grado di scalzare l’odio verso la guerra causato dall’amministrazione Bush. Ma poiché il film serve anche ad influenzare le menti dei giovani stranieri, a giudicare dall’avvio con incassi record in Korea, in Cina e in Russia (paradossalmente i bersagli preferiti del passato a Hollywood) nella prima settimana di proiezioni, si ha la sgradevole sensazione che qualcosa stia funzionando. Ma più che a Hollywood e negli uffici della Hasbro (azienda produttrice del soldatino G.I. Joe) i veri festeggiamenti saranno nelle stanze segrete del Pentagono e del DOD statunitense.

Campidoglio.org
by Cliff


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