Fusione fredda, ovvero: come la scienza discute

par Iaia Leone
sabato 9 giugno 2012

La sera del 4 giugno, il Ministro dell'Università Francesco Profumo ha ricevuto un appello, seguito da 780 firme, contro i finanziamenti alle ricerche sulla fusione fredda. Gli studi sul piezonucleare presero il via nel 1989, quando due scienziati americani, Martin Fleischmann e Stanley Pons (foto), annunciarono una promettente scoperta: i nuclei di atomi leggeri non avevano bisogno né di altissime temperature né di forti pressioni per entrare in contatto; le forze repulsive potevano essere vinte usando gli ultrasuoni. Nonostante la vasta risonanza che ebbe immediatamente la notizia, i successivi test non confermarono i risultati ottenuti dai due chimici e ne invalidarono dunque la teoria.

Ma c'è chi in Italia vorrebbe continuare a indagare il fenomeno: si tratta di Alberto Carpinteri, che dirige dal 2011 l'Istituto nazionale di ricerca metrologica. La possibilità che le sue sperimentazioni fossero sostenute dalle casse dello Stato, particolarmente povere quando si tratta di Università, ha scatenato proteste su proteste, fino alla stesura di un documento ufficiale firmato.

L'immagine che spesso si recepisce all'esterno di una scienza accademica e ingessata nelle proprie posizioni, a volte addirittura elitaria e cospirazionista, viene efficacemente messa in discussione da questo episodio. Lasciando perdere le questioni 'tecniche' della vicenda, quello che qui ci interessa è vedere quali dinamiche si innestano ogni qualvolta vengono effettuati studi sperimentali. 

Il metodo scientifico funziona, nei suoi caratteri essenziali, in questo modo: si parte da un gruppo di osservazioni, su cui si costruisce un'ipotesi; dopo di che si procede con l'effettuare degli esperimenti che ne verifichino la validità, ossia la capacità descrittiva e predittiva. Se l'ipotesi viene corroborata dalle evidenze raccolte, si passa all'elaborazione di un modello fisico-matematico e all'enunciazione della teoria. I risultati di una ricerca sono poi sottoposti al vaglio della comunità scientifica internazionale, che, tramite un sistema di peer review, controlla che non ci siano errori di metodo o di altro tipo. Superata questa fase, si passa alla pubblicazione di un articolo su riviste di settore, che presentano le formulazioni a cui si è giunti. In genere, una teoria è considerata vera finché non viene falsificata: questo approccio, introdotto da Popper, rende conto del carattere provvisorio del sapere scientifico, che è in continua evoluzione. Proprio grazie a questo modus operandi, la teoria di Fleischmann e Pons non durò molto e fu presto notato come non fosse basata su un numero sufficiente di dati a favore, né tanto meno su un procedimento replicabile: ecco il perché della lettera dei ricercatori.

Questa vicenda dimostra come la comunità scientifica non sia né dogmatica né ferma su proprie opinioni fideistiche: è una comunità democratica, dove qualsiasi lavoro, anche quello del presidente dell'Istituto di metrologia, può essere criticato o messo in discussione. Questo non per qualche cospirazione nascosta o interesse economico, ma semplicemente perché il progresso scientifico funziona così, in modo dialettico. E funziona così sempre: sia che si tratti di Carpinteri, del vicepresidente del CNR De Mattei, di Einstein o del tecnico abruzzese Giuliani. Nessuno escluso.


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