Fuori dal coro: contro la Tobin Tax

par Daniel di Schuler
venerdì 19 agosto 2011

Se io sono un piccolo azionista, devo preferire un mercato popolato di feroci trader o un mercato che è stato ripulito da questi immondi parassiti e dove dominano solo le grandi società; i seri ed affidabili investitori “istituzionali”?

Vediamo un po’. Voglio vendere la mia azione della Pincopallino. Una grande e seria isituzione, di Pincopallino vuole comprarne 100.000 e offre 100 Euro per azione.

Ora immaginiamo che un viscido trader sia anche lui interessato a quella mia azione. Che farà? Aspetterà che l’ordine di quel grosso investitore sia soddisfatto e vi si accoderà per comprare anche lui a quota 100? No, molto più probabilmente cercherà di anticipare le intenzioni del fondo, o quel che è (perchè quello è il suo mestiere) e offrirà per quella mia azione 101 Euro.

L’orrido trader, sarà pure una creatura verminosa, ma a me, piccolo investitore ha reso un Euro in più, non in meno.

Discorso analogo se voglio comparare un’azione della Budibù; se il mercato è bloccato da un grande ordine di vendita, diciamo sempre a 100 Euro per azione, di un grosso operatore, il vampiresco trader per vendermi la sua Budigù dovrà offrirmela a 99 Euro: ancora una volta, sarà anche un profittatore del sistema, ma a me ha fatto risparmiare un Euro.

Il risultato netto della Tobin Tax non sarà di far finire le speculazioni, che esistono da quando esistono i mercati (cercate on line i grafici delle quotazioni dei tulipani durante la mania che sconvolse l’Olanda del primo ‘600 e seguitene l’evoluzione fino alla grande crisi che minacciò di spazzare via le finanze di quel paese; sono del tutto analoghi ai grafici dell’espolosione di qualunque bolla speculativa moderna) ma di concentrale nelle mani di pochi, capaci di resistere più tempo sul mercato, eliminando i piccoli trader che ricavano profitti dalle microvariazioni.

Per chi ha qualche nozione di matematica, si puo dire che i trader garantiscano la continuità della funzione prezzo; che, così facendo, impediscano ai grandi operatori di mercato, capaci di creare picchi e valli a piacimento, di guadagnare tutto quel che potrebbero.

Basta dare un’occhiata al grafico di un’azione poco trattata, dove mancano i volumi di scambi necessari ad attrarre i trader più aggressivi, per capire quel che intendo: la funzione prezzo appare discontinua nel breve periodo, un susseguirsi di picchi e valli determinati dalla mancanza di offerte intermedie tra il 100 offerto da X e il il 110 offerto da Y.

Sono mercati simili quelli in cui chi ha importanti capitali a disposizione può fare il bello e il cattivo tempo.

Con la Tobin Tax, i trader che puntano a guadagnare pochi decimi di punto percentuale reinvestendo continuamente un capitale modesto verranno di fatto costretti a cambiar lavoro; i loro utili non basterebbero a pagare una tassa anche solo dello 0,1 o 0,2 % per operazione redditizia o no che sia. Nei mercati azionari così ripuliti si comprerà e venderà ai prezzi decisi dagli ignoti soliti noti.

Che propongo io? Di considerare i redditi tutti uguali di fronte al fisco; di far entrare le rendite finanziarie di qualunque tipo nelle dichiarazioni dei redditi. Non importa in che modo, legale, uno abbia guadagnato del denaro; su quei guadagni pagherà le tasse con le aliquote stabilite per il suo reddito.

E la Tobin Tax? Come le descrizioni degli orridi trader (che, se non lo aveste capito, si guadagnano il pane e il caviale a spese di banche e fondi e non dei singoli risparmiatori) o la proibizione delle vendite allo scoperto (se non ci fossero gli acquisti di chi deve ricoprire, le borse in certi giorni sarebbero deserte) è solo un’idiozia che suona dannatamente bene: intelligente quanto uccidere le mucche anziché mungerle.

Un’altra prova di quel populismo che è tutto quello che sa proporre contro la crisi la peggior generazione di leader politici europei che si sia vista nel dopoguerra.


Leggi l'articolo completo e i commenti