Funerali di stato: alla verità

par maurizio carena
martedì 22 settembre 2009

 

 Parafrasando il Giulio Cesare di Shakespeare potremmo dire che umanamente ci dispiace per i 6 militari italiani recentemente morti nella guerra contro l’Afghanistan, che emotivamente soffriamo a pensare che le vittime fossero giovani, che pragmaticamente comprendiamo che sul lavoro bisogna eseguire gli ordini del capo.

Epperò.

 Ad oggi nell’invasione dell’Afghanistan ad opera delle "truppe alleate" sono morti 1402 occupanti e centinaia di migliaia di afghani, quasi tutti civili.
 E per "civili" intendo pastori poveri, contadini, disoccupati, famiglie numerose, bambini.

 Il discorso sui mutilati e sulle mine antiuomo da noi prodotte e commercializzate meriterebbe un articolo a parte, che non avrei la forza di scrivere. Potrei solo vergognarmi di essere italiano e piangere.

 Comunque.
 1402 morti "nostri" contro centinaia di migliaia "loro".

 Ma loro sono "il nemico", i "terroristi", che ci colpiscono nelle "imboscate" mentre noi gli portiamo la "democrazia"...

 I nazisti ammazzavano dieci italiani per ogni vittima tedesca.

Noi siamo centinaia di volte "meglio" dei nazisti. Non e’ un sillogismo, e’ aritmetica.
 E’ questa la prima realta’ di questa guerra. Ma a "noi", del resto, degli afghani non frega niente. Come a Hitler e alla Germania non fregava niente degli "untermenschen".
 
 Solo il doppio standard della propagnada mainstream rende possibile un tale capovolgimento dei fatti, un tale disconoscimento della realta’.

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 Oggi portiamo la "democrazia". Ieri portavamo la "civiltà". L’altro ieri portavamo la parola di Cristo.

 Cambiano le parole della propaganda ma è sempre la stessa storia: la "missione dell’uomo bianco", il "white man burden", la "missione civilizzatrice", la "missione divina", l’ "esportazione della democrazia".

 E come sempre le "razze inferiori", i "popoli non democratici" diremmo oggi, non capiscono i regali che gli facciamo, non ci sono grati per la nostra generosita’, portata a suon di bombe. E ciò a dimostrazione che sono veramente esseri inferiori e si meritano le bombe.
 
 Un presidente americano, Theodor Roosevelt, per fare un esempio tra i milioni, parla testualmente di "guerra di sterminio contro le razze inferiori" (Losurdo," il linguaggio dell’impero", pag 263).


 Cambiano le parole, ma dietro ci sono solo degli assassini. Ieri come oggi.

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 Le parole.

 E’ comodo per gli stati imperialisti, che comandano guerre neo-coloniali come questa, preparare funerali di stato per la loro carne da cannone immolata sull’altare del "Grande Gioco".

 Ed è deprimente vedere gli organi a libro paga del regime (contributi all’editoria), ovvero i mainstream, attenersi alla stessa retorica bellicista, in un lavaggio del cervello fatto di parole ripetute e (NON)parole proibite, parole mai pronunciate, parole espunte dal dibattito pubblico.

 Che "noi" facciamo la guerra è una cosa che semplicemente NON si può dire.



 Forse la cosa più importante per uno stato dovrebbe essere quella di preservare la vita e la pace dei suoi sudditi o cittadini.

 Più importante del petrolio e della politica di potenza dei suoi gerarchi dovrebbe essere l’esistenza e la convivenza pacifica, all’interno come all’esterno dello stato stesso.

 Perché non è cosi?

 Perché non può essere cosi’?
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 Invece dello spettacolo prossimo venturo dei funerali di stato per le povere vittime (vittime non dei talebani ma del loro governo imperialista), forse tv e giornali dovrebbero dire, almeno per una volta nella loro esistenza, la verità.

 Perché non è colpa dei soldati se un governo criminale li manda in guerra. I soldati sono vittime, bisogna ripeterlo e non dimenticarlo.
 Vittime di un regime criminale: quello che ci governa.
 Perché una guerra d’invasione è sempre un crimine.
 
 Questo dovrebbero dire i mainstream.

 E dovrebbero aggiungere, almeno per rispetto verso i militari morti, che sono morti per il petrolio.

 Quel petrolio che, dalla zona del Caspio, dovrà finire nel Golfo di Oman, in Pakistan, passando appunto per l’Afghanistan.

 Petrolio su cui gli USA e i loro sodali vogliono mettere le mani, all’indomani del crollo dell’URSS, che non puo’ passare per l’Iran e non deve finire in Cina. Punto.

 Non è difficile.

 Sono tre frasi che si possono dire in un minuto di tg o in mezza pagina (però la prima) di giornale, e che puo’ capire anche un ragazzino di 11 anni.

 Poi si potrebbe anche ricordare che fu Clinton ad appoggiare un governo talebano a Kabul già nel 1996, per non dire del formidabile appoggio ai taliban da parte dell’ISI pakistano (a libro paga USA).

 Poi si dovrebbe accennare al progetto di oleodotto della compagnia petrolifera USA Unocal, guarda caso attraverso l’Afghanistan.

 Poi si potrebbe, volendo, risalire un po’ più indietro, ma non troppo, ricordando come negli anni 70 del secolo scorso la CIA creo’ una rete fondamentalista islamica, in chiave antisovietica.

 Parola di Brezinsky: "il 3 luglio 1979 il presidente Carter firmò la prima direttiva che autorizzava un aiuto segreto agli oppositori del regime filosovietico a Kabul" (Chossudovsky "Guerra e globalizzazione" pag 24).

 Mi rendo conto che per i mainstream di regime sarebbe più difficile dire che lo stesso attuale nemico pubblico n.1, Osama Bin Laden, non è altro che una creazione degli USA. Fu reclutato durante la guerra sovietico afghana (allora le guerre si chiamavano ancora guerre), per combattere gli invasori sovietici.

 La stessa CIA ha definito Bin Laden un intelligence asset e tale è stato, protetto e finanziato, fin quando è servito agli USA.

 Quando poi, dopo gli invasori sovietici, ha voluto togliersi dalle palle anche gli invasori occidentali, da "intelligence asset" Bin Laden e’ diventato, per la propaganda occidentale, il "terrorista" o "lo sceicco del terrore".
 Ma siamo stati "noi" ad aver cambiato le carte in tavola non Bin Laden, che si ispira al Corano e al Califfato da esso auspicato.
 

 Del resto.

 Anche Saddam, quand’era alleato USA poteva gasare i kurdi senza che La Repubblica o il "Corriere della SerVa" avessero qualcosa da obbiettare.
 

 La "verità".....

 Sì, mi rendo conto che a voler anche solo accennare a queste cose in una redazione mainstream mi riderebbero in faccia, cadrebbero per terra dal ridere, mi chiederebbero se per caso tra gli inserzionisti abbiamo qualche talebano...

 No, per il potere mentire, mentire, mentire, è il primo e il più sacro dei doveri.

I mainstream mentono sempre. In guerra le loro menzogne sono solo più evidenti.
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 Mentire.

 Perché, se i mass media dicessero la verità, in quanti andrebbero a soggiogare un Pese straniero, lontano e sovrano, che non ci ha mai fatto nulla e per di più a rischio della pelle?

 Se La Stampa o Il Giornale o i tg ammettessero che siamo in Afghanistan solo per il controllo del corridoio tra Europa e Asia (l’antica "Via della Seta") e che, coi nostri quattro ascari, siamo li’ in veste di vassalli dell’imperatore anglosassone (ieri la Gran Bretagna oggi gli USA), quanti soldati partirebbero ancora?
 Forse pochini.
 
 Semplificando un po’ è come se l’Italia stesse andando a rapinare una gioielleria o una banca: l’Afghanistan è un po’ più grande ma il concetto è lo stesso. Il nostro stato sta facendo come Al Capone o Totò Riina, con la differenza che loro il loro racket lo hanno messo in piedi in qualche città, il nostro stato lo sta instaurando in un altro continente, in una nazione intera.

 Tutto ciò con la "democrazia" non ha assolutamente niente a che vedere.
 Solo un lavaggio del cervello capillare, reiterato, martellante, può rendere possibile un tale fanatismo guerrafondaio. E, sotto questo aspetto, fare leva sul dolore e sul sangue delle vittime per ipnotizzare altra carne da cannone è un’operazione rivoltante. Il dolore dovrebbe essere sempre un’affare privato. Usarlo, come fanno gli stati in guerra, per farsi uno spot è cosa veramente ignominiosa.
 
 Forse, invece di piangere lacrime di coccodrillo (dopo), la casta politica dovrebbe evitare di mettere la gente in condizione di crepare.

 Non ci vuole molta immaginazione a capire che, se vai ad invadere un Paese straniero, gli aggrediti crcano di ammazzarti. E’ normale. Lo farei anch’io.

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 "Non pensare all’elefante"



 Prendiamo un giornale a caso tra i mainstream: E-Polis del sabato 19 settembre 2009, ma il paradigma vale per tutti i mainstream (è un esperimento che può e dovrebbe fare chiunque).

 Quelle che seguono sono alcune delle parole chiave usate dai redattori per la copertura mediatica della morte in guerra dei sei para’ italiani.
 
 Pag 1: Il colle "No al ritiro"


  La Nato e Berlusconi "Fase di transizione".

 Pag 2 "Fase di transizione" (ripetuta 6 volte)
 "missione"
  "missione tricolore nella terra dell’oppio"
   "manteniamo l’impegno"
  "riaffermazione solenne dei nostri impegni".
 "sicurezza".
 "difendere la democrazia
".

 Pag 3: "funerali di stato"
  "sacrificio in Afghanistan"
 "aperta un indagine per strage con finalita’ di terrorismo"

 Pag 4 (intervista al sottosegretario alla difesa italoforzuto Giuseppe Cossiga)
 "In Afghanistan la missione di pace va avanti"
 "Ritiro non prima di tre o cinque anni".
  "missione" (parola usata 6 volte.)
 "e’ una missione di pace in un teatro di guerra"
 "governo impegnato in una missione"

 E si noti, di passata, una delle perle di questo propagandista governativo, che dopo averci venduto la guerra (senza mai pronunciarne la parola) ci mette in guardia sui pericoli del web:"...i talebani sono un nemico scaltro che usa internet...." Ogni commento è superfluo.
 
 Bene.

Dopo avere letto, si fa per dire visto lo stile "televisivo" di tale "giornale", le prime quattro pagine di questo mainstream noi, se già non lo sapessimo, non sapremmo che siamo in guerra contro l’Afghanistan. E infatti in Italia molti non lo sanno ancora.

 La parola "guerra" non compare da nessuna parte.

 A quello che i liberali classici chiamavano la "moltitudine suina" oppure il "volgo confuso", a noi popolino videodipendente diremmo oggi, le cose vanno dette piano piano.

 Il popolo va "indirizzato". A questo serve la propaganda mainstream e le loro parole false: a "creare il consenso" con le "illusioni necessarie" e le "semplificazioni eccessive" (George Kennan)
 
 E si, perché la parola "guerra", quella che andava scritta per prima in prima pagina, non la scrive nessuno nelle prime quattro pagine.

 La guerra non c’è. E’ difficile creare consenso su una guerra, per di più di aggressione.

 Meglio parlare di altre cose.

 Per questo i giornalisti che si autocensurano meglio diventano direttori.

 Bisogna usare le parole appropriate e NON altre. E la gente accetterà tutto, perché non saprà niente.

 E’ facile.

C’e’ una "missione", ci sono "impegni", c’è la nostra "presenza" c’è una vaga transition strategy. Ma la guerra, per i mainstream occidentali, non esiste, non si può nemmeno pronunciare.

 Sembra incredibile ma è così. Goebbels potrebbe venire a prendere lezioni di "giornalismo" nelle redazioni di oggi e strabilierebbe.
 
 Torniamo a E-Polis.
 
 Pag 6 ( fondo di Angelo Mellone)
 "Conflitto"            (2 volte)
 "terrorismo" (2 volte)
 "missione di pace" 

 
 E, finalmente, incredibilmente, alla fine del suo "dotto" pezzo, l’alto papavero del mainstream ( a quelli come lui è concesso) usa la parola impronunciabile: guerra.
  "Ma forse e’ proprio la lunga durata di questa guerra(...)la ragione principale per non alzare bandiera bianca di fronte al radicalismo islamico che non aspetta altro".

 Il paradigma del lavaggio del cervello è chiaro.

 Si imbottiscono di parole inutili, che confondono, sviano e distraggono, i pecoroni catodicamente eterodiretti, si fa attenzione, come coi bambini, ad usare (e soprattutto a NON usare) le parole giuste, e poi, dopo averlo preparato, commosso, indignato, inorgoglito, anestetizzato, si dice al popolo bue che si, siamo in guerra, ma non possiamo, (noi che torturiamo, noi che usiamo il fosforo bianco sui civili, noi che (in realtà) bombardiamo un paese povero con la bombe GBU-28 da 5000 libbre), non possiamo "alzare bandiera bianca".

 C’è da restare basiti per l’improntitudine di questo gazzettiere d’alto bordo.

 La propaganda mainstream non trattiene certo il fiato se tolleriamo la tortura senza processo ad Abu Graib o se permettiamo i rapimenti di stato persino qui in Italia (caso Abu omar).

 Quello che non bisogna fare e’ ritirarsi da una guerra di aggressione persa. Parole impronunciabili, impensabili, inqualificabili. Parole che per il regime e per i mainstream semplicemente non devono esistere.

 E infatti non esistono.

 E i nostri giovani militari scambiano una rapina con la democrazia.

 E i politicanti che li mandano a morire sono tutti li, tutti presenti ai funerali di stato, uno spettacolo che, da sempre, tutti i regimi adorano e santificano.
 
 Piangere i morti, si.

Chiedere perché sono morti, no.

Cercare di evitare che si continui a morire, no.

 Mentire, sì. In redazione e al governo è d’obbligo.

Mentire, (e omettere, sotto o sovraesporre, dimenticare) sempre e comunque, sì. 
 Come ci insegna la tradizione, con Mazzarino, Machiavelli, Platone. Sono questi quelli che hanno fatto "fortuna" in Occidente.

 Quelli che hanno detto la verità come Galileo, come Gesù, come Socrate, sono finiti male, molto male, nel "democratico" Occidente, ovvero la "civilta’ superiore" (Berlusconi).

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 Se io fossi un afghano mi domanderei forse, prima di crepare sotto una bomba "democratica" o torturato in un carcere segreto "democratico", o obbligato a votare per un governo fantoccio, mi domanderei, dicevo, con quale diritto un Paese straniero dovrebbe dirmi come devo vivere? Un paese in cui il vostro Presidente potrebbe venire a prendere lezioni di moralità dai nostri "feroci" talebani.

 Ma se io dall’Afghanistan venissi lì da voi, in Italia, a dirvi come dovreste vivere, voi come vi comportereste?

 ps.

 Per i civili afghani sterminati dalle bombe della "democrazia" non ci sono funerali di stato. Non ci sono mai stati.
 Ma dovremmo provare a ricordarci, nel minuto di silenzio di regime, che sono esseri umani anche loro. Anche loro.

 E non ci hanno fatto niente.

 E noi


 li stiamo ammazzando

 mitragliando


 bombardando

 anche durante i nostri "funerali di stato".


 E, se potessi, vorrei dire a tutti i militari italiani: vi prego, non partite per invadere altri Paesi, per uccidere chi non ci ha mai fatto del male.
 Il vostro posto è qui. La vostra gloria sta nel difendere il nostro Paese e per questo vi rispettiamo.
 Aggredire altri popoli, per qualsiasi motivo, copre solo di infamia voi e noi.
Occupare un Paese straniero e’ un crimine contro la pace.

 Ricordatevi che prima che militari siete esseri umani.

 Ed e’ per questo e solo per questo che ci dispiace che siate morti, cosi’ inutilmente e cosi’ lontani.
 Perche’, anche se viviamo in tempi oscuri e sotto un regime sempre piu’ strutturato e snaturato, cerchiamo di ricordarci della nostra umanita’ e di dimenticarci del resto.
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dedico questo scritto alla memoria di Teresa Strada, cofondatrice di Emergency.

 


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