Franco Battiato alla Reggia di Venaria. Mi divido così fra astinenza e pentimenti

par Ambra Zamuner
mercoledì 8 luglio 2009

Tra Sesso e Castità.

Ho vissuto il concerto di Franco Battiato in modo anomalo, appiccicata alla rete di uno dei parcheggi della Reggia di Venaria. C’erano molte persone di fianco a me, mamme con bambini, coppie, tecnici che andavano e venivano, furgoni di servizio. Non avevo il biglietto, costava un po’ troppo per le mie tasche poco capienti, quindi dopo quaranta minuti in cerca di parcheggio mi sono decisa ad avvicinarmi il più possibile, per sentire qualcosa. Con mio sommo stupore uno dei parcheggi regala un’acustica perfetta e così, facendo una passeggiata, mi sono ritrovata a canticchiare metà della scaletta del Maestro, in una cornice speciale.

Sono arrivata al luogo prestabilito mentre sfumava Tra sesso e castità, ma il resto delle canzoni in scaletta poteva soddisfare qualsiasi estimatore del lavoro di Franco Battiato, accompagnato come sempre ultimamente, dal suo fidato quartetto d’archi. Tutto l’universo obbedisce all’amore, Caffè de la Paix, L’ombra della luce, Cuccurucucu, la trascina pubblico L’era del cinghiale bianco che già al Traffic Festival fece furore, La Cura, E ti vengo a cercare, Stranizza D’amuri che qualcuno ha richiesto a gran voce e che gentilmente il Maestro ha concesso con un grazioso "Ah, va bene sì... te la meriti". E ancora La stagione dell’amore fino alla bistrattatissima Voglio Vederti Danzare.

Il culmine dell’atmosfera si è raggiunto quando le nubi, già minacciose, si sono fatte più cupe e vicine tanto da illuminare con lampi intermittenti il cielo buio sopra il palco, mentre il pubblico cantava "e l’animale che mi porto dentro vuole te" e "lo sapeva bene Paganini che il diavolo è mancino e subdolo e suona il violino" rispettivamente da L’animale, canzone stupenda da Mondi Lontanissimi album del 1985 e Lode all’inviolato scelta da Caffè de la Paix del 1993.

Si impara sempre qualcosa in più sulla vita ad un concerto di Battiato. E’ come se nella sua lunga carriera parlasse un po’ a te e un po’ al mondo, ma molto più a te, analizzando dal basso le situazioni che tutti sanno di dover affrontare. C’è sempre molto da scoprire anche, nei testi a volte autoreferenziali e altissimi, che mischiano le culture e sfamano la voracità di chi di classe e metodo ha bisogno, anche nelle notti d’estate.

Non si può non chiamarlo Maestro, un artista che porta con sé il calore della sua terra con voce sottile, che diverte, accompagna e con durezza ammonisce. La natura e l’amore sono in suo potere, non si può fare altro, se non ascoltare.


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