Foreign fighters e la guerra dell’Isis: i nemici in casa (parte seconda)

par Camillo Pignata
mercoledì 18 novembre 2015

Avere i nemici in casa, è anche questa la nostra realtà che dobbiamo guardare in faccia, se vogliamo capire qualcosa di questa nuova guerra, dire no, alla rassegnazione di una convivenza pluriennale con il terrorismo fatto in casa, trovare qualche rimedio per rimuovere questo pericolo.

Dei nemici in casa riconoscibili, forze politiche xenofobe, giornalisti e parte della curia, che fomentano guerre di religione e si oppongono ad ogni accoglienza ed integrazione di immigrati, abbiamo già detto in un articolo pubblicato di recente su questo giornale.

Ci sono poi nemici in casa non riconoscibili, uomini e donne, un piccolo esercito di insospettabili, che operano in Europa. Sono i nostri vicini di casa, gli amici dei nostri figli, gli immigrati di passaporto italiano, francese, inglese, che collaborano con l’ISIS. Molti sono europei, con genitori europei ed avi europei. Sono i foreign fighters, quelli che vanno in Siria o in Iraq a combattere ad addestrarsi, oppure restano in patria ad organizzare attentati.

Sono un avamposto militare dell'ISIS, ma anche finanziario, che con il sistema Hawala, fanno rimesse in patria e finanziano il terrorismo, che peraltro attinge anche ad altre fonti, come le estorsioni, i sequestri ,il petrolio, le tasse sui territori conquistati. Quali le ragioni per cui questi ragazzi si lasciano attrarre nel vortice del terrorismo?

Ogni valutazione sui nemici in casa irriconoscibili, non può prescindere dalla situazione economica e sociale in cui vivono, che è fatta di sfruttamento e qualche volta di isolamento sociale. Vivono come lavoratori e come immigrati, con tutte le difficoltà e gli ostacoli di un sistema capitalistico con venature xenofobe.

Quanti guerriglieri di Allah ha prodotto e produce il razzismo, gli ostacoli all'integrazione, al dialogo tra e religioni, al multiculturalismo? Quanti guerriglieri di Allah ha prodotto e produce lo sfruttamento degli immigrati come lavoratori, l'isolamento sociale, gli ostacoli all'esercizio dei diritti? Certo sono le nostre colpe, le nostre carenze a spingere questi ragazzi nel vortice del terrorismo. Ma non bastano a spiegarci da sole le ragioni di un fenomeno così esteso, così invasivo.

Il fatto è che questi ragazzi vivono in un società pragmatica arida, dove le compatibilità economiche vengono prima dei diritti, dove non trovano uno sbocco, un progetto di vita, un sogno. Lo trovano invece nell’estremismo radicale islamico, che gli offre uno stipendio, un’ideologia religiosa, economica e sociale, un sogno per cui combattere e morire. Saremo noi occidentali, noi che vantiamo la civiltà del rinascimento, di Michelangelo di Raffaello, di fare altrettanto?

Saremo capaci di guadarci dentro, di capire i nostri errori, il rapporto tra sfruttamento xenofobia, monocultura e terrorismo? Bisogna offrire a questi ragazzi, ai nostri ragazzi, un sogno, un progetto di vita, fatto di uguaglianza e dignità del lavoro, del salario, ma per questo bisogna correggere le storture del capitalismo e del razzismo. Se non lo facciamo, c’è il rischio che il terrorismo fatto in casa si radicalizzi, costringendoci a convivere per tanti e tanti anni con le bombe e gli attentati.

(Foto: Penn State/Flickr)

 

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