Forconi, Tir e strane presenze. Il fallimento della “libera stampa” e della politica

par Pietro Orsatti
lunedì 30 gennaio 2012

E’ passata una settimana, da quando ho scritto il pezzo “Forconi, Tir, Clientelismo e mafie. E qualche suggestione golpista. #italiabloccata“. Se ve lo andate a leggere (compresi i commenti) vi troverete davanti uno spicchio davvero inquietante di questo paese. Il pezzo è stato ripreso anche da alcuni siti fra i quali Dazebaonews.it e Agoravox.it. Su quest’ultimo si è acceso un dibattito (forse perfino più illuminante di quello che si è aperto su questo blog).

Quando ho pubblicato il post il 23 gennaio gennaio sapevo di pormi fuori dal coro di quell’informazione suggestionata da presunte “primavere italiane” (sul modello di quelle arabe). Basta andare a vedere le due scorse puntate di Servizio Pubblico e gli articoli apparsi su Il Fatto in quei giorni per rendersi conto del neanche troppo camuffato consenso raccolto dal movimento Forconi/Tir siciliano e dello schieramento mediatico che si era coagulato su posizioni acritiche e, permettetemi, superficiali al limite dello spegnimento dei neuroni di così ampia schiera di intelligenze e “buona informazione”. Finalmente è la rivoluzione! Tuonava il gotha dell’informazione auto nominatasi da qualche annetto “critica” (e soprattutto “buona”). Ma non era così. Non è così. Ma questa è stata la scelta politica e editoriale di un’area ben precisa, sintetizzata dalle posizioni assunte sorprendentemente anche da Megachip di Giulietto Chiesa e da qui dilagate poi su prestigiose testate della stessa rete di partnership.

Su Grillo sorvolo. L’uomo è capace di ogni possibile strumentalizzazione pur di far notare che esiste ancora.

Per una decina di giorni schiere di giornalisti antimafia, anticasta, antiberlusconi, antipd, antipdl, antipoteri occulti hanno smesso di fare il loro lavoro: dare notizie. La cosa sorprendente è che questo esercito di buone penne e buoni microfoni (e paladini della pubblica morale) avevano tutte le informazioni storiche, culturali e documentali per fare bene il loro lavoro e cercare di capire davvero chi soffiava sul fuoco di quella presunta rivolta e chi alla fine la stava strumentalizzando e usando per contrattare (con chi?) sopra e oltre le teste di migliaia di siciliani giustamente colpiti e incazzati da decenni di mal governo e da una crisi che sta facendo strage in tutto il paese. Non lo hanno fatto. E non si sono neanche assunti la responsabilità di aver disertato dal proprio ruolo.

Unica critica emersa in quei giorni? Il tentativo di infiltrazione da parte di Forza Nuova. Infiltrazione certo pericolosa ma mai grave e rischiosa come lo scacchiere di interessi che si stavano muovendo alle spalle del neo-ribellismo italico. Lo dico qui e lo ripeto. Poca roba!

Nel mio pezzo del 23 gennaio io mi limitavo a fare informazione. A dire che Lombardo (e Micciché e di conseguenza anche Marcello Dell’Utri) stavano “usando” il “movimento” in un’ipotetica ricontrattazione con il governo Monti (cosa che è puntualmente avvenuta) e degli interessi e delle prassi clientelari (sul settore agricolo) che dalla fine della guerra in poi hanno congelato di fatto la politica dell’Isola. E poi parlavo di mafia. Di inquietanti presenze (storiche e documentate) di Cosa nostra nel settore dell’autotrasporto. Facendo nomi, conosciuti. Presentando alberi genealogici, che i tanti antitutto della buona stampa italiota conoscono perfettamente da decenni e si sono ben guardati di ricordare in acritici reportage, in ripuliti resoconti della presunta “rivoluzione della primavera italiana”.

Uno spegnimento collettivo della memoria e della capacità di “vedere” le cose che accadevano, che dalla “buona informazione” è dilagato a tutta la sinistra (di centro e di sinistra) che non riusciva a prendere posizioni chiare davanti all’allarmante incalzare della cronaca. Solo Bersani, in coda al suo intervento all’assemblea del Pd, qualcosa ha detto. Un accenno che, però, si limitava solo a avanzare la richiesta di interventi prefetizzi se le forme di lotta assunte dai forconi e Tir nel resto del paese avessero creato troppi disagi ai cittadini (come poi è stato).

C’è da segnalare però che la Cgil, in quella fase di impazzimento collettivo, qualcosa sulla vicenda la diceva. Con chiarezza e ovviamente inascoltata. Bravi ma isolati, come succede ormai su tutto al principale sindacato italiano.

Solo qualche giorno dopo il mio pezzo appare il primo articolo (sul Corriere della Sera) che si pone un dubbio sulle “strane” presenze emerse fra gli autotarsportatori siciliani (e in particolare a Catania). Dopo qualche giorno ancora (sabato) un post sul Blog del Fatto denuncia la pigrizia dell’informazione italiana (auto assolvendosi nonostante le chiare responsabilità dei giorni precedenti). Poi un paio di comunicati e di segnalazioni (domenica) da parte di Sel. Fine.

Fra qualche mese a Perugia si terrà il festival del giornalismo. Il Gotha tutto è ovviamente in programma per autocelebrarsi. Di voci critiche (nei fatti e non nei proclami) e fuori dal coro ne ho viste pochine assai nel cartellone. Ci si lamenterà davanti a centinaia di colleghi stranieri di quella sessantunesima posizione nella classifica mondiale sulla libertà di stampa. Senza fare nemmeno un po’ di autocritica sull’andazzo di un’informazione che parla di se stessa da anni (se va bene) senza raccontare quello che sta succedendo davvero nel paese. In Italia si fa un festival, nel resto del mondo si fa informazione, si fanno giornali (di carta o digitali), si racconta la realtà e non si descrive (piagnoni) il proprio ombelico. Ma sì, facciamo un festival, come mi è stato detto solo un paio di settimane fa da uno degli organizzatori “per dare un segno di ottimismo”. C’è bisogno di ravvivare un po’ i volti delle star delle parrocchie editoriali e televisive in crisi di narcisistica astinenza.


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